L’uomo è vestito di bianco. Si avvicina e dice: «Tu stai uccidendo la mia gente! Io so che mi ucciderai, ma ti do la mia Bibbia».
La visione è raccontata da un ex militante jihadista dell’Isis. Dice che in seguito a questo sogno, ricorrente, si è sentito triste, a disagio per ciò che stava facendo, per aver ucciso dei cristiani. Di qui la decisione di leggere la Bibbia e, infine, la conversione.
La storia è stata raccontata al «The Voice of The Martyrs Radio Network», emittente di «Voice of the Martyrs», organizzazione missionaria che assiste i cristiani perseguitati nel mondo. Ma non sarebbe che un caso tra molti, perché pare che le conversioni dalla fede musulmana al cristianesimo siano in aumento, anche fra coloro che in precedenza hanno ucciso e perseguitato i cristiani.
Ma si può parlare di conversioni su larga scala? Se lo chiede il «Catholic Herald» in un articolo («Are Jihadists really turning to Christianity?») nel quale, pur sostenendo che occorre essere cauti, si sottolinea quanto ha riferito tempo fa l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, che ha parlato di un notevole aumento di convertiti dall’Islam tra i battezzati adulti nella sua arcidiocesi.
Anche in Germania del resto si sta registrando un fenomeno simile, con numerosi profughi musulmani che si rivolgono alle comunità cristiane, sia protestanti sia cattoliche, per ricevere il battesimo. In maggioranza si tratta di afghani, siriani e iraniani, appartenenti all’Islam sciita. Non è escluso che fra loro ci sia chi chiede il battesimo per essere facilitato nell’ottenimento dell’asilo, perché rimandare indietro un ex musulmano convertito al cristianesimo vuol dire condannarlo, quanto meno, a essere perseguitato e discriminato. Tuttavia i cristiani tedeschi che ricevono le richieste di battesimo sostengono che nella maggior parte dei casi si tratta di conversioni sincere: quando un musulmano conosce il cristianesimo da vicino e ne scopre il messaggio d’amore può esserne effettivamente conquistato.
Un altro caso balzato agli onori delle cronache è quello, di cui ha riferito il «New York Times», del signor Bashir Mohammad, di Istanbul, e di sua moglie Rashid. Anche in questo caso ci sono di mezzo dei sogni, interpretati dalla coppia come segnali di incoraggiamento verso la conversione.
Nell’articolo («The Jihadi who turned to Jesus») si spiega che Bashir Mohammad, ex combattente di al-Nusra (il gruppo armato jihadista salafita impegnato nella guerra in Siria e nel Libano, fino all’anno scorso affiliato ad al-Qaeda), è stato conquistato dal messaggio d’amore del cristianesimo, e lo stesso vale per la moglie.
Entrambi hanno fatto sogni che li hanno turbati ma che, nello stesso tempo, hanno mostrato loro la via della conversione, ed ora riferiscono di provare una grande pace. La differenza fondamentale rispetto a prima, spiegano, è che ora si sentono amati: «Prima il culto avveniva nella paura. Ora tutto è cambiato».
Secondo il «New York Times» il caso di Bashir Mohammad e della moglie non è isolato, ma indica una tendenza. E si tratta di qualcosa che dobbiamo prendere in considerazione molto seriamente, sostiene il sacerdote Alexander Lucie-Smith, docente di teologia morale, nel suo articolo sul «Catholic Herald».
Se nel caso del jihadista di cui parla «Voice of the Martyrs» abbiamo solo un racconto senza il nome del protagonista, nel secondo caso abbiamo nomi e cognomi, anche se l’uomo e la moglie sono stati fotografati in modo da non mostrare i volti. «Dobbiamo pregare e sperare», scrive Alexander Lucie-Smith. «Queste storie ci offrono diverse indicazioni su come fare evangelizzazione con i musulmani. Se metteremo l’accento soprattutto sull’amore di Dio, la tendenza, ne sono certo, continuerà».
Tempo fa un’analisi pubblicata dall’«Interdisciplinary Journal of Reserach on Religion» ha parlato di un incremento globale di conversioni dall’Islam al cristianesimo. Difficile quantificare, ma si parla di milioni di persone in tutto il mondo.
Lo studioso Dudley Woodbury, docente al Fuller Theological Seminary di Pasadena, California, confermando la tendenza, ha spiegato che le ragioni all’origine delle conversioni sono essenzialmente le seguenti: l’amore nelle relazioni tra cristiani e non cristiani; il trattamento paritario fra uomini e donne; la potenza dimostrata dal Dio dei cristiani nel rispondere alle preghiere dei fedeli; la disaffezione verso il Corano e un Dio punitivo; la verità spirituale che gli ex musulmani trovano nella Bibbia; l’amore manifestato da Gesù con la sua vita e la sua morte.
Anche Woodbury conferma che che nelle conversioni ricorre spesso il fenomeno dei sogni e che il fenomeno è diffuso ovunque, nel Nord Africa come in Asia e in Indonesia.
Molti altri indicatori dicono che le conversioni dall’Islam al cristianesimo sono in aumento. In Algeria, per esempio, la stampa conduce periodicamente campagne per scoraggiarle, il che non avverrebbe se non fossero in crescita.
Spesso si parla del rapido aumento numerico dei musulmani nel mondo, ma bisognerebbe precisare che non si tratta tanto di una libera scelta quanto di una conseguenza della crescita demografica. In realtà, quando un musulmano adulto, dopo aver conosciuto il cristianesimo da vicino, ha la possibilità di fare una libera scelta, non è raro il caso della conversione.
Secondo il teologo evangelico Wolfgang Simson, negli ultimi vent’anni ci sono state più conversioni dall’Islam al cristianesimo che in tutti i secoli precedenti. E pare che negli Stati Uniti gli interventi televisivi di padre Zakaria Botros, prete copto che discute da un punto di vista cristiano gli aspetti più problematici del Corano, come la guerra santa, la condizione delle donne e la lapidazione, portino a migliaia di conversioni. Non a caso un giornale arabo, «al-Insan al-Jadid» ha definito padre Botros il «nemico pubblico numero uno dell’Islam» e su di lui nel mondo islamico è stata messa una taglia di sessanta milioni di dollari.
Nella Nigeria settentrionale, a Pambegua, Stato di Kaduna, è sorto un centro per proteggere gli islamici convertiti al cristianesimo, persone in maggioranza appartenenti all’etnia Haussa e spesso sottoposte a minacce da parte dei familiari, perché secondo l’insegnamento tradizionale islamico l’apostasia va punita, anche con la morte.
«Anche in terra di emigrazione – spiega l’islamologo gesuita Samir Khalil Samir – l’apostata è oggetto di riprovazione, minacce o violenze da parte della comunità di appartenenza o della stessa famiglia. Da qui la necessità per i convertiti di vivere nella riservatezza. Nonostante tutto questo, il fenomeno dei musulmani che diventano cristiani, grazie anche alle tv satellitari e al web, è sempre più diffuso».
È curioso comunque che in Occidente, dove si è spesso pronti a enfatizzare i casi (pochi) di nordamericani o europei che diventano jihadisti, il fenomeno delle conversioni dall’Islam al cristianesimo passi sotto silenzio. Certamente ci sono ragioni di sicurezza che consigliano prudenza e riservatezza. Ma sotto il profilo religioso e sociologico sarebbe interessante saperne di più.
Aldo Maria Valli