A poche ore ormai da Italia – Germania (il derby d’Europa, secondo gli esperti di cose pallonare), non sembra inutile qualche breve riflessione a margine degli Europei di Francia 2016.
Il Galles in semifinale è la vittoria dell’entusiasmo, della tenacia e diciamo pure dell’allegria, magari indotta da qualche pinta di buona birra. Il Belgio, tra le favorite, è stato superato da una squadra, il Galles appunto, che gioca a pallone con lo spirito del rugby: si muovono compatti, come se dovessero andare in meta. I dragoni ci hanno ricordato che il calcio è un gioco di squadra. Tu puoi avere grandi campioni, ma se non giochi con lo spirito di gruppo non fai strada.
I valorosi gallesi, gli unici britannici rimasti in corsa dopo la Brexit di Inghilterra e Irlanda del Nord, sfidano ora il Portogallo, che sembra il loro opposto. Ha un leader, Ronaldo, che si piace molto, è sempre pettinato e durante la partita riguarda compiaciuto le proprie azioni nel maxischermo. Finora il Portogallo nei novanta minuti regolamentari non ha mai vinto. I nostri amici lusitani non se ne avranno a male se diciamo che la loro squadra in questi Europei ha fatto di tutto per rafforzare il significato di “portoghesi” nell’accezione italiana del termine. In pratica sono approdati in semifinale da imbucati. Abbonati al pareggio nel girone eliminatorio, negli ottavi si sono imposti per 1 a 0 sulla Croazia negli ultimi sgoccioli dei supplementari con un gol dell’ineffabile Quaresma, che noi interisti ricordiamo come un fiore che in nerazzurro mai sbocciò (diciamo pure un pippone). Poi nei quarti hanno fatto fuori la Polonia ai rigori. Bisogna dire che solo il calcio, bello e impossibile, permette simili imprese. Ma si sa che la palla è rotonda e via dicendo.
Un’altra riflessione riguarda la qualità del gioco in generale. La mia capacità di giudizio sarà pure obnubilata dal tifo, ma mi sembra difficile obiettare che solo l’Italia ha espresso trame plausibili. E per una volta non sono state occulte. A parte la furia gallese e l’incoscienza islandese, le altre squadre hanno prodotto un calcio per lo più soporifero. La Spagna con il suo tiki taka è stata di una noia mortale e gli Azzurri l’hanno giustamente matata. L’Inghilterra, coerentemente con il risultato del referendum sulla Brexit, se n’è tornata nella perfida Albione con le pive nel sacco grazie a una banda di vichinghi islandesi tanto simpatici ma sicuramente non eccelsi. La Francia ha giocato a sprazzi. I portoghesi, come detto, hanno fatto i portoghesi. Il Belgio, imbottito di campioni strapagati, è uscito sconfitto da una squadra (eccetto Bale) di comprimari, e c’è da sottolineare che il gol del 2 a 1 a favore del Galles (magnifico) è stato segnato da un giocatore che al momento non ha nemmeno un contratto con una squadra di club. Quanto alla Germania, diciamo che finora si è allenata e adesso aspettiamo di vederla contro di noi.
Le partite, quasi sempre, si sono accese solo alla fine, tanto che ci si chiede perché l’Uefa non cambi il regolamento. Si potrebbero giocare solo i venti minuti finali, così eviteremmo di annoiarci e poi ci sarebbe il tempo per andare al cinema.
Qualche annotazione estetica. Il Portogallo, con le sue divise rosse e verdi, sembra che mandi in campo undici hostess dell’Alitalia. La Croazia, con la sua maglia a scacchi bianchi e rossi, sembra aver indossato tovaglie da trattoria fuori porta, ma la cosa non le ha comunque permesso di mangiarsi i portoghesi. La seconda maglia del Belgio, con le righe orizzontali sul petto, è chiaramente da ciclisti, tanto che è sembrato strano non vedere le bici a bordo a campo. E la seconda maglia della Spagna sembrava macchiata di sugo, tanto che veniva voglia di dotare gli spagnoli di adeguati bavaglini.
I tifosi islandesi sono magnifici e quando ululano fanno paura. Sembra che da un momento all’altro un geyser possa eruttare acqua bollente nel bel mezzo dell’area avversaria. C’è un islandese barbuto che pare abbia un’ascia nascosta nei pantaloncini. Il governo di Reykjavik ha puntato sul calcio per combattere la piaga dell’alcolismo giovanile, e a quanto pare l’operazione è riuscita. Il loro portiere, che fino a pochi anni fa pesava più di cento chili, è un bravo regista e vorrebbe girare un horror. Forse non se n’è reso conto, ma in realtà l’ha già realizzato e la morta ammazzata è stata l’Inghilterra.
In questi Europei molti giocatori sfoggiano tatuaggi e capigliature improbabili. Il belga Nainggolan, con la sua cresta da gallo cedrone e i suoi tatoo sparsi ovunque, forse voleva spaventare gli avversari, ma è riuscito soltanto a conquistare la palma del cattivo gusto. Fellaini, belga con passaporto marocchino, ha tinto di biondo il già vistoso cespuglio che trasporta sul capo, ma la cosa non l’ha reso più incisivo. Nei colpi di testa è apparso anzi impacciato, e ci credo: i passerotti che hanno fatto il nido lassù l’avranno certamente distratto.
Circa Italia – Germania, in Vaticano il papa argentino, che ha ormai detto addio alla Copa America vinta dal Cile dopo che Messi ha sbagliato un rigore, immagino tiferà per l’Italia, patria dei suoi avi. Il papa emerito Ratzinger ovviamente non sarà d’accordo, spalleggiato in questo da monsignor Gänswein e dal prefetto del Sant’Uffizio, il cardinale Müller. Anche nei sacri palazzi dunque sarà derby e sarebbe interessante poter fare un giro da quelle parti per ascoltare possibili esclamazioni, magari un eia! (bene!) o un pulchre! (bravo!): ma forse il latino non si parla più nemmeno lì.
Infine un’annotazione su certi nostri intellettuali che hanno dichiarato di tifare contro l’Italia per antipatia verso il mister Conte e in generale verso la Nazionale. Il tifare contro è una caratteristica tutta italiana e arriva da lontano, dal nostro essere paese dei mille campanili e delle mille contrade. Dunque, niente di nuovo sotto l’italico sole. Il sottoscritto, da interista sfegatato, non può certo dire di nutrire grande trasporto verso Conte, juventino fino al midollo, né verso i vari Buffon, Barzagli, Chiellini e Bonucci, bianconeri di lungo corso. Ma a tutto c’è un limite. Quando in campo c’è l’Italia, mi strappo dalla pelle le strisce nere e lascio che mi resti addosso solo l’azzurro. E tanto di cappello alla difesa della Nazionale, anche se è quella della Juve. Del resto, ancora poche settimane e potrò tornare a fare il bauscione anti-Juve in servizio permanente. Ma adesso, ragazzi, c’è l’Italia. Non si scherza. Anche se la “chioma” è quella posticcia di Conte, tiriamo fuori l’elmo di Scipio, stringiamoci a coorte eccetera. E poi vinca il meno peggio.
Aldo Maria Valli