Così spio le vite degli altri. Un detective racconta. E Padre Brown che ne direbbe?
«Non sono riuscito a smascherarlo. O lui è stato molto furbo oppure non aveva niente da nascondere».
Chi parla è un investigatore privato. Mentre sto guidando, lo ascolto alla radio. Intervistato a proposito del suo lavoro, spiega che opera in una città vicina al mare e che quasi sempre i casi dei quali è chiamato a occuparsi ruotano attorno alle infedeltà coniugali: mogli che chiedono di pedinare il marito, mariti che chiedono di pedinare la moglie. Le solite cose. Ma non mancano le variazioni sul tema.
Per esempio, la vicenda di cui sta parlando ora riguarda un prete. È lui che è stato «molto furbo» oppure «non aveva niente da nascondere». Cioè?
Cioè sarebbe a dire, spiega l’investigatore, che questo prete aveva una relazione con una signora, una donna dai tratti nobili e fini, ma anche gelosa. Parecchio gelosa. Al punto da rivolgersi al detective privato per scoprire se per caso il prete non avesse altre donne, oltre a lei.
Mi colpisce il tono piatto dell’investigatore: ha un che di burocratico. Certamente è uno che ne vede tante e quindi non si scandalizza più di nulla. Di conseguenza anche un prete che ha una relazione con una donna che lo fa pedinare per scoprire se il lui ha altre relazioni con altre donne, è una storia tutto sommato normale.
«Dunque il prete era irreprensibile?», chiede perfidamente l’intervistatore.
«Non lo so. So solo che io non sono riuscito a scoprire se avesse altre storie», risponde il detective con il suo tono monocorde.
«Dunque era un tipo fedele», rimarca ancor più perfidamente il conduttore, nella speranza di stanare un po’ il detective.
«Sì, sì, a quanto pare era fedele», risponde piattamente l’intervistato, non riuscendo a cogliere, o forse non volendo cogliere, l’invito a fare un po’ di sarcasmo.
Un’altra vicenda raccontata dal detective è la seguente. Un giorno va da lui una signora e gli chiede di indagare su un uomo. Il marito? No, l’amante. E perché la signora voleva che si indagasse sul suo amante? Perché l’uomo era sposato ed aveva un’amante, che però non era la signora. Lei infatti era la «terza in classifica», come dice l’investigatore. Sì, questo signore aveva una moglie e due amanti, e l’amante numero due, consapevole del posto che occupava, era ansiosa di scoprire se lei era ancora la terza o non fosse per caso scalata in quarta posizione.
E qual è stato il risultato delle indagini?
«Beh, ecco – dice l’investigatore – purtroppo per lei, la signora non solo era scesa dal podio, ma aveva perso un bel po’ di posizioni».
Anche mentre racconta questa storia, il detective mantiene lo stesso tono. Mi chiedo che cosa passi nella mente e nel cuore di quest’uomo che trascorre il suo tempo a occuparsi di intrecci, tresche, menzogne e raggiri d’ogni specie. Che giudizio si sarà fatto degli esseri umani? D’accordo, per lui questa commedia, a volte piuttosto complicata e sorprendente, è solo lavoro, ma qual è il suo giudizio su tutto quanto?
Il conduttore della trasmissione radiofonica non glielo chiede, forse perché la domanda, tutto sommato, non è pertinente. L’investigatore ha fatto chiaramente capire che lui è come una specie di registratore, asettico. Non valuta, non giudica, non ragiona in base a misurazioni morali. Non fa che filtrare dati, metterli insieme, trarne una conclusione logica e fornire il tutto al committente. Punto e basta.
Con un’unica avvertenza.
«Bisogna sapere che le persone tradite – spiega – molto spesso vogliono cogliere il traditore sul fatto. È un’esigenza avvertita soprattutto dalle donne. Vogliono rendersi conto delle circostanze in cui avviene il tradimento, vedere il posto, essere presenti. Pur sapendo di andare incontro a qualcosa di molto spiacevole, non si accontentato del mio racconto e delle prove raccolte: vogliono esserci. Mi è capitato il caso di una signora che, dopo la mia telefonata, si è precipitata sul posto con una tale foga, in auto, da imboccare una strada contromano. Comunque sia, quando è il momento, io chiamo e dico: ecco, può venire a vedere con i suoi occhi. Dopo di che mi tolgo di mezzo».
«Perché si toglie di mezzo?», chiede l’intervistatore. «Forse perché non se la sente di assistere a certe scene?».
«No, no. Me ne vado per evitare di essere chiamato a fare da testimone. Quelli sono i momenti più delicati, gli animi sono talmente esacerbati che può succedere di tutto e io non voglio avere grane, né tanto meno essere coinvolto in un eventuale processo. Quindi io chiamo, avverto che la cosa sta avvenendo in un certo luogo e sparisco».
La conversazione radiofonica finisce qui, con l’intervistatore molto divertito.
Ammetto che i racconti del detective hanno strappato un sorriso amaro anche al sottoscritto. Specie per quanto riguarda la povera signora che si è resa conto di aver perduto diverse posizioni in classifica. Quando si tratta di escogitare situazioni per provare infelicità e avere scarsa considerazioni di se stessi, gli esseri umani dimostrano una fantasia sconfinata.
Per curiosità mi sono fatto un giro in internet per vedere i costi di un’indagine svolta da un detective privato. Ho scoperto che il tariffario è piuttosto complicato. C’è l’osservazione dinamica (che poi sarebbe il pedinamento), che costa dai sessanta ai centoventi euro all’ora, e c’è l’osservazione statica (detta anche appiattamento), che va dai cinquanta ai cento euro l’ora. Poi se l’osservazione statica avviene «a mezzo apparati» occorre calcolare dai cinquecento ai 2500 euro al giorno. Poi ancora se la raccolta di informazioni avviene «presso i locali del committente», il costo va dai trecento ai seicento euro al giorno. E i sopralluoghi? Dai centocinquanta ai quattrocentocinquanta euro per ogni volta che se ne fa uno. E per l’acquisizione di informazioni riservate? Dai cinquecento agli ottomila euro. Si potrebbe andare avanti per un bel po’. Naturalmente, le tariffe sono al netto delle spese.
Le agenzie investigative sul mercato sono innumerevoli, nelle grandi città come nei piccoli centri. Ce ne sono anche di internazionali, e ne ho vista una «specializzata in indagini e investigazioni in Romania».
Quando si entra in questo mondo, è difficile sottrarsi a una sensazione, e cioè che noi tutti ci dividiamo fondamentalmente in due categorie: intercettati e intercettatori, pedinati e pedinatori. Categorie interscambiabili, si capisce.
Le tecnologie non hanno fatto che ampliare le possibilità di infilarsi nelle vite altrui. Attraverso le attività che ognuno compie nei social network e le richieste che esegue nei motori di ricerca, è possibile schedare chiunque. Si chiama «profiling» degli utenti in rete. Se la Cia lo fa su scala planetaria, qualunque signor Rossi lo può fare su scala più limitata: basta rivolgersi alla persona giusta.
Poi, per contrasto rispetto all’asettico e burocratico investigatore ascoltato alla radio, mi è venuto in mente il Padre Brown di Chesterton, il prete detective che, mentre indagava, non rinunciava a farsi tante domande sulla natura umana. Che cosa avrebbe detto della situazione attuale? Sicuramente avrebbe trovato le parole giuste per commentare in modo arguto questi esseri umani post-moderni, quindi molto liberi e progrediti, molto convinti di aver ormai superato ogni problema di valutazione morale, i quali si sono costruiti una gabbia con le loro stesse mani. Essere soltanto moderni, disse una volta Chesterton, significa condannarsi alla meschinità. E post-moderni? A che cosa ci stiamo condannando?
Aldo Maria Valli