“Perché non ci sono pastori che indicano dov’è il lupo”

«Se in cielo potesse esserci tristezza, san Giuseppe sarebbe molto triste in questi tempi, vedendo la Chiesa decomporsi come se fosse un cadavere. Ma la Chiesa non è un cadavere!».

Sapete di chi è questa riflessione fulminante?  È di un santo: san Josemaría Escrivá de Balaguer, e fa parte di una serie di venticinque testi inediti pubblicati in Spagna da Rialp in un volume, En diálogo con el Señor, datati  tra il 1954 e il 1975: conversazioni e meditazioni che san Josemaría ebbe con fedeli dell’Opus Dei a Roma.

Nella meditazione alla quale appartiene la frase sopra riportata il fondatore dell’Opus Dei prosegue così: «Le persone passeranno, i tempi cambieranno e si smetterà di dire blasfemie ed eresie, che ora si propagano senza alcun ostacolo, perché non ci sono pastori che indicano dov’è il lupo».

È sorprendente l’attualità di queste riflessioni, nelle quali san Josemaría esprime tutta la sua preoccupazione per una Chiesa ribaltata, dove chi proclama la verità è guardato con sospetto, se non perseguitato e diffamato, mentre «per coloro che diffondono eresie e mali, errori teorici e pratici circa modi di vivere infami, c’è solo impunità».

L’Istituto storico San Josemaría Escrivá precisa che il fondatore dell’Opus Dei tra il 1967 e il 1975 revisionò questo materiale e fece le opportune correzioni, così da trasformare in un testo scritto ciò che era nato per una predicazione orale. Possiamo star certi quindi che Escrivá meditò ogni parola.

Curato dai ricercatori Luis Cano e Francesc Castells, con la collaborazione di José Antonio Loarte, il libro si apre con un prologo di monsignor Javier Echevarría – prelato dell’Opus Dei dal 1994 a dicembre del 2016 –, che ebbe la possibilità di leggere la bozza  poche settimane prima di morire.

Sebbene coprano un arco di tempo di ventun anni, gli interventi, destinati alla formazione dei membri dell’Opus Dei, hanno una loro coerenza e sono segnati da punti fermi come l’invito a identificarsi personalmente con Cristo, l’importanza della filiazione divina, l’amore di Dio e per la Chiesa, la preghiera e la vita contemplativa, la ricerca dell’amore nella vita ordinaria, l’umiltà e la carità fraterna.

I primi tre testi, del periodo 1954-1955, provengono da meditazioni che san Josemaría predicò agli alunni del Collegio Romano della Santa Croce, giovani di numerosi Paesi presenti per un periodo di formazione umana e spirituale accanto al fondatore. Le meditazioni che seguono, tra il 1962 e il 1967, furono predicate ai suoi diretti collaboratori nel governo dell’Opus Dei o ai vicari delle diverse circoscrizioni che si riunivano a Roma per lavorare con lui. Nei testi che vanno dal 1969 al 1975 si alternano meditazioni, una breve omelia e varie conversazioni.

Con il suo tipico stile incisivo, il santo usa espressioni decise, taglienti, con le quali  non esita a denunciare che i maggiori nemici non sono al di fuori della Chiesa, ma dentro, e mette in guardia tutti: non bisogna lasciarsi ingannare.

«Quando prendi un libro di argomento religioso, che la tua mano bruci se non hai la certezza che il contenuto sia buono. Lascialo!». Certi libri di argomento religioso, spiega, possono essere più velenosi di quelli pornografici, perché la pornografia si vede, mentre certi testi lasciano filtrare il veleno come per osmosi.

«La situazione è seria, cari miei figli e  mie figlie. L’intero fronte della guerra è minacciato; che non si rompa a causa di uno di noi. Il male – non smetto di avvertirvi – viene da dentro e da molto in alto. C’è autentico marciume e a volte sembra che il Corpo mistico di Cristo sia un cadavere in decomposizione, che puzza. Quanta offesa a Dio! Noi, che siamo tanto fragili e ancora più fragili degli altri, ma che, come ho detto, abbiamo un impegno d’amore, adesso dobbiamo dare alla nostra vita un senso di riparazione. La tristezza non ci può vincere. Siamo ottimisti, anche perché lo spirito dell’Opus Dei è di ottimismo. Però non dobbiamo avere la testa fra le nuvole: restiamo nella realtà, e la realtà è amara».

Significativa anche questa richiesta: «Invocate con me san Giuseppe, con tutto il cuore, perché ottenga dalla Beatissima Trinità e da Maria Santissima, sua Sposa e Madre nostra, che accorci il tempo della prova. E anche se ormai dalle litanie dei santi questa invocazione è stata soppressa, vi chiedo di recitare con me: “Ut inimicos Sanctae Ecclesiae humiliare digneris, te rogamos audi nos!”».

Ma se san Josemaría metteva in guardia dal degrado nella Chiesa e dall’avanzare delle eresie, non dobbiamo mai dimenticare il suo amore per il papa, riaffermato più e più volte. Diceva: «Grazie, mio Dio, per l’amore al Papa che hai messo nel mio cuore» (Cammino , 573); «Per me, dopo la Trinità Beatissima e la Vergine nostra madre, nella gerarchia dell’Amore c’è il Papa» (Colloqui con Mons. Escrivá, 46).

Un esempio da seguire.

Aldo Maria Valli

 

 

 

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