Sigurdsson, chi era costui?
Partono i Mondiali di calcio e al tifoso, quale il sottoscritto è, si presenta un problema non di poco conto: in assenza dell’Italia, da che parte stare?
In questi casi io sto con i più deboli, quelli della quarta fascia. Ho fatto dunque un pensierino a Panama, ma alla fine ho scelto una squadra diversa, di terza fascia: l’Islanda.
Di questa formazione mi affascina tutto. A partire dai cognomi. Sentite qua la formazione: Halldorsson; Saevarsson, Arnason, R. Sigurdsson, Magnusson; Gudmundsson, Gunnarsson, G. Sigurdsson, Bjarnason; Finnbogason, Bodvarsson.
Che coerenza! Che compattezza! Tutti questi patronimici fanno capire che qui siamo di fronte alla tradizione, alla storia.
Ma ci sono molte altre ragioni per tifare Islanda. Pensate: il paese ha meno di 350 mila abitanti in tutto, e pare che le pecore siano il doppio degli umani. Ebbene, pur essendo così in pochi sono riusciti a mettere su una squadra che agli ultimi Europei, due anni fa, ha stupito il mondo pallonaro battendo i maestri inglesi e arrivando fino ai quarti di finale.
E pensare che molti di questi calciatori fanno anche altri lavori. Il portiere, per esempio, è un regista di spot e videoclip musicali. E l’allenatore fa il dentista.
Ma anche i tifosi sono simpatici e originali. Il Geyser Sound, il loro modo ritmato di battere le mani e ululare, è diventato famoso in tutto il mondo: un’esplosione di energia, proprio come succede con le eruzioni di acqua bollente tipiche della terra islandese, isola di origine vulcanica, geologicamente giovane e ancora instabile.
Dicono che il calcio si sia affermato nel paese dopo che il governo, anni fa, decise di diffonderlo tra i giovani per combattere alcolismo e tabagismo dilaganti. Gli investimenti sono stati notevoli (molti i campi riscaldati o coperti, a causa del clima) e i risultati si sono visti.
Il giocatore più importante, spiegano gli esperti, è Sigurdsson, esterno di grande qualità e abile nel battere i calci di punizione. Gioca in Inghilterra ed ha il compito di sostenere e servire assist a Finnbogason, la punta centrale. E a centrocampo c’è Bjarnason che ha giocato in Italia, nel Pescara.
Il valore di mercato dell’intera rosa dell’Islanda raggiunge i 74 milioni di euro, meno di quello del solo Higuain. Ma, come Italia insegna, avere giocatori altamente quotati non assicura automaticamente il successo.
L’Islanda fa del gruppo la sua forza. E quando scende in campo si può ben dire che con la squadra c’è tutta la nazione. Per la trasferta agli Europei in Francia fu seguita da ventimila tifosi, circa l’otto per cento della popolazione.
Giustamente orgogliosi delle loro origine nordiche, i responsabili della Federazione calcio islandese in occasione dei Mondiali di Russia 2018 hanno deciso di diffondere un video nel quale i calciatori sono ritratti come guerrieri vichinghi. Lo stile è da fumetto e non manca una dose di autoironia. Eppure, dentro e fuori il paese, i soliti paladini del politicamente corretto, senza sprezzo del ridicolo, sono insorti, parlando di “razzismo ariano” e “sciovinismo nazionalista”. Un motivo in più per tifare Islanda.
Che siano nordici lo si vede bene dall’aspetto. Ma il sangue è caldo, anzi caldissimo. Il telecronista Gudmundur Beneditksson è diventato famoso per le sue esultanze ai gol dell’Islanda: roba da far invidia ai colleghi sudamericani.
Del resto gli islandesi sono nordici un po’ atipici. “Petta reddast”, ripetono spesso. Ovvero: alla fine le cose s’aggiustano. Proprio come diciamo noi meridionali fatalisti.
L’Islanda è piena di sorprese. Pensate che il suo alfabeto di trentadue lettere è stato riformato nel 1974 con l’abolizione della zeta, sostituita dalla esse. Inoltre non possiede la C e la Q, ma in compenso ha caratteri per noi imperscrutabili, quali Ð, ð, Þ, þ, Æ, æ.
A proposito di lingua, avrete forse letto da qualche parte la parola islandese più lunga: vaðlaheiðarvegavinnuverkfærageymsluskúraútidyralyklakippuhringur. Vi risparmio la fatica: sono sessantaquattro lettere. E ha qualcosa a che fare con un anello portachiavi per la chiave esterna di non so che cosa.
Infine ci sono gli elfi. Ai quali, dicono le ricerche, crede l’ottanta per cento degli islandesi, tanto che nei giardini non è raro vedere casette dedicate ai piccoli e magici personaggi.
In questi giorni sto leggendo un giallo islandese. Si intitola I giorni del vulcano e l’ha scritto Ragnar Jónasson. Mi sta aiutando a capire meglio questo strano e affascinante paese, dove dal 2008 al 2011 una terribile crisi finanziaria mise al tappeto le banche ed ebbe pesanti ripercussioni sulla vita delle persone. Eppure avete mai sentito un islandese lamentarsi? Certo che no. I vichinghi non lo fanno. Si sono anzi rimboccati le maniche e ora l’Islanda è indicata come esempio da seguire su come uscire da una crisi economica.
Insomma, tiferò per l’Islanda. Ghiaccio e fuoco. Razionalità e istinto. Testa e cuore. E hanno pure la maglia azzurra!
Aldo Maria Valli