22 ottobre. L’importanza di una data (ricordando papa Wojtyla)

Il calendario per un cristiano è importante, e non solo dal punto di vista strettamente liturgico. Proponendoci ogni giorno la figura di uno o più santi, la madre Chiesa ci fornisce infiniti esempi e spunti di riflessione. Lungo la strada della vita, le vite dei santi sono come segnali, come cartelli, che ci indicano la direzione giusta, ma, a differenza dei navigatori satellitari, ci dicono anche perché stiamo viaggiando.

Oggi, 22 ottobre, è la memoria di san Giovanni Paolo II, data scelta dalla Chiesa a ricordo del giorno in cui il pontefice polacco diede il via al suo ministero, il 22 ottobre del 1978, con una solenne celebrazione in piazza San Pietro.

Chi ha una certa età, come il sottoscritto, certamente ricorderà le immagini del papa al termine della messa, quando, con il pastorale stretto in mano, percorse a grandi passi il sagrato e si avvicinò alla folla. Mai prima d’ora un papa si era comportato in quel modo, e lì tutti capirono che Wojtyla sarebbe stato un papa veramente speciale.

Oltre alle immagini, famosissime sono diventate le parole pronunciate quel giorno da Giovanni Paolo II durante l’omelia: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!». Si può dire che questo sia diventato il sigillo del pontificato. Raramente però si ricorda l’intero contenuto dell’omelia. Se lo si facesse, si scoprirebbe che, subito dopo, Wojtyla aggiunse: «Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!».

Nel 1978 il muro di Berlino era ancora in piedi, e lo sarebbe rimasto ancora un bel po’, fino al novembre del 1989, eppure il papa polacco, con quel preciso riferimento ai confini degli Stati ed ai sistemi economici e politici, già lasciava presagire quale sarebbe stato uno degli obiettivi più importanti della sua missione.

Poi il nuovo papa disse: «Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna».

Ecco un altro punto centrale, un altro nodo della modernità, che Wojtyla aveva colto benissimo: la mancanza di certezze dell’uomo contemporaneo, il suo sbandamento dovuto all’assenza di verità, la sua conseguente disperazione. Il cristiano invece non dispera. Il cristiano non sbanda. Perché è radicato non in una delle tante  pseudo-verità che si costruisce da sé, ma nella Verità riassunta da Simone figlio di Giona: «Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Non a caso, Giovanni Paolo II, quel 22 ottobre del 1978, aprì la sua omelia esattamente con queste parole. E spiegò: «Esse segnano l’inizio della missione di Pietro nella storia della salvezza, nella storia del Popolo di Dio. Da allora, da tale confessione di Fede, la storia sacra della salvezza e del Popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale della storia del Popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti da queste parole di Fede e si allaccia all’uomo che le ha pronunciate: “Tu sei Pietro – roccia, pietra – e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa”. Quest’oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano pronunciate ed ascoltate le stesse parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.  Sì, Fratelli e Figli, prima di tutto queste parole»”.

Se il pontificato di Giovanni Paolo II fu così importante e durò così a lungo, è perché le sue fondamenta erano robustissime.

Se posso, vorrei poi spiegare gli altri motivi per cui questa data del 22 novembre mi è particolarmente cara.

Il 22 ottobre 1999, diciassette anni fa, a Roma, nasceva Laura, la nostra sesta e ultima figlia. Il «regalo della mamma», come lei stessa si definisce. Un regalo di valore inestimabile, arrivato proprio perché Serena (detta anche Santa Subito) e il sottoscritto, quando erano giovani, si aprirono alla vita spinti dall’insegnamento di Giovanni Paolo II.

E a proposito di apertura alla vita, ricordo che le nostre figlie numero quattro e numero cinque, ovvero le gemelle (diverse) Anna e Paola, vennero al mondo, vent’anni fa, il 18 maggio, ovvero nello stesso giorno della nascita di Karol Wojtyla.

Eh sì, le date sono importanti, eccome!

Aldo Maria Valli

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