«Quest’ampia biografia del mio predecessore Benedetto XVI è benvenuta: offre una lettura complessiva della sua vita e dello sviluppo del suo pensiero, attendibile ed equilibrata».
Papa Francesco scrive così all’inizio della sua prefazione al libro di Elio Guerriero Servitore di Dio e dell’umanità. La biografia di Benedetto XVI (Mondadori, 542 pagine, 24 euro), un’opera nella quale l’autore, teologo e storico, a lungo responsabile editoriale delle case editrici Jaca Book e San Paolo, unisce la competenza dello specialista alla capacità divulgativa e all’ammirazione per il papa emerito.
Elio Guerriero, come nasce il libro e qual è il suo scopo?
Incontrai il cardinale Ratzinger la prima volta nel 1985. Lavoravo allora presso l’ editrice San Paolo e mi venne affidato il compito di seguire la traduzione in italiano delle sue opere. Il lavoro richiedeva che di tanto in tanto ci si incontrasse, così insieme con la conoscenza delle opere cresceva anche il rapporto con la persona. E qui si poteva constatare la differenza tra la persona e la rappresentazione che ne veniva fatta. Poi ci fu l’elezione a papa, il pontificato diviso tra un magistero straordinario e le difficoltà del governo. Credo che alla fine la spinta decisiva a scrivere quest’opera mi venne proprio dalla rinuncia al ministero petrino. Mi premeva sottolineare che all’origine vi era la sua fede che la Chiesa è propriamente guidata da Gesù Cristo il quale, come è poi accaduto, avrebbe ancora scelto, attraverso il suo Spirito, un pastore capace di indicare la strada da seguire.
Che cosa aggiunge di nuovo questo studio rispetto a quanto già sappiamo sulla vita di Joseph Ratzinger e sul suo pontificato?
Anzitutto vi sono diverse precisazioni sulle origini, con la sottolineatura dell’importanza del pensiero di sant’Agostino e di san Bonaventura nella formazione di Ratzinger, da cui venne anche il suo apporto maggiore al Vaticano II, in particolare alla costituzione sulla divina rivelazione. Poi vi è una sintesi dell’episcopato di Monaco, su cui in precedenza si sapeva molto poco. Per il lungo periodo alla Congregazione per la dottrina della fede ho messo in risalto la sua capacità di richiamare all’unità e di promuovere la fede, in particolare con il Catechismo della Chiesa cattolica. Per quel che riguarda il pontificato, ho evidenziato l’importanza che papa Benedetto ha dato all’universale vocazione alla santità nella Chiesa che, all’ epoca, era stata considerata la grande novità del Vaticano II. Per il papa emerito i santi sono la migliore spiegazione del Vangelo nel tempo. Da ultimo vi è sottolineata la proposta di un nuovo umanesimo per il Duemila, che è una possibile via d’uscita dalle difficoltà di fronte alle quali si trova il mondo ai nostri giorni.
Benedetto XVI passerà alla storia per la sua rinuncia: secondo lei merita di essere ricordato solo per questo o anche per altri contributi da lui dati alla Chiesa e all’umanità?
Certamente il gesto delle dimissioni di papa Benedetto verrà ricordato come una svolta significativa nella storia della Chiesa, ma l’apporto che egli ha dato al magistero e alla vita cristiana dalla seconda metà del Novecento fino ad oggi è molto più ricco e articolato. Lo ricorda in modo autorevole papa Francesco nella prefazione al mio volume. Da parte mia vorrei ricordare la sua insistenza sulla collaborazione armonica tra ragione e fede, difesa fin dai tempi della prima cattedra universitaria a Bonn alla fine degli anni Cinquanta, il richiamo all’amore di Dio che apriva la strada alla via della misericordia, sulla quale insiste il suo successore, e negli ultimi anni l’amore tenero e appassionato per Gesù. Poi ancora la proposta di un serio dialogo tra le religioni, l’ amore alla terra, la via della bellezza che viene da Dio e a Lui riconduce.
Papa Francesco nella prefazione al suo volume scrive che la presenza di un papa emerito è una novità e, poiché i due papi si amano, è una «bella novità». Al di là della stima fra Bergoglioe Ratzinger, nella compresenza di due papi è davvero tutto bello o ci sono dei nodi problematici?
Io non parlerei di nodi problematici, bensì di difficoltà che potrebbero insorgere nell’eventuale coabitazione di un papa in carica e di un emerito che non andassero d’accordo. Non va dimenticato, tuttavia, che non sono certo minori le difficoltà di un papa che restasse in carica anche se gravemente malato. So dei quesiti sollevati in particolare dai giuristi. Tuttavia ritengo, con papa Benedetto, che bisognerebbe partire dal concetto di servizio che può essere svolto in pienezza finché si è in buona salute. Diversamente, conservando l’aspetto propriamente sacramentale, conviene rinunciare all’esercizio del mandato episcopale o papale . D’altro canto, vedendo l’esempio che abbiamo davanti ai nostri occhi, non possiamo che ringraziare Dio e poi gli stessi protagonisti, papa Francesco e il suo predecessore Benedetto, per la bella testimonianza di comunione e fraternità.
Il libro termina con un’intervista al papa emerito. Può dirci come ha trovato Benedetto XVI? Che cosa l’ha colpita di più in questo incontro?
Papa Benedetto ha conservata intatta la sua lucidità mentale. Il fisico invece è inevitabilmente quello di un quasi novantenne. Nelle visite che ho potuto effettuare mi hanno colpito la sua serenità di spirito, l’ammirazione sincera per il suo successore, la sua vicinanza alla vita della Chiesa. Questa è per me una conferma della bontà della sua scelta e della qualità della sua testimonianza, che permane anche negli anni dalla rinuncia.
Aldo Maria Valli