Don Camillo e le lasagne
Entro nella basilica di San Petronio proprio mentre è in corso il pranzo del papa con i poveri, i senza tetto, i migranti, gli anziani soli, i detenuti. Sui lunghi tavoli sono state stese tovaglie bianche. Vedo che alcuni volontari stanno servendo le lasagne fumanti. L’atmosfera è serena. Tutti conversano. Il papa sorride. Il profumo, devo dire, è buono.
Cerco di restare un po’ defilato. Se qualcuno scoprisse che sono qui potrebbero essere guai. La stampa non è stata invitata.
Mentre mi aggiro furtivo tra le cappelle laterali, scorgo una figura in penombra, robusta. Mi avvicino.
È un uomo piuttosto alto, con dei gran piedoni. E ora si sta inginocchiando. Ma quello… quello è don Camillo! Certo, proprio lui! Indossa la tonaca nera e la solita berretta.
Che sorpresa!
È venuto fin qui a Bologna, dalla Bassa, per vedere il papa da vicino. Non è invecchiato, è sempre lo stesso.
Tendo l’orecchio. Sta parlando, ma con chi? Vicino a lui non c’è nessuno! Ma certo: sta parlando con il Crocifisso.
Forse se mi avvicino ancora un po’, dietro questa colonna… Ecco, sì. Posso ascoltare il dialogo.
«Gesù, che cosa ne pensate? Io non sono nessuno ma, con tutto il rispetto, a me questa cosa del pranzo non sembra tanto giusta. Tutti questi tavoli, le stoviglie, le pietanze. La gente che chiacchiera. Ma è la casa di vostro padre o una trattoria?».
«Don Camillo, don Camillo! Non fare il difficile! Se la gente è contenta di stare qui in compagnia del papa, davanti a un buon piatto di lasagne, che male c’è? Lo vedi, sono persone sfortunate. Molti non hanno una casa, un parente, un amico, un lavoro. Oggi la casa di mio Padre è la loro casa. Dovresti essere contento».
«Ma Signore! Se prendo il vocabolario, alla voce chiesa c’è scritto “edificio consacrato al culto cristiano”, non edificio da utilizzare per i banchetti. Per quelli ci sono altri posti. Qui ci siete voi appeso alla Croce, c’è vostra Madre. Ci sono le reliquie di san Petronio. C’è la Santissima Eucaristia conservata nel tabernacolo. Non lo so, mi sento a disagio»
«Don Camillo! Non ricordi che cosa ho detto? Ogni volta che avete fatto questo a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. E dimentichi forse le opere di misericordia corporale? Dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati. Ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi…»
«Mo’ sì che me le ricordo, Gesù. Ma voi non avete mica detto di dar da mangiare e da bere nella casa di vostro Padre. Guardate: tutti parlano e mangiano. Niente di male, ma mi sembra che così non si renda il giusto onore a Dio e neanche a voi, che non ci sia quel rispetto che dovrebbe esserci in un posto come questo. Io nella mia chiesa di Brescello non l’avrei fatto, ecco»
«Don Camillo! Mi stai diventando formalista?».
«Signore, sono confuso. Capisco le buone intenzioni, ma mi sembra che davanti al Santissimo Sacramento ci vorrebbe più rispetto. Già normalmente, durante le funzioni, pochi si inginocchiano e sembrano pensare agli affari loro. Adesso poi anche la trattoria!»
«Don Camillo, ora sei tu a mancare di rispetto!»
«Sì Signore, scusatemi. Ma secondo me ci vorrebbe un po’ di deferenza, ecco»
«Deferenza? Che parola, don Camillo! Parli come uno del secolo scorso»
«Ma Signore, io sono uno del secolo scorso!»
«E si vede, don Camillo, lasciatelo dire. Non sai che c’è stato l’aggiornamento pastorale?»
«Guardate, Gesù, a me quelle parolone lì non mi convincono. Aggiornamento. Pastorale. Non capisco. Vedo solo che pochi entrano in chiesa e quei pochi sono distratti e si fanno il segno della Croce come se disegnassero uno sgorbio nell’aria, e…»
«Don Camillo, ma tu guardi alle apparenze o alla sostanza? Magari un segno di Croce fatto in fretta ma con fede vale più di tanti inchini fatti tanto per fare, o per mettersi in mostra. E comunque si stava parlando del pranzo, se non sbaglio»
«Ecco, sì, il pranzo. Gesù, io sono felice per tutte queste persone, davvero. Mi chiedo solo perché sia stata scelta la basilica, e una basilica così antica e preziosa come questa. Guardate, tutti mangiano e chiacchierano, ma nessuno rivolge lo sguardo verso di voi»
«E meno male, don Camillo! Vuol dire che le lasagne sono buone. Se guardassero me sarebbe un brutto segno!»
«Non scherzate, Signore. Io sono veramente a disagio»
«Guarda, don Camillo. Secondo me le intenzioni del signor vescovo e del papa sono buone. Vogliono rendere più umana l’Eucaristia e ricordare che io sono in tutte le persone, ma soprattutto in quelle che soffrono. Che cosa c’è di male?»
«Lo capisco, Gesù. Ma ripeto: perché qui? A dirla tutta, mi viene un sospetto»
«Quale, don Camillo?»
«Ehm, ecco… Che, sotto sotto, il pranzo sia stato organizzato non proprio per i poveri, ma…»
«Ma?…»
«Ma per l’immagine, come si dice oggi»
«Che immagine, don Camillo? Non ti capisco»
«Ma sì, per dare un’immagine di Chiesa buona e brava, misericordiosa. Come si fa con la pubblicità»
«Don Camillo!»
«Scusatemi, Signore. Lo sapete che con voi mi piace parlare apertamente»
«Ma adesso stai esagerando! Tu parli di rispetto, ma coltivare questi sospetti non è certo rispettoso!»
«È vero, Signore, e torno a scusarmi. Comunque dico: era proprio necessario mettere anche i bagni chimici qui vicino? A me sembra troppo, ecco»
«Don Camillo, ho l’impressione che questa conversazione non stia portando da nessuna parte. E quanto ai sospetti…»
«Sì, Signore?»
«Ne ho uno anch’io»
«Davvero, Signore?»
«Sì, che tu invecchiando sia diventato un po’ acido, come certi vini»
«Ma… ecco… io…»
«E che forse tu sia anche un po’ invidioso»
«Invidioso? Io? Ma Gesù!»
«Sì, perché te ne stai qui al lume di candela, tutto in disparte, e non sei là con gli altri, davanti a un bel piatto di lasagne»
«Ma no, Signore…»
«Don Camillo, don Camillo, ti conosco troppo bene»
«Lo so, Signore, e vi ringrazio per la pazienza che avete con me»
«Su, ora va’. Senti che buon profumo. Se chiedi, magari ne è rimasta una porzione per te»
«Ma no, Signore, son sincero. Io sono qui per voi, solo per voi. Avevo tanta voglia si ascoltarvi. Vicino al papa ci sono tanti prelati importanti, e mi son ricordato di quando mi fecero monsignore. Come stavo male lontano da voi! Ma quando tornai a Brescello sentii di nuovo la vostra voce…»
«Sì, perché lì eri più vicino a te stesso»
«Gesù, avevo tanta voglia di parlare con voi. Come ne ho ancora adesso»
«Bene, bene, don Camillo. Ma ora va’. E fa’ come t’ho detto, chiedi un piatto di lasagne, mi raccomando. Se non mangi qualcosa, come fai a tornare a Brescello in bicicletta?»
«Grazie, Signore»
«Grazie a te per la visita. Ah, salutami Peppone! E… tieniti d’occhio, don Camillo!»
Aldo Maria Valli