Ordine di Malta. Il perché di uno scontro
«Distinti Membri del Sovrano Consiglio, mi premuro di informarVi che S.A.E. Fra’ Matthew Festing, Gran Maestro dell’Ordine, in data 24 gennaio 2017 ha rassegnato le Sue dimissioni nelle mani del Santo Padre Francesco, il quale le ha accettate».
Si apre così la lettera del segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, ai componenti del più alto organo di governo dell’Ordine di Malta. La lettera, datata 25 gennaio 2017, precisa che sarà ora il Gran Commendatore ad assumere la responsabilità del governo ad interim.
La lettera costituisce l’atto finale di una durissima controversia, senza precedenti, tra l’Ordine e la Santa Sede, ma anche all’interno dell’Ordine stesso. Tuttavia non rappresenta certamente la conclusione di una vicenda che mostra ancora lati oscuri.
Ricapitolando, ricordiamo che l’ormai ex Gran Maestro, Robert Matthew Festing, inglese di Northumberland, figlio di un militare britannico, discendente di un cavaliere di Malta martirizzato nel 1539, il 24 gennaio ha dato le dimissioni, dopo un confronto faccia a faccia, che immaginiamo drammatico, con Francesco.
Perché lo ha fatto?
La crisi prende il via lo scorso novembre, quando il Gran Maestro, la suprema autorità dell’Ordine, destituisce il Gran Cancelliere (ministro degli affari esteri e capo dell’esecutivo) Albrecht Freiherr von Boeselager, giurista tedesco, figlio del barone Philipp von Boeselager, ufficiale di cavalleria coinvolto nel fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944.
I fatti contestati si riferiscono al periodo nel quale Boeselager ricoprì la carica di grande ospedaliere (responsabile delle missioni caritatevoli) e l’accusa è di non aver impedito, nell’ambito delle iniziative umanitarie e di assistenza medica finanziate dai cavalieri dell’Ordine, la distribuzione di preservativi e contraccettivi, anche abortivi, in Africa e in Asia come misura per contrastare il traffico sessuale e l’Aids, comportamento non in linea con la dottrina cattolica e quindi considerato gravemente scorretto per il responsabile di un Ordine, quello di Malta, che ha come proprio scopo non soltanto l’assistenza dei poveri e dei malati ma anche la difesa della fede.
Boeselager però respinge tutte le accuse, non accetta il provvedimento a suo carico (per due volte si rifiuta di dimettersi, anche quando l’invito diventa un ordine) e nei suoi confronti viene dunque avviato un procedimento disciplinare.
È a questo punto che nella vicenda entra in gioco la Santa Sede. Informato dei fatti, il 22 dicembre Papa Francesco crea una commissione d’inchiesta incaricata di «raccogliere elementi atti ad informare compiutamente e in tempi brevi la Santa Sede» per fare luce su quanto sta accadendo.
I cinque membri della commissione vaticana sono l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, già osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra; il gesuita Gianfranco Ghirlanda, canonista dell’Università Gregoriana; il conte Jacques de Liedekerke, già Gran Cancelliere dell’Ordine dal 2001 al 2004, avvocato belga fondatore di studi legali internazionalisti a Bruxelles e Anversa; lo svizzero Marc Odendall, esperto di finanza, amministratore di svariate fondazioni, e il banchiere libanese Marwan Sehnaoui.
Festing, tuttavia, rifiuta decisamente l’intervento della commissione, definito «inaccettabile». La rimozione di Boeselager, argomenta, è un «atto di amministrazione interna al governo del Sovrano Ordine di Malta e di conseguenza ricade esclusivamente nelle sue competenze». Non solo. Con una successiva dichiarazione il Gran Magistero ribadisce la ferma intenzione di non collaborare con la commissione vaticana, «anche al fine di tutelare la propria sfera di sovranità rispetto a iniziative che si atteggiano quali forme volte obiettivamente (e quindi al di là delle intenzioni, che sono giuridicamente irrilevanti) a porre in discussione o comunque a limitare detta sfera».
La sovranità e l’autonomia dell’Ordine: ecco a che cosa si appella Festing. Occorre infatti ricordare che l’Ordine di Malta è regolato da una carta costituzionale, riformata nel 1997, nella quale si spiega che «l’Ordine è soggetto di diritto internazionale ed esercita le funzioni sovrane» (articolo 3, paragrafo 1), funzioni esercitate da propri organi di governo, propri organi legislativi e propri tribunali.
Per il diritto internazionale l’Ordine di Malta è uno Stato sovrano, che emette passaporti, intrattiene relazioni diplomatiche ed ha suoi rappresentanti all’Onu e all’Unione Europea. Nessuno, quindi, può mettere in discussione tale sovranità, nemmeno la Santa Sede. Di qui una nota ufficiale nella quale Festing non esita a parlare di «equivoco» in cui sarebbe caduta la Segreteria di Stato vaticana disponendo l’avvio dell’inchiesta.
La Santa Sede, da parte sua, non demorde. L’inchiesta dunque prosegue e, a quanto risulta, scopre che Boeselager non ha commesso irregolarità o, quanto meno, non nei termini presentati da Festing.
A questo punto è chiaro che la disputa va al di là del caso specifico, relativo al comportamento più o meno corretto di Boeselager. Quello che è in atto è un vero e proprio scontro tra Festing e il Vaticano.
Poiché Patrono dell’Ordine (ovvero rappresentante del Papa) è il cardinale Raymond Leo Burke, che Francesco ha rimosso dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ed è uno dei quattro porporati che hanno scritto a Francesco manifestando apertamente i loro dubia sull’Amoris laetitia (lettera alla quale Francesco non ha mai risposto) e poiché Burke, in tutta la diatriba con la Santa Sede, si è schierato decisamente dalla parte di Festing, la domanda è: la vicenda Boeselager non è forse il tipico casus belli che ha fatto deflagrare un conflitto la cui portata è più vasta?
Sullo sfondo ci sono gli interessi economici e finanziari che ruotano attorno all’Ordine di Malta (si parla, fra l’altro, di un tesoro di 120 milioni di franchi svizzeri lasciato in eredità in Lichtenstein da un facoltoso francese) e ci sono i contrasti interni all’Ordine, che vanno avanti da lungo tempo, sia sulla gestione dei beni sia sui ciò che l’Ordine deve essere: un organismo, com’è sempre stato, di forte impronta religiosa, legato alla retta dottrina cattolica, o qualcosa di più laico, qualcosa di più simile a una ONG svincolata da certi doveri?
Prima di tentare una risposta, è bene cercare di capire più da vicino che cos’è l’Ordine di Malta.
Può aiutare, in questo senso, lo studio più recente sull’Ordine: parliamo del libro L’Ordine di Malta. Storia, giurisprudenza e relazioni internazionali (De Luca editori d’arte, 2016), di Piero Valentini.
L’autore, pilota militare della Guardia di finanza, è donato di devozione (uno dei ceti in cui sono suddivisi gli appartenenti all’Ordine) e, come tale, svolge attività volontaria nel Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta, impegnato in compiti di protezione civile e assistenza umanitaria.
Partendo dal motto dell’Ordine (Tuitio fidei et obsequium pauperum, Difesa della fede e servizio ai poveri), Valentini ne ricostruisce le vicende storiche, ne inquadra la personalità giuridica internazionale (anche in relazione ai rapporti con la Santa Sede), spiega le origini e la natura dell’ordinamento giuridico, delinea i compiti dei responsabili e illustra quali sono le attività dei Cavalieri di Malta nel mondo contemporaneo.
Scopriamo così che l’Ordine di Malta, le cui origini risalgono all’XI secolo e sono legate alla difesa e all’assistenza dei pellegrini che visitavano la Terra Santa, non è soltanto uno dei più antichi ordini religiosi cattolici, ma è effettivamente (come Festing ha fatto presente in risposta alla commissione vaticana) un ente primario di diritto internazionale. La maggior parte dei circa 13500 membri attuali, tra cavalieri e dame, sono laici, tutti votati all’esercizio della carità cristiana, ma ci sono anche consacrati, come lo stesso Matthew Festing.
Si diventa membri dell’Ordine per cooptazione e in passato, per tradizione, i Cavalieri di Malta appartenevano alla nobiltà, ma oggi i nobili sono una minoranza. Possono essere ammesse solo persone di provata fede e pratica cristiana, in possesso di indiscussa moralità, che abbiano acquisito meriti nei confronti dell’Ordine.
Oggi l’Ordine di Malta opera soprattutto nell’ambito dell’assistenza medica e sociale e nel campo degli interventi umanitari. Più di centoventi i paesi nei quali è impegnato, anche grazie ai rapporti diplomatici allacciati con centoquattro Stati. Numerose le strutture gestite: ospedali, ambulatori, centri medici, istituti per anziani e disabili, case per i malati terminali.
Quando nel mondo avvengono calamità naturali, come terremoti e inondazioni, il Malteser International, l’agenzia di soccorso dell’Ordine di Malta, è sempre in prima linea. Attraverso il Ciomal (Comitato internazionale dell’Ordine di Malta) viene poi svolta attività di assistenza per i malati di lebbra, malattia ancora presente in diverse regioni del mondo.
Al vertice dell’Ordine c’è il Gran Maestro, eletto a vita dal Consiglio Compìto di Stato, assistito dal Sovrano Consiglio, i cui membri sono eletti dal Capitolo Generale, l’assemblea dei rappresentanti dei membri dell’Ordine, che si riunisce ogni cinque anni.
Il finanziamento delle attività avviene principalmente grazie alla generosità dei membri e a donazioni private. In alcuni paesi ci sono convenzioni con i governi locali. Per l’attività nei paesi più poveri l’Ordine dispone anche di aiuti finanziari da parte della Commissione Europea e altre organizzazioni internazionali.
Le sedi centrali (che godono di extraterritorialità) sono a Roma: nel Palazzo Magistrale, in via dei Condotti, risiede il Gran Maestro e si riuniscono gli organi di governo; nella Villa Magistrale, sull’Aventino, hanno sede il Gran Priorato di Roma, che riunisce i membri dell’Ordine nell’Italia centrale, e l’ambasciata dell’Ordine di Malta presso la Repubblica italiana.
Nel suo libro Piero Valentini affronta una questione delicata, ancor più rilevante alla luce degli ultimi avvenimenti: come possono conciliarsi le prerogative sovrane, paragonabili a quelle di un vero e proprio Stato (sia pure senza territorio) con i caratteri sacri e apostolici di un ordine religioso sottoposto all’autorità della Chiesa? Come armonizzare le esigenze del diritto internazionale e quelle del diritto canonico?
La risposta sta nella sentenza cardinalizia di papa Pio XII (24 gennaio 1953), con la quale si è stabilito in via definitiva che la Santa Sede riconosce l’Ordine di Malta come soggetto di diritto internazionale e che, di conseguenza, «le relazioni tra le due istituzioni non possono essere circoscritte nell’ambito del solo diritto canonico, ma devono necessariamente essere regolate dalle norme e dalla prassi proprie del diritto internazionale pubblico».
In pratica, la sentenza cardinalizia del 1953 sancisce che l’Ordine di Malta dipende dalla Santa Sede in quanto istituto di vita consacrata (quindi per quanto concerne le competenze religiose e spirituali dei suoi membri consacrati), mentre, in quanto ente equiparato a uno Stato sovrano, è indipendente dalla Santa Sede nell’ambito dei rapporti diplomatici.
Abbiamo dunque una doppia configurazione giuridica, all’interno della quale, come si può immaginare e come stiamo vedendo in questi giorni, ci sono margini di manovra per chi volesse far prevalere l’una o l’altra.
È da notare comunque che nell’Annuario pontificio, dove sono elencati tutti gli organismi della Santa Sede, l’Ordine di Malta è citato non fra gli ordini religiosi, ma tra le ambasciate degli Stati accreditati presso la Santa Sede.
Lasciamo ora il libro di Piero Valentini, i cui contenuti vanno ben oltre i brevi cenni possibili qui, e torniamo alla lettera inviata dal cardinale Parolin il 25 gennaio ai membri del Sovrano consiglio.
Nella lettera il segretario di Stato annuncia: «Per aiutare l’Ordine nel processo di rinnovamento che si vede necessario, il Santo padre nominerà un Suo Delegato personale con i poteri che definirà nello stesso atto di nomina».
Dunque, secondo il papa è necessario un «processo di rinnovamento», e tale processo sarà guidato dal pontefice attraverso un suo rappresentante. Rinnovamento verso dove? Con quali scopi? In base a quali princìpi?
Al momento non lo sappiamo, però è chiaro che il papa vuole dei cambiamenti sostanziali, vuole dirigerli direttamente e ritiene dunque di avere la potestà giuridica che gli consente di farlo, ben al di là della competenza, sul solo piano religioso e spirituale , relativa ai membri dell’Ordine che emettono i voti monastici.
Prosegue il cardinale Parolin: «Il Santo Padre, sulla base dell’evidenza emersa dalle informazioni da Lui assunte, ha determinato che tutti gli atti compiuti dal Gran Maestro dopo il 6 dicembre 2016 sono nulli e invalidi. Così anche quelli del Sovrano Consiglio, come l’elezione del Gran Cancelliere ad interim».
Il 6 dicembre 2016 è il giorno nel quale il gran maestro Matthew Festing, nel pieno possesso della sua sovranità e alla presenza del gran commendatore Ludwig Hoffmann von Rumerstein e del rappresentante del papa, cardinale Raymond Leo Burke, ha contestato al gran cancelliere Albrecht Freiherr von Boeselager i comportamenti scorretti e lo ha invitato alle dimissioni. Dopo di che, l’abbiamo detto, Boeselager, nonostante il voto di obbedienza, ha rifiutato, e lo ha fatto anche quando Festing s’è visto obbligato a trasformare l’invito in un ordine.
Ora è chiaro che annullare e rendere invalidi tutti gli atti compiuti da Festing e dal Sovrano Consiglio dopo quella data, compresa l’elezione del Gran Cancelliere ad interim, significa non solo sconfessare e azzerare totalmente il governo dell’Ordine ma infliggergli già, di fatto, una pesante sanzione. Il modo più netto per affermare che chi comanda è il papa.
Da notare poi che nella lettera del segretario di Stato non c’è una sola espressione di ringraziamento, come di solito avviene in queste occasioni, nei confronti di Festing per il lavoro svolto. La lettera infatti si conclude così: «Il Santo Padre, riconoscendo i grandi meriti dell’Ordine nel realizzare tante opere per la difesa della fede e al servizio dei poveri e degli ammalati, esprime tutta la sua sollecitudine pastorale verso di esso e auspica la collaborazione di tutti in questo momento delicato e importante per il futuro. Il Santo Padre benedice tutti i membri, volontari e benefattori dell’Ordine e li sostiene con la Sua preghiera».
Su Festing, insomma, è caduta la mannaia, ma anche sull’Ordine intero il pugno del papa si fa sentire.
Prima di chiudere, sembra opportuno ricordare le parole che Benedetto XVI rivolse ai membri dell’Ordine di Malta il 9 febbraio 2013 (appena due giorni prima della sua rinuncia al pontificato), quando, con un «affettuoso pensiero» a tutti, espresse gratitudine per l’opera svolta a favore dei più bisognosi. Interessante notare, in particolare, quanto papa Ratzinger disse ricordando i primi passi dell’Ordine: «L’occasione di questo incontro è data dal nono centenario del solenne privilegio Pie postulatio voluntatis del 15 febbraio 1113, con cui Papa Pasquale II poneva la neonata “fraternità ospedaliera” di Gerusalemme, intitolata a San Giovanni Battista, sotto la tutela della Chiesa, e la rendeva sovrana, costituendola in un Ordine di diritto ecclesiale, con facoltà di eleggere liberamente i suoi superiori, senza interferenza da parte di altre autorità laiche o religiose».
Si notino le espressioni «… e la rendeva sovrana», «con facoltà di eleggere liberamente…», «senza interferenze…».
Poi, in un altro passaggio, Benedetto XVI, ricordando il motto «Tuitio fidei et obsequium pauperum», disse: «Queste parole ben sintetizzano il carisma del vostro Ordine che, come soggetto di diritto internazionale, non ambisce ad esercitare poteri ed influenze di carattere mondano, ma desidera svolgere in piena libertà la propria missione per il bene integrale dell’uomo, spirito e corpo, guardando sia ai singoli che alla comunità, soprattutto a coloro che più hanno bisogno di speranza e di amore».
Si noti: «… come soggetto di diritto internazionale», «in piena libertà».
Staremo a vedere.
Aldo Maria Valli