Perché papa Francesco non ha ancora visitato la sua Argentina e, a quanto pare, non lo farà neppure nel 2018?
La domanda tiene banco nel paese natale di Bergoglio, e non solo, dopo che il Vaticano ha fatto sapere che neppure per l’anno prossimo è in programma un viaggio a Buenos Aires.
Sicuramente, scrive Sergio Rubin sul «Clarín», molti argentini interpretano l’annuncio vaticano come conferma del fatto che il pontefice non ha simpatia nei confronti del presidente Mauricio Macri, ma è più probabile che la precisazione del portavoce papale, Greg Burke, sia arrivata per fare chiarezza dopo che diversi esponenti della Chiesa argentina avevano dato quasi per certa la visita nel corso del prossimo anno, una previsione che in Vaticano non è stata gradita, perché interpretata come una forma di pressione sul papa.
Era stato il presidente dei vescovi argentini, monsignor José María Arancedo, ad alimentare le speranze con alcune dichiarazioni a «La Nación», ma a quanto pare per Francesco il momento non è ancora propizio.
Quello che in Argentina viene definito un grande mistero paragonabile alla Santa Trinità (la battuta è del cardinale Poli, successore di Bergoglio a Buenos Aires) sembra dunque destinato a restare tale.
Secondo Rubin il governo è favorevole al viaggio, ma evita accuratamente ogni forma di incoraggiamento proprio per evitare che eventuali dichiarazioni possano essere lette dalla Santa Sede come forma di pressione.
Nel mese di agosto il capo di stato maggiore Marcos Peña, pur ammettendo di aver avuto un rapporto complicato con Bergoglio quando il futuro papa era arcivescovo di Buenos Aires, ha elogiato il pontefice e ha detto che una sua visita sarebbe una cosa meravigliosa per tutti gli argentini. Allo stesso tempo però ha tenuto a precisare che non si tratta di un argomento di discussione da affrontare con la stampa.
Comunque sia, commenta Rubin, resta il problema delle forti tensioni politiche che attraversano il paese, e forse è lì che vanno ricercate le cause della mancata visita papale.
Monsignor Víctor Manuel Fernández, rettore dell’Universidad Catolica Argentina, uno dei vescovi più vicini a Francesco, ha detto al quotidiano «La Voz», di Cordoba: «Alcune delle cose che il papa dice, alcune delle sue preoccupazioni, sono fraintese. L’Argentina sta attraversando un periodo di eccessiva polarizzazione e tensione e si teme che la sua presenza possa essere usata per esacerbare ulteriormente questa divisione».
Il punto, commenta Rubin, è dunque abbassare la tensione. E questa è la scommessa del governo, della Chiesa in Argentina, del Vaticano e del papa stesso. Tra i vescovi è in corso un processo di rinnovamento. Ci sono e ci saranno incontri con esponenti politici, uomini d’affari, sindacalisti. Il clima insomma non è quello ideale per una visita del papa e prima occorre dare stabilità al paese.
Sulla mancata visita si interroga anche Mariano De Vedia, che sulla «Nación» riferisce le parole di monsignor Carlos Malfa, segretario delle Conferenza episcopale argentina: «Lo attendiamo sempre e lo accompagniamo con la nostra preghiera filiale e fraterna. Lui sa che lo stiamo aspettando».
Alle porte ci sono scadenze che evidentemente hanno spinto Francesco a rinviare il viaggio. Il 22 ottobre ci saranno le elezioni legislative, mentre a novembre i vescovi rinnoveranno le loro cariche.
Il cardinale Mario Poli è in predicato per sostituire Arancedo alla guida della Conferenza episcopale. Un altro candidato è il vescovo di San Isidro, e presidente della Caritas, Oscar Ojea. Nel comitato esecutivo potrebbero entrare Jorge Lozano, responsabile della pastorale sociale, e lo stesso Víctor Fernández, rettore dell’Università Cattolica Argentina.
«Francesco certamente verrà quando la sua visita potrà far bene al popolo argentino», dice monsignor Malfa. «La preoccupazione fondamentale del papa è che in Argentina ci sia un clima di pacificazione politica e sociale. Francesco non vuole generare false aspettative. Anche se ha una grande resistenza fisica, un viaggio apostolico resta molto faticoso e il papa privilegia quelli che al momento sembrano più strategici per la Chiesa universale. Non significa che non verrà, ma che preferisce discernere quando sarà il momento giusto».
Finora i viaggi apostolici internazionali di Francesco sono stati diciannove e sette i paesi sudamericani visitati: Brasile (luglio 2013), Ecuador, Bolivia e Paraguay (luglio 2015), Cuba (settembre 2015), Messico (febbraio 2016) e Colombia (settembre 2017). Dal dal 15 al 21 gennaio 2018 inoltre sarà in Cile e Perù, con visite a tre città cilene (Santiago, Temuco e Iquique) e tre peruviane (Lima, Puerto Maldonado e Trujillo).
Nel febbraio 2016 Francesco ha ricevuto il presidente argentino Macri, accompagnato dalla moglie. Il colloquio durò ventidue minuti e agli osservatori non sembrò particolarmente cordiale, specie nelle sue fasi iniziali.
L’anno scorso l’osservatorio sul disagio sociale e la povertà che fa capo all’Università Cattolica di Buenos Aires presentò i risultati di una ricerca che preoccupò molto il papa. Dedicata all’evoluzione dello spaccio di droga nel paese, evidenziò come le famiglie colpite siano passate dal trenta per cento del 2010 al quarantacinque per cento nel 2014.
Scrisse in quell’occasione l’«Osservatore Romano»: «I quartieri periferici, dove spesso i genitori sono disoccupati e i figli non hanno futuro, sono i maggiori incubatori del narcotraffico, che si sta espandendo senza freni soprattutto nella periferia di Buenos Aires, e in quelle di Córdoba e Rosario, anche in assenza di adeguate azioni di contrasto».
Il presidente della Conferenza episcopale, José María Arancedo, più volte ha denunciato il lavoro ridotto a merce, quasi fosse soltanto «un anello della catena finanziaria», ha messo in guardia dall’inflazione crescente ed ha chiesto lavoro dignitoso e investimenti.
Da parte sua il vescovo Jorge Casaretto, da sempre attento ai problemi sociali, ha sostenuto che l’obiettivo della «povertà zero» dichiarato dal governo Macri non deve rimanere un proclama ma trasformarsi in azioni concrete, alla ricerca del bene comune.
Tanti i nodi da sciogliere, in attesa di Francesco
Aldo Maria Valli