Forse avrete visto la foto che mostra il padre Arturo Sosa, generale dei gesuiti, mentre prega in un tempio buddista, circondato da monaci. L’immagine è stata pubblicata con compiacimento dai gesuiti stessi, accompagnata da un commento nel quale si spiega che il padre Sosa è «el primer Superior Jesuita en bautizarse budista», ovvero il primo superiore gesuita che si è battezzato buddista.
La foto in questi giorni sta circolando in tutto il mondo, suscitando, a seconda dei casi, soddisfazione oppure sconcerto, tristezza o addirittura sgomento. Ognuno è libero di giudicare come vuole.
Io credo, in ogni caso, che i nostri amici buddisti vadano ringraziati per questa foto che ci hanno regalato. Dirò perché, ma prima qualche nota a margine.
La prima riguarda il presunto «battesimo buddista» che il padre Sosa avrebbe ricevuto. Ora voi sapete meglio di me che non esiste un battesimo buddista, anche perché il buddismo non è propriamente una religione, in quanto non riconosce un dio. Il buddismo è un modo di essere, una filosofia di vita, un sistema etico e spirituale che ha l’obiettivo di permettere la piena realizzazione dell’individuo in vista del raggiungimento della felicità. Quando prega, il buddista non si rivolge a un dio, ma cerca l’armonia con la natura e l’universo, ed è questo lo scopo ultimo della preghiera, non il dialogo né l’unione con un dio, tanto che, secondo alcuni, quella del buddismo sarebbe una visione radicalmente atea, perché, semplicemente, la devozione nei confronti di un dio non è presa in considerazione nel cammino verso la piena realizzazione di sé. Può esserci, ma può anche non esserci.
Stupisce, quindi, e non poco, che un organo ufficiale dei gesuiti parli di «battesimo buddista». A meno che i gesuiti, in questo caso, non abbiamo usato l’espressione «battesimo» in senso lato, per dire «la prima volta», come anche noi qualche volta facciamo in espressioni come «battesimo del fuoco» o «battesimo del volo». Ma andiamo avanti.
Stupiscono molto meno le cose che il padre Sosa ha detto incontrando gli amici buddisti in una conferenza in Cambogia, dedicata, ovviamente, al dialogo «tra i buddisti e i cristiani che lavorano per la pace». Nelle parole del generale dei gesuiti troviamo tutto il repertorio che ormai possiamo definire classico: no alla diversità, no alla paura della differenza, no alla costruzione di muri, sì alla realizzazione di ponti, no alla violenza. In modo altrettanto prevedibile, Sosa ha ringraziato i monaci, ha detto di aver imparato molto da loro, li ha lodati per la saggezza, ha detto di aver ricevuto insegnamenti ai quali pensare ed ha aggiunto che è «profondamente consolante vedere come siamo uniti nel nostro desiderio di promuovere la pace e la riconciliazione nel mondo». È inoltre «confortante – ha aggiunto – vedere come condividiamo la consapevolezza che il cammino verso la pace inizia dall’interno, dalla profonda trasformazione dell’interiorità della persona, dalla crescita nel distacco e nell’amore-benevolenza».
E ancora: «Sono grato per ciò che i miei fratelli gesuiti fanno per promuovere il dialogo con il buddismo qui in Cambogia, sia a livello di scambio accademico, sia nella preghiera comune o nello standard condiviso di vita e di azione al servizio dei poveri. Grazie per la testimonianza significativa e ispiratrice di come vivete la nostra missione di riconciliazione».
Naturalmente non poteva mancare un riferimento al papa Francesco. Eccolo: «Tra le tante cose che ho imparato da Papa Francesco, c’è la sua insistenza sull’importanza di creare una cultura dell’incontro. Utilizza sempre questa espressione. Egli ritiene che nel nostro mondo diviso, nel quale alcuni vogliono costruire muri, occorra promuovere l’incontro, senza paura e nel rispetto: persone che incontrano persone, ascoltandosi reciprocamente, costruendo relazioni e amicizie».
Ecco qua. Ripeto: sono parole che non stupiscono. Perché sono le solite. E non stupisce nemmeno che il generale dei gesuiti, salutando e ringraziando gli amici buddisti, non accenni minimamente al suo Dio, il Dio della Bibbia, e al Figlio di Dio, quel Gesù rispetto al quale lo stesso Sosa, non molto tempo fa, ha detto che non possiamo essere del tutto sicuri di quanto ha insegnato, perché a quei tempi gli evangelisti non avevano un registratore. E l’idea di Verità? E l’idea di Chiesa, di unica Chiesa del Signore? Figuriamoci. Nella Neochiesa non si parla di queste cose.
Insomma, tutto nella norma, tutto secondo previsioni, tanto che i testi di certi discorsi, ormai, assomigliano ai prestampati in uso nelle amministrazioni burocratiche, dove basta cambiare la data, l’intestazione e i nomi, tanto i concetti sono sempre gli stessi.
Ma allora, direte voi, perché stare qui a occuparsi del padre Sosa e della sua corrispondenza d’amorosi sensi con i buddisti?
Beh, ecco, vi consiglio di dare un’occhiata alla fotografia pubblicata dagli stessi gesuiti. Qui non posso metterla, ma basta andare, per esempio, nel sito «onepeterfive», dov’è pubblicata a corredo di un articolo del sempre efficace Steve Skojec, intitolato « Jesuit Website Refers to Fr. Sosa as the First Superior General to “Baptize Himself a Buddhist”».
Guardiamola bene, quella foto. Un’immagine, a volte, può valere più di tante parole, ed è questo il caso. Eccolo lì, il padre Sosa, successore di sant’Ignazio, in mezzo ai monaci. Accanto a sé ha un altro gesuita. Entrambi sono scalzi e seduti alla maniera buddista. La foto è stata scattata in un tempio e ci sembra di udire i tipici canti, innalzati allo scopo di ottenere la pace interiore e la liberazione dalle passioni. Osserviamo il volto del padre Sosa e il suo atteggiamento. È in raccoglimento! Ha le mani giunte! E non ride!
Di solito non abbondo con i punti esclamativi, ma qui faccio un’eccezione. Credo sia la prima foto, fra tutte quelle che ho visto, nella quale il nuovo generale dei gesuiti sta pregando, ha le mani giunte e non si sta sganasciando dalle risate. Ovviamente non è vestito da prete, ma insomma non è che si può avere tutto.
Nel momento in cui il fotografo scatta, il padre Sosa si rende conto di essere finito nell’obbiettivo e lo guarda. Tuttavia non perde la concentrazione e mantiene una compostezza esemplare. Perfino i baffetti bianchi, che di solito, sul volto sorridente del generale, hanno un che di malandrino, in questa occasione mostrano un contegno del tutto nuovo.
Ecco, questa è la notizia: vediamo il generale dei gesuiti in raccoglimento, con la faccia seria e addirittura con le mani giunte!
Che cosa starà pensando? Starà pregando? E, se sta pregando, a quale divinità si sta rivolgendo? Non lo sappiamo, ma in fondo ha poca importanza. La notizia è che il padre Sosa qui è serio!
E per questo non finiremo mai di ringraziare i buddisti.
Aldo Maria Valli