Anche padre James Martin, il gesuita noto per le sue posizioni pro LGBT, sarà fra i relatori al prossimo Incontro mondiale delle famiglie, in programma il 25 e 26 agosto a Dublino con la partecipazione di papa Francesco.
Nel programma ufficiale della visita l’intervento del padre gesuita è segnalato tra i momenti salienti del meeting. Tema della sua conferenza sarà vedere “in che modo le parrocchie possono sostenere le famiglie con membri che si identificano come LGBTI” (la sigla, lo ricordiamo, sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali, Intersessuati o Intersessuali).
Dei circa duecento relatori annunciati, hanno spiegato gli organizzatori, novantuno saranno donne laiche, sessantacinque laici e quarantaquattro religiosi. Il gruppo più numeroso sarà costituito da coppie. I relatori arriveranno da ogni parte del mondo. Tema guida dell’intero meeting l’Amoris laetitia di Francesco e la sua applicazione nei diversi contesti. Tra gli interventi previsti anche quello del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, uno dei porporati più in linea con Francesco. Inoltre, è stato annunciato, «ci saranno divertenti dimostrazioni culinarie legate ai temi della fede e della famiglia».
«La mia speranza – ha detto l’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin – è che l’Incontro mondiale delle famiglie aprirà alle famiglie una strada di rinnovata ispirazione, speranza e guarigione. L’Incontro arriva mentre la Chiesa in Irlanda lotta per trovare un nuovo posto nella società e nella cultura irlandesi, in una situazione molto diversa da quella del passato. Papa Francesco è soprattutto un uomo libero. Ci mostra che possiamo vivere in un mondo in cui la fede sembra marginale, riuscendo tuttavia a toccare i cuori sfidandoli a riflettere e a discernere sui valori fondamentali per la società».
Sempre molto attivo sui social, padre James Martin su Facebook si è detto felice per l’opportunità che gli è stata offerta. Precisando che l’invito gli è arrivato dal dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita, nonché dall’arcidiocesi di Dublino, scrive che si tratta di «un messaggio chiaro e potente da parte del Vaticano ai cattolici LGBT, ai loro genitori e alle loro famiglie: voi appartenete alla Chiesa e siete i benvenuti. Sono incredibilmente grato per questo invito, non tanto per quello che dice del mio ministero o di ciò che scrivo, ma per quello che dice ai cattolici LGBT, un gruppo di persone che da tanto tempo si sente escluso. Spero che vedano questo invito, approvato dal Vaticano, come segno inconfondibile di benvenuto da parte della Chiesa».
Non tutti però sono altrettanto felici. Padre Martin «provoca scandalo ovunque vada», dice per esempio a LifeSiteNews Austin Ruse, presidente del Centro per la famiglia e i diritti umani. «Egli dice di non sfidare l’insegnamento della Chiesa, tuttavia afferma che l’omosessualità non è disordinata ma semplicemente ordinata in modo diverso, e così facendo confonde i giovani. Ma non sorprende affatto che sia stato invitato a questo evento».
Sottolineando l’importanza della presenza di padre James Martin la rivista dei gesuiti degli Stati Uniti, America, che annovera Martin fra i suoi autori, scrive: «L’ultima volta che l’Incontro mondiale delle Famiglie si riunì, a Philadelphia nel 2015, le questioni LGBT furono in gran parte assenti dalla programmazione ufficiale. Ma gli organizzatori dell’evento di Dublino hanno detto per mesi che avevano in programma di coinvolgere famiglie con membri LGBT, anche se i loro sforzi non sono stati privi di polemiche».
L’estate scorsa gli organizzatori dell’evento pubblicarono un opuscolo di preparazione che includeva una sezione sulle persone LGBT, con immagini che mostravano coppie dello stesso sesso. «Papa Francesco – si leggeva – ci incoraggia a non escludere mai, ma ad accompagnare anche queste coppie, con amore, cura e sostegno». Poi, all’inizio del 2018, in seguito alle proteste di un gruppo pro-life, le immagini furono rimosse e il testo modificato.
Autore di Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community can enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity (Costruire un ponte: come la Chiesa Cattolica e la comunità LGBT possono instaurare una relazione di rispetto, compassione e sensibilità), padre Martin sostiene che, in base alla sua esperienza, «nessuno è così emarginato nella Chiesa cattolica come le persone LGBT. Nel corso degli anni mi hanno raccontato innumerevoli storie di commenti odiosi provenienti da sacerdoti, religiose e fratelli, diaconi e operatori pastorali. I cattolici LGBT spesso si sentono ignorati, ma si sentono anche insultati e esclusi dalle loro proprie chiese».
Di poche ore fa è la sua ultima presa di posizione gay friendly. Scrive infatti su Twitter, a proposito dei gay pride che si vanno susseguendo in varie parti del mondo: «I cattolici non hanno bisogno di essere diffidenti del mese dell’orgoglio di giugno. È un modo di essere per le persone LGBT, orgogliose poiché sono figli amati da Dio. Loro hanno famiglie che li amano come sono, e hanno il diritto di essere trattati con rispetto, compassione e sensibilità dopo anni di persecuzione».
E in un altro tweet: «Non tutti gli eventi #PrideMonth saranno per tutti i gusti, ma il punto di fondo è importante: le persone LGBT dovrebbero essere orgogliosi di quello che sono, dopo secoli di persecuzioni e violenze. Se hai amici #LGBT, di’ loro che li ami. Se non ne hai, chiediti perché no».
Infine: «Come possono unirsi i cattolici? Amando i loro fratelli LGBT, sorelle e fratelli. Ascoltando le loro lotte e sfide. Ricordando loro che sono amati figli di Dio. E celebrando la loro presenza nel nostro mondo. Sii orgoglioso di amarli! #PrideMonth #Pride2018».
In un articolo per il Wall Strett Journal (https://www.wsj.com/articles/how-catholics-can-welcome-lgbt-believers-1504221027) il cardinale Robert Sarah ha risposto alle tesi del padre Martin osservando fra l’altro: «Nel suo insegnamento sull’omosessualità, la Chiesa guida i suoi seguaci distinguendo le loro identità dalle loro azioni e attrazioni. In primo luogo ci sono le persone in sé, sempre buone perché sono figlie di Dio. Poi c’è l’attrazione per le persone dello stesso sesso, che non è peccaminosa in sé se non è desiderata o messa in pratica, ma che è comunque in contrasto con la natura umana. Esistono infine i rapporti tra persone dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminosi e pregiudizievoli per il benessere di chi li pratica. Le persone che si identificano come membri della comunità LGBT devono essere chiamate a questa verità con carità, soprattutto da parte del clero che parla a nome della Chiesa su questo argomento complesso e difficile. Prego perché il mondo ascolti finalmente la voce dei cristiani che sperimentano l’attrazione per le persone dello stesso sesso e hanno trovato pace e gioia vivendo la verità del Vangelo. Sono stato benedetto dai miei incontri con loro, e la loro testimonianza mi commuove profondamente».
Il cardinale Sarah ha scritto la prefazione al libro di Daniel Mattson Why I don’t call myself gay. How I reclaimed my sexual reality and found peace (Perché non mi definisco gay. Come ho recuperato la mia identità sessuale e trovato la pace), che si pone in netta alternativa alla visione di James Martin.
«La ragione più grande per cui rifiuto di definirmi gay – spiega Mattson – è semplice: penso che non sia oggettivamente vero. Focalizzarsi sui sentimenti porta le persone lontano dalla loro realtà di figli di Dio nati maschi e femmine. Dobbiamo imparare a distinguere la nostra identità dalla nostra attrazione sessuale, dal nostro comportamento. Non è quello che “sentiamo” che deve regolare la nostra vita, altrimenti passeremmo col semaforo rosso solo perché, appunto, ce lo “sentiamo”. Esiste una oggettiva verità che ci protegge, fatta per il nostro bene. Altrimenti sarebbe il caos: ci sono uomini che si sentono donne, donne che si sentono gatti, persone che sentono che non avrebbero dovuto nascere con le gambe e si sono fatte operare per amputarsele: è normale questo? L’esempio è estremo, ma è reale».
Nell’aprile 2017 Francesco ha nominato il padre James Martin consultore della Segreteria della comunicazione del Vaticano.
Aldo Maria Valli