Una volta mi chiesero di raccontare gli ultimi pontificati, da
Giovanni XXIII in poi, con una sola parola, una per ciascun papa.
Che richiesta assurda, direte. Condivido. Tuttavia accettai. E così,
senza stare a pensarci troppo, risposi: per Giovanni XXIII,
speranza; per Paolo VI, sofferenza; per Giovanni Paolo I, umiltà;
per Giovanni Paolo II, coraggio; per Benedetto XVI, verità.
Quando mi venne posta la domanda, sul soglio di Pietro c’era
ancora Joseph Ratzinger, il che mi evitò di dover fotografare con
una sola parola anche il pontificato di Francesco. Ma quello che qui
mi preme dire è che nel caso di Benedetto XVI non ebbi nemmeno
un nanosecondo di incertezza: la parola verità, secondo me,
racconta veramente, e più di ogni altra, la missione di Papa
Ratzinger.
Poi uscì Ultime conversazioni, il libro nel quale Benedetto XVI
risponde alle domande di Peter Seewald. Ed ecco che lì, a un certo
punto, spiegando come nacque, ai tempi di Monaco, il motto
episcopale del vescovo Ratzinger, ovvero Cooperatores veritatis, il papa
emerito dice: “Da molto tempo l’argomento verità è stato messo da parte
perché sembra troppo grande per l’uomo. Nessuno osa più dire ‘Possediamo la verità’, cosicché anche noi teologi abbiamo tralasciato sempre più il concetto di verità. In quegli anni di lotta, gli anni settanta, sono diventato sempre più consapevole che se lasciamo da parte la verità quale scopo ha tutto quanto? La verità deve restare sempre al centro. È vero che non possiamo dire: ‘Io posseggo la verità’, ma la verità possiede noi, ci ha toccato. E noi cerchiamo di farci guidare da questo contatto. Quando fui ordinato vescovo mi vennero in mente queste parole della terza lettera di Giovanni, che noi siamo ‘collaboratori della verità’. Con la verità, dato che è persona, si può collaborare. Per lei ci si può impegnare, cercare di farla valere. Mi sembrava che fosse la definizione autentica del mestiere del teologo: colui che è stato toccato dalla verità, che ha visto il suo volto, ora è disposto a mettersi al suo servizio, a collaborare con lei e per lei”.
Ecco, non bastassero i numerosi testi nei quali Joseph Ratzinger, sia
prima di diventare Papa sia dopo, si occupa della questione della
verità, mi sembra che queste sintetiche riflessioni siano sufficienti:
accostare al nome di Benedetto XVI proprio la parola verità è non
solo possibile, ma doveroso.
Solo che la parola verità è altamente problematica. E lo è soprattutto
in un mondo come l’attuale, nel quale l’idea che la verità possa
esistere, e abbia un nome, e sia possibile incontrarla, sembra
appartenere soltanto ad alcuni patetici illusi. Di qui le difficoltà con
le quali il pontificato di Benedetto XVI ha dovuto confrontarsi. Di
qui il percorso a ostacoli che il mite teologo bavarese, divenuto
papa, è stato costretto ad affrontare: ogni giorno una sfida, un
contrasto, una polemica, un attacco.
Ma succede che le persone miti e un po’ timide, messe alla prova,
riescano a sfoderare una tempra insospettata, e così è stato per Papa
Ratzinger. Il quale, senza mai scomporsi, senza mai andare sopra le
righe, è riuscito veramente a essere non solo cooperatore, ma
testimone della verità. Ed ecco il motivo per cui i suoi numerosi
nemici hanno cercato in ogni modo di metterlo in difficoltà, di
screditarlo, addirittura di umiliarlo.
Nella strategia utilizzata per fiaccare Benedetto XVI un ruolo
centralissimo è stato giocato dal cosiddetto scandalo pedofilia, nel
quale molti hanno visto l’oggetto contundente ideale per colpire il
Papa della verità. Ne è scaturita un’autentica persecuzione, con
Joseph Ratzinger nella parte della vittima sacrificale. Una vicenda
all’interno della quale noi, i rappresentanti della stampa, ci siamo
spesso comportati come sicari.
È proprio di questa vicenda che parleremo nelle prossime pagine,
cercando di spiegare il perché della guerra scatenata contro
Benedetto XVI, svelando le modalità dell’attacco e mettendo in luce
la forza tranquilla del papa della verità, indomito lottatore gentile sul
fronte della buona battaglia di cui parla l’apostolo Paolo
Oltre che dalla volontà di rendere omaggio al papa della verità, il
libro nasce dalla necessità, della quale sono più che convinto, di
sottolineare quanto sia stata opportuna la grande proposta fatta da
Benedetto XVI all’umanità del nostro tempo. Ma forte, devo dirlo, è
anche un altro desiderio: quello di stare un po’ in sua compagnia.
Perché Benedetto XVI mi manca.
A.M.V.
Introduzione a Uno sguardo nella notte. Ripensando Benedetto XVI, Chorabooks, 2018
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