Tra i firmatari (nel momento in cui scrivo siamo a quota 146) della «Correctio filialis de haeresibus propagatis» resa nota lo scorso 24 settembre c’è un vescovo, René Henry Gracida, novantaquattro anni, che nel suo blog (https://abyssum.org/2017/09/27/why-we-signed-the-filial-correction/) ha voluto spiegare le ragioni della scelta.
Nato a New Orleans nel 1923, figlio di un architetto e ingegnere di origine messicana, Gracida prese parte alla seconda guerra mondiale nell’aviazione degli Stati Uniti, sui bombardieri impegnati in Europa contro il nazismo. Trentadue le sue missioni: una storia che impressionò Giovanni Paolo II.
Sacerdote dal 1959, nel 1983 fu nominato vescovo della diocesi di Corpus Christi e dal 1997, al compimento del settantacinquesimo anno di età, è diventato vescovo emerito.
Il testo con il quale illustra il perché della decisione di firmare la «Correctio filialis» è cristallino.
«Alcuni amici – scrive Gracida – mi hanno chiesto i motivi per cui ho scelto, domenica scorsa, di firmare la correzione filiale. Sinceramente mi sorprende che qualcuno senta il bisogno di chiederlo, perché la risposta è semplice e, spero, è evidente: amo la Chiesa».
«Amo la Chiesa – prosegue – in quanto corpo mistico di Cristo. Amo la Chiesa come comunità di uomini e donne fedeli, giovani e vecchi, liberali e conservatori. Mi dispiace vedere che le persone soffrono, come soffro anch’io, per la crisi che affligge la Chiesa».
Secondo Gracida, la correzione filiale «è così ben scritta, così rispettosa, così completa, così dettagliata» nello spiegare i fondamenti delle critiche a formulazioni tanto eterodosse da sconfinare nell’eresia, che «mi aspetterei che molti dei miei fratelli vescovi fossero felici di firmarla». Così, «forse ingenuamente, ho pensato che la mia firma potesse incoraggiare altri vescovi a rendere pubblici i loro punti di vista», ma «molti sono timidi e temono ritorsioni da parte di Roma».
Gracida ricorda la situazione del quarto secolo, un’epoca di profondissima crisi per la retta dottrina, quando sant’Atanasio, con pochissimi altri fedeli, riuscì a difendere la fede dall’arianesimo. In quel tempo, spiega, furono i laici ad aiutare il vescovo Atanasio e il papa, e anche oggi i laici, «che soffrono così tanto a causa di una cattiva leadership o della mancanza di leadership, meritano di vedere da parte di altri vescovi l’annuncio del loro appoggio alla correzione».
«Mi è stato chiesto anche quello che avverrà se non sarà data risposta alla correzione o ai “dubia”. Mi dispiace dover rispondere che non credo ci sia qualcosa che gli uomini possono fare; la soluzione della crisi dipende interamente da Nostro Signore Gesù Cristo».
Sento già l’obiezione: monsignor Gracida ha più di novant’anni, appartiene a un’altra epoca e a un’altra Chiesa.
E allora ecco una seconda testimonianza. Quella di don Andrew Pinsent, cinquantuno anni, della diocesi di Brighton in Inghilterra (http://www.catholicherald.co.uk/commentandblogs/2017/09/27/bishop-gracida-and-fr-andrew-pinsent-why-we-signed-the-filial-correction/).
È un punto di vista interessante perché Pinsent, direttore per la ricerca del Centro Iam Ramsey di Oxford su scienza e religione, oltre che sacerdote, teologo (laureato alla Gregoriana) e filosofo, è scienziato, con una laurea in fisica.
«Ho firmato la correzione – spiega – non per mancanza di rispetto filiale nei confronti del Santo Padre, ma a causa della gravità della situazione. La correzione è un passo coerente con l’insegnamento di Gesù Cristo (Matteo 18,15-17) e San Paolo che affronta San Pietro (Gal. 2:11), e fa seguito a una serie di petizioni rimaste senza risposta fin dal 2015».
Pinsent, che non esita a definire «manipolato in modo ridicolo» l’ultimo sinodo, oltre a ricordare tutte le iniziative volte a fare chiarezza ma rimaste senza riscontro da parte di Santa Marta, afferma che «come ha recentemente avvertito il professor Josef Seifert, prima di essere licenziato a causa delle sue posizioni, ci troviamo di fronte al rischio di una totale distruzione degli insegnamenti morali della Chiesa cattolica».
«Vorrei aggiungere – spiega il sacerdote scienziato – che le contraddizioni ora introdotte negano la ragione stessa e sono catastrofiche per la missione della Chiesa», che resta quella di «offrire salvezza alle anime».
«Dal momento che ho donato la mia vita al sacerdozio esclusivamente per la salvezza delle anime, ho dovuto aggiungere il mio nome alla correzione».
Prima di chiudere, visto che abbiamo accennato a sant’Atanasio, vorrei ricordare il bel profilo che ne tracciò Benedetto XVI nella catechesi del 20 giugno 2007, conclusa con una citazione dalla «Deus caritas est» (n. 42): la vita di quel vescovo, come quella di altri innumerevoli santi, «ci mostra che “chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino”».
Aldo Maria Valli