Nella mia totale ingenuità pensavo che oggi, 20 novembre, fosse sant’Edmondo martire. Apprendo invece che è la Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza, istituita, ça va sans dire, dall’Onu. Non c’è niente da fare, non riesco a sintonizzarmi sulla lunghezza d’onda secolarizzata. Procedo con la mia vecchia agenda piena zeppa di santi e ignoro le Giornate mondiali: un peccato del quale prima o poi dovrò rispondere di fronte a qualche tribunale.
Comunque sia, visto che è la Giornata dell’infanzia e dell’adolescenza, sono andato a vedere di che si tratta (a dire il vero, non ho mai ben capito a che cosa servano tutte queste Giornate) e così ho scoperto che vuole essere un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica (perdonatemi l’espressione abusata, ma così dicono i promotori) sulla condizione di tanti bambini e adolescenti che nel mondo soffrono a causa di svariati problemi.
Come leggo su un noto periodico di costume, moda, cultura e politica, sono milioni i minori la cui infanzia è negata e occorre difendere i loro diritti: «Alcuni crescono in carcere, altri lavorano giorno e notte quando le loro mani sono così piccole da non riuscire nemmeno a stringere una mela, altri ancora crescono tra abusi che subiscono in silenzio. Ci sono i bambini che da quando sono nati conoscono solo la guerra, quelli che hanno paura a guardare il cielo perché temono che gli aerei portino solo bombe. Bambini soldato, baby prostitute, baby kamikaze. Ci sono quelli che attraversano il mare da soli, sbattono i denti in silenzio, nascosti nelle stive o aggrappati ai camion che varcano i confini di Paesi sconosciuti. Per tutti loro, il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Era il 1989 quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite firmava la Convenzione dei diritti dell’infanzia, approvata da tutti i paesi del mondo. Cinquantaquattro articoli per sancire e tutelare i diritti dei più piccoli: alla vita, alla salute, allo studio, alla parola che è libertà».
Molto bene. Tuttavia, nella mia totale ingenuità mi chiedo: quali sono i bambini meno tutelati di tutti? Quali sono i bimbi privati di ogni diritto, a partire dal diritto alla vita stessa? Quali i bambini che subiscono la violenza più brutale? Quali i più innocenti fra gli innocenti? Quali i bimbi che non possiedono nessunissima possibilità di far sentire la loro voce o il loro vagito? Quali i bimbi che non vedranno mai la luce? Quali i piccoli che non diventeranno né infanti né adolescenti?
La risposta è semplice: i bambini che vengono uccisi ancora prima di nascere. Anche loro hanno mani piccolissime. Anche loro subiscono abusi tremendi (quale abuso è più grande della negazione della vita stessa?), anche loro conoscono solo la violenza, anche loro non hanno alcuna possibilità di farsi sentire, e anche loro sono milioni e milioni. Però dei bimbi abortiti l’Onu non si cura.
Anzi, il nobile consesso, così prodigo di Giornate mondiali politicamente correttissime, non perde occasione di esortare i paesi membri a garantire l’accesso all’aborto nel modo più ampio possibile.
Allo stesso modo, dei bimbi vittime dell’aborto non si occupano neppure i noti periodici di costume, moda e cultura, sempre pronti a enfatizzare la portata delle varie Giornate mondiali escogitate dai pensatori delle Nazioni Unite. Non se ne occupa la grande stampa, non se ne occupano gli intellettuali specializzati in indignazione. E purtroppo in certi casi non se ne occupano neanche gli uomini di Chiesa, troppo impegnati a rincorrere la modernità.
E così, tanto per restare in argomento Onu, ci tocca pure (roba di qualche mese fa) subire rimbrotti, perché l’Italia, «a causa dell’elevato numero di medici che si rifiutano di effettuare aborti per motivi di coscienza, nonché per la distribuzione degli stessi in tutto il paese», non sarebbe in regola con il rispetto del diritto all’aborto, e quindi «lo Stato dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi abortivi legali sul suo territorio, anche prevedendo un sistema di riferimento efficace per le donne che sono in cerca dei servizi abortivi».
Ora, capite da chi arriva l’invito a mobilitarsi, tramite specifica Giornata mondiale, a favore di infanti e adolescenti? Un po’ come se il Gatto e la Volpe si facessero promotori di una Giornata mondiale per il rispetto dei diritti di Pinocchio, o Barbablù perorasse la causa delle mogli maltrattate.
Fra l’altro, nel loro report di rimbrotti e preoccupazioni rivolto all’Italia, i pensatori dell’Onu sostengono, senza vergogna, che in nome della libertà di pensiero e di espressione «lo Stato dovrebbe depenalizzare la bestemmia», eliminando la sanzione amministrativa che da noi ancora colpisce il bestemmiatore. E notate che la richiesta arriva dagli stessi secondo i quali l’Italia dovrebbe prevedere strumenti giuridici per contrastare i cosiddetti «hate speech», i discorsi d’odio, a danno di persone omosessuali e transessuali. Cioè: se l’«hate speech» è contro omosessuali e transessuali va sanzionato, se è contro Dio va liberalizzato.
Certe volte mi piacerebbe essere presente alle riunioni dei grandi pensatori Onu, per vederli all’opera mentre lanciano l’idea di una Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e cinque minuti dopo chiedono più contraccezione, più aborti, meno obiettori. Dissociazione mentale? No, progressismo.
Sant’Edmondo martire, prega per noi.
Aldo Maria Valli