Essere cristiani nell’Europa occidentale
Anche se formalmente sono ancora cristiani, restano lontani dalle chiese, ma la religione continua ad avere un ruolo nella loro identità. Questo l’identikit dei cristiani nell’Europa occidentale, secondo il Pew Research Center, il più accreditato fra i centri di studio che si occupano di religione.
L’Europa occidentale, dove il cristianesimo protestante è nato e il cattolicesimo ha il suo centro, è diventata una delle aree più secolarizzate al mondo. Sebbene la stragrande maggioranza degli adulti affermi tuttora di essere battezzata, oggi molti europei sono di fatto pagani.
Secondo il sondaggio, intitolato Being Christian in Western Europe, i cristiani non praticanti (persone che si identificano come cristiane, ma frequentano la chiesa poche volte l’anno) sono ormai prevalenti rispetto ai praticanti (coloro che frequentano la chiesa almeno una volta al mese). Unica eccezione l’Italia.
Nel Regno Unito i cristiani non praticanti sono tre volte i cristiani che entrano in chiesa almeno una volta al mese.
Nell’Europa occidentale il numero dei cristiani non praticanti supera anche quello delle persone che ritengono di non avere alcuna affiliazione religiosa. Si tratta di coloro che si definiscono atei, agnostici o del tutto indifferenti rispetto alla religione.
Inoltre il rapporto mostra che nell’Europa occidentale ci sono molti più cristiani non praticanti rispetto alle persone di tutte le altre religioni (musulmani, ebrei, indù, buddisti, eccetera).
L’Europa può ancora dire di avere un’identità cristiana? E in che cosa si differenziano i cristiani non praticanti dagli europei che non si identificano con alcuna religione?
Lo studio del Pew Research Center afferma che nonostante tutto l’identità cristiana rimane un carattere significativo del cittadino europeo occidentale, anche tra coloro che raramente vanno in chiesa. E non si tratta di un’identità soltanto nominale.
Per esempio, sebbene molti cristiani non praticanti affermino di non credere in Dio così come è descritto nella Bibbia, tendono a credere in qualche altra autorità o forza spirituale. Al contrario, la maggior parte dei cristiani praticanti dicono di credere nella rappresentazione biblica di Dio, mentre una netta maggioranza di adulti religiosamente non affiliati non crede in alcun tipo di autorità superiore o forza spirituale regolatrice dell’universo.
A sorpresa, i cristiani non praticanti tendono ad esprimere opinioni più positive che negative verso le Chiese e le organizzazioni religiose, affermando che esse svolgono un servizio sociale aiutando i poveri e unendo le comunità. Anche se nel complesso il loro giudizio nei confronti delle istituzioni religiose non è altrettanto favorevole di quello dei cristiani praticanti, sono più propensi degli europei privi di appartenenza religiosa a sostenere che le Chiese e le altre organizzazioni religiose forniscono un contributo positivo alla società.
Nell’Europa occidentale l’identità cristiana appare associata a livelli più elevati di sentimenti negativi nei confronti degli immigrati e delle minoranze religiose. A conti fatti, coloro che si definiscono cristiani – che frequentino la chiesa o meno – sono più propensi delle persone religiosamente non affiliate ad esprimere opinioni negative sugli immigrati e in particolare sui musulmani. Ad esempio, nel Regno Unito il 45% dei cristiani praticanti afferma che l’Islam è fondamentalmente incompatibile con i valori e la cultura britannici. La quota sale leggermente tra i cristiani non praticanti (47%), mentre tra gli adulti religiosamente non affiliati è il 30% ad affermare che l’Islam è fondamentalmente incompatibile con i valori del proprio paese.
I cristiani non praticanti sono meno propensi a esprimere opinioni di stampo nazionalista rispetto ai cristiani praticanti. Tuttavia, sono più propensi dei non affiliati a dire che la loro cultura è superiore alle altre e che per condividere un’identità nazionale è necessario avere una discendenza familiare nel paese stesso.
La stragrande maggioranza dei cristiani non praticanti e dei non affiliati è a favore dell’aborto legale e del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Tra i cristiani praticanti ci sono più riserve, ma nel complesso c’è un sostegno sostanziale sia all’aborto legale sia al matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Quasi tutti i cristiani praticanti che sono genitori o tutori di minori affermano che stanno educando i figli nella fede cristiana. La percentuale scende leggermente tra i cristiani non praticanti. Al contrario, i genitori religiosamente non affiliati generalmente educano i loro figli a prescindere totalmente dalla religione.
Naturalmente l’identità e la pratica religiosa non sono gli unici fattori che influenzano le opinioni degli europei. Ad esempio, gli europei molto istruiti sono generalmente più favorevoli agli immigrati e alle minoranze religiose, e gli adulti religiosamente non affiliati tendono ad essere più istruiti rispetto ai cristiani non praticanti.
Il sondaggio del Pew Research Center ha riguardato 24.599 adulti selezionati a caso in quindici paesi dell’Europa occidentale. Le interviste sono state condotte attraverso telefoni cellulari e fissi dall’aprile all’agosto 2017, in dodici lingue..
Tra i risultati più sorprendenti c’è il caso della Spagna, dove, stando alla ricerca, solo un cristiano non praticante su cinque (il 21%) dice di credere in Dio “così come è descritto nella Bibbia”, mentre sei su dieci dicono di credere in qualche altra autorità superiore o forza spirituale.
Molti adulti privi di appartenenza religiosa rifuggono completamente da ogni forma di spiritualità e di religione. La maggioranza è infatti d’accordo con affermazioni come “Nell’universo non ci sono forze spirituali, ma solo leggi della natura” e “Nella mia vita la scienza rende la religione non necessaria”. Ma queste posizioni sono fatte proprie anche da circa un quarto dei cristiani non praticanti.
Quanto ai rapporti con la politica, in generale gli europei occidentali sono contrari agli intrecci tra i loro governi e la religione. In tutti i paesi prevale (60% circa) l’idea che la religione deve essere tenuta separata dalle politiche del governo, ma c’è comunque un 36% secondo cui le politiche governative dovrebbero sostenere i valori religiosi del paese. Ad esempio, nel Regno Unito il 40% dei cristiani non praticanti afferma che il governo dovrebbe sostenere valori e credenze religiose, mentre tra i non affiliati la quota di chi la pensa così è del 18%.
In Germania la maggioranza dei cristiani non praticanti (62%) concorda sul fatto che le Chiese e le altre organizzazioni religiose svolgono un ruolo importante nell’aiutare i poveri e i bisognosi, ma la quota di chi la pensa così (41%) è abbastanza elevata anche tra chi si definisce privo di affiliazione religiosa.
Sebbene i dibattiti attuali sul multiculturalismo in Europa si concentrino spesso sull’Islam e sui musulmani, in molti paesi dell’Europa occidentale ci so no antiche comunità ebraiche e il sondaggio rivela che i cristiani, siano praticanti o meno, sono più propensi degli europei senza religione a dire che non sarebbero disposti ad accettare ebrei nella loro famiglia. Inoltre appaiono più propensi ad accettare affermazioni altamente negative sugli ebrei, come “Gli ebrei perseguono sempre i propri interessi e non l’interesse del paese in cui vivono”.
I risultati della ricerca sono consultabili qui: http://www.pewforum.org/2018/05/29/being-christian-in-western-europe/
Aldo Maria Valli