Noterelle dalle vacanze

Sui sentieri di montagna, in alta quota, incontrate solo persone della mia età, con i capelli grigi o bianchi. Fatta eccezione per le mie figlie, non ho visto nemmeno un giovane.

 

A tremila metri, quando stavamo per raggiungere il nostro obiettivo, le ragazze ed io abbiamo dovuto rinunciare. Ci siamo persi, e la pietraia, sopra uno spesso strato di ghiaccio, era troppo instabile perché potessimo tentare strade sconosciute. Ha vinto la montagna. Abbiamo imparato il valore della rinuncia. Al momento è stata dura, specie per me, perché non so se un’altra volta avrò ancora la forza di arrampicarmi fin lassù. Però è stato bello. La montagna ci ha chiesto rispetto. Gliel’abbiamo concesso. E alla sera il nostro racconto, davanti agli amici, è diventato quasi epico.

 

Sui sentieri notati molti fazzoletti di carta abbandonati. Brutta visione, brutto segno. Chi butta un fazzoletto di carta pensa magari che si degradi rapidamente, ma non è così. Un fazzoletto di carta può resistere a diverse estati e diversi inverni, e te lo ritrovi sempre lì, simbolo di maleducazione, di mancanza di rispetto per l’ambiente naturale e la sua bellezza. Odio i fazzoletti di carta usa e getta, perché troppa gente, purtroppo, li usa e li getta davvero, anziché infilarseli in tasca e riportarli a valle.

 

Ascoltata con queste orecchie una bestemmia tremenda da parte di un giovane padre nei confronti di un piccolo figlio, colpevole di essersi sporcato con un po’ di terra. Notato lo sguardo mortificato del bambino, quasi annichilito. Come sempre, quando mi capita di ascoltare una bestemmia, ho recitato parecchie preghiere di riparazione. Poi ho pregato per il bambino e anche per il suo papà bestemmiatore. Ma quello sguardo del piccolo! Come crescerà? Che ne sarà di lui?

 

Partecipato a una bellissima messa in una chiesetta di alta montagna. Sacerdote anziano, fedeli stipati nelle poche e scomodissime panche di legno. Che bello! Fedeli quasi tutti della mia età, sui sessant’anni e oltre: presenti alcuni bambini, ma nessun giovane. Messa che conservo nel cuore soprattutto per l’omelia, semplice semplice, incominciata da parte del celebrante con il saluto di noi cristiani: «Sia lodato Gesù Cristo!». Un privilegio poter rispondere, tutti in coro: «Sempre sia lodato!». E lo stesso alla fine dell’omelia. Ripensandoci, mi sono tornati alla mente tanti saluti ascoltati all’inizio di omelie pronunciate da preti più disinvolti, tipo «Buongiorno», «Buonasera», ma anche «Salve a tutti» oppure «Venite avanti che c’è ancora posto». Quel prete anziano, nella chiesetta di montagna, senza saperlo mi ha fatto un gran regalo. E poi, durante il rito, solo bei canti, senza microfoni, senza altoparlanti gracchianti, senza schitarrate. Ne ho già nostalgia.

 

Notati gruppi di adolescenti impegnati in una caccia al tesoro a fondovalle. Facevano parte di un oratorio lombardo. Correvano a perdifiato e si divertivano un mondo. Uno di loro, sui tredici anni, scarmigliato e con le guance rosse, ha esclamato: «Raga! Non possiamo arrivare terzi, non possiamo arrivare secondi. Dobbiamo solo vincere!». Verificato con un certo stupore che, nonostante la vita cittadina, bambini e ragazzi sanno ancora correre, giocare e divertirsi con poco.

 

Ritrovata, nell’alberghetto in alta quota, la signora anziana che ogni estate trascorre lì qualche mese. Ha novantasei anni e ottima memoria. Tutte le sere gioca a scala quaranta e non ci sta a perdere.

 

Avvistati, col binocolo, alcuni camosci sui nevai. Sembravano veramente felici e ci guardavano con curiosità. Avvistate anche numerose marmotte cicciottelle, alcune con prole. Le mie figlie, durante un’escursione a quasi tremila metri, si sono trovate faccia a faccia con alcuni stambecchi. Lo stambecco è bellissimo ma a volte con gli zoccoli smuove le pietre e le fa cadere sul sentiero. Le mie figlie hanno ammesso di aver provato una certa paura, ma che soddisfazione quando sono arrivate in cima! E noi genitori ci siamo sentiti fieri come se avessero superato un esame universitario, o anche di più.

 

Partecipato alla festa popolare per il gemellaggio tra il paesino valdostano del quale eravamo ospiti e un paese romagnolo. Caratteri diversi, lingue diverse, uguale la voglia di condividere e  divertirsi. I romagnoli portano su le loro cose buone (piadine, pesche, salumi), i valdostani portano giù i loro vini, i formaggi e il genepy. C’era la banda che girava per le strade, con i bambini dietro: visione d’altri tempi. C’è un’Italia che noi cittadini metropolitani ignoriamo del tutto. I romagnoli hanno portato anche l’orchestrina per ballare il liscio. Io, che non so ballare e mi vergogno, ho trascinato in pista le mie figlie: sarà stato il genepy? Scoperto che ballare, in fondo, non è molto diverso dal giocare a pallacanestro: si tratta di muovere i piedi rapidamente e con un certo ritmo. Non a caso a basket si gioca bene con accompagnamento musicale.

 

Notato che i ghiacciai continuano a ritirarsi. Notato anche che per la prima volta, sulle rive del nostro amato lago, a duemilasettecento metri di quota, abbiamo potuto stare un bel po’ senza la giacca a vento. Però c’era ancora tanta neve. Difficile resistere alla tentazione di scrivere su un bel nevaio, accanto al sentiero, il nome della squadra di calcio amata. A caratteri cubitali.

 

Costruito anche questa volta alcune barchette con la corteccia caduta dai tronchi dei larici. Lo facevo quando i figli erano piccoli, lo faccio anche adesso che alcuni figli sono diventati a loro volta genitori. Il momento del varo è sempre emozionante. Se la barchetta riesce a superare la cascatella e a fare ingresso nel laghetto si festeggia come per un gol. Notato che alcuni turisti ci hanno guardati con curiosità. Avranno pensato: ma questi sono matti. Poi però hanno sorriso anche loro.

 

Durante l’escursione nella valle più selvaggia, dove il telefonino non prende, abbiamo comunicato lasciando messaggi scritti con i sassi. Ognuno procede con il suo ritmo e secondo le sue possibilità: chi viene dopo legge il messaggio e conosce le intenzioni di chi sta davanti. Internet da età della pietra.

 

Arrivato in alto, ho fotografato per mia moglie, che si è fermata più in basso, una comunità di genzianelle di un blu strepitoso. Qualche giorno dopo lei mi ha regalato un sasso a forma di cuore.

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