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Per ricordare il cardinale Carlo Caffarra

Il 6 settembre di un anno fa moriva il cardinale Carlo Caffarra.

Non voglio spendere molte parole per ricordarlo. Chi l’ha conosciuto e apprezzato conserva nella mente e nel cuore l’esempio della sua schiettezza, motivata da un amore profondo per la Santa Madre Chiesa e per l’inestimabile dono della fede.

Sentiamo forte la presenza del cardinale accanto a noi. E allora vorrei che fosse lui stesso, oggi, a parlare.

Pubblico dunque la lettera che il 25 aprile 2017 Caffarra inviò, anche a nome degli altri cardinali dei famosi dubia, a papa Francesco, chiedendo udienza.  Senza ottenere risposta.

Poco prima dell’invio della lettera, il cardinale incontrò Francesco durante la visita del papa a Carpi. A pranzo sedevano fianco a fianco, ma il papa scelse di conversare con altre persone presenti.

Ripropongo poi alcuni brani di due interviste concesse dal cardinale, l’11 luglio 2016 al blog OnePeterFive e il 14 gennaio 2017 a Il Foglio.

Mi rivolgo alla Santità Vostra…

Beatissimo Padre,

è con una certa trepidazione che mi rivolgo alla Santità Vostra, durante questi giorni del tempo pasquale. Lo faccio a nome degli Em.mi Cardinali: Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Joachim Meisner, e mio personale.

Desideriamo innanzi tutto rinnovare la nostra assoluta dedizione ed il nostro amore incondizionato alla Cattedra di Pietro e per la Vostra augusta persona, nella quale riconosciamo il Successore di Pietro ed il Vicario di Gesù: il «dolce Cristo in terra», come amava dire Santa Caterina da Siena. Non ci appartiene minimamente la posizione di chi considera vacante la Sede di Pietro, né di chi vuole attribuire anche ad altri l’indivisibile responsabilità del munus petrino. Siamo mossi solamente dalla coscienza della responsabilità grave proveniente dal munus cardinalizio: essere consiglieri del Successore di Pietro nel suo sovrano ministero. E del Sacramento dell’Episcopato, che «ci ha posti come vescovi a pascere la Chiesa, che Egli si è acquistata col suo sangue» [At 20, 28].

Il 19 settembre 2016 abbiamo consegnato alla Santità Vostra e alla Congregazione della Dottrina della Fede cinque dubia, chiedendoLe di dirimere incertezze e fare chiarezza su alcuni punti dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Laetitia.

Non avendo ricevuto alcuna risposta da Vostra Santità, siamo giunti alla decisione di chiederLe, rispettosamente ed umilmente, Udienza, assieme se così piacerà alla Santità Vostra. Alleghiamo, come è prassi, un Foglio di Udienza in cui esponiamo i due punti sui quali desideriamo intrattenerci con Lei.

Beatissimo Padre,

è trascorso ormai un anno dalla pubblicazione di Amoris Laetitia. In questo periodo sono state pubblicamente date interpretazioni di alcuni passi obiettivamente ambigui dell’Esortazione post-sinodale, non divergenti dal, ma contrarie al permanente Magistero della Chiesa. Nonostante che il Prefetto della Dottrina della Fede abbia più volte dichiarato che la dottrina della Chiesa non è cambiata, sono apparse numerose dichiarazioni di singoli Vescovi, di Cardinali, e perfino di Conferenze Episcopali, che approvano ciò che il Magistero della Chiesa non ha mai approvato. Non solo l’accesso alla Santa Eucarestia di coloro che oggettivamente e pubblicamente vivono in una situazione di peccato grave, ed intendono rimanervi, ma anche una concezione della coscienza morale contraria alla Tradizione della Chiesa. E così sta accadendo ― oh quanto è doloroso constatarlo! ― che ciò che è peccato in Polonia è bene in Germania, ciò che è proibito nell’Arcidiocesi di Filadelfia è lecito a Malta. E così via. Viene alla mente l’amara constatazione di B. Pascal: “Giustizia al di qua dei Pirenei, ingiustizia al di là; giustizia sulla riva sinistra del fiume, ingiustizia sulla riva destra”.

Numerosi laici competenti, profondamente amanti della Chiesa e solidamente leali verso la Sede Apostolica, si sono rivolti ai loro Pastori e alla Santità Vostra, per essere confermati nella Santa Dottrina riguardante i tre sacramenti del Matrimonio, della Confessione e dell’Eucarestia. E proprio in questi giorni, a Roma, sei laici provenienti da ogni Continente hanno proposto un Seminario di studio assai frequentato, dal significativo titolo: «Fare chiarezza».

Di fronte a questa grave situazione, nella quale molte comunità cristiane si stanno dividendo, sentiamo il peso della nostra responsabilità, e la nostra coscienza ci spinge a chiedere umilmente e rispettosamente Udienza.

Voglia la Santità Vostra ricordarsi di noi nelle Sue preghiere, come noi La assicuriamo che faremo nelle nostre. E chiediamo il dono della Sua Benedizione Apostolica.

† Carlo Card. Caffarra

Roma, 25 aprile 2017

Festa di San Marco Evangelista

FOGLIO D’UDIENZA

  1. Richiesta di chiarificazione dei cinque punti indicati dai dubia; ragioni di tale richiesta.
  2. Situazione di confusione e smarrimento, soprattutto nei pastori d’anime, in primis i parroci.

Santità, per favore, chiarisca

Dall’intervista a onepeterfive

In una recente intervista Lei ha parlato dell’esortazione Amoris Laetitia, e ha detto che in particolare il capitolo otto non è chiaro e ha già causato confusione anche tra i vescovi. Se avesse la possibilità di parlare con Papa Francesco su questo argomento, cosa vorreste dirgli? Quale sarebbe la vostra raccomandazione su ciò che Papa Francesco potrebbe o dovrebbe fare, dato che c’è tanta confusione?

«In Amoris Laetitia [308] il Santo Padre Francesco scrive: “Capisco coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione”. Da queste parole deduco che anche Sua Santità si rendeva conto che l’insegnamento dell’Esortazione poteva dare origine a confusioni nella Chiesa. Personalmente, e così pensano tanti miei fratelli in Cristo cardinali, vescovi, e fedeli laici, desidero che la confusione sia tolta, ma non perché preferisco una pastorale più rigida, ma semplicemente preferisco una pastorale più chiara, meno ambigua».

Lei è anche un teologo morale. Qual è il Suo consiglio per i cattolici confusi per quanto riguarda l’insegnamento morale della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia? Che cosa è una coscienza autorevole, ben formata, quando si tratta di questioni come la contraccezione, il divorzio e le seconde nozze, così come l’omosessualità?

«La condizione in cui versa oggi in Occidente il matrimonio, è semplicemente tragica. Le leggi civili ne hanno cambiato la definizione, poiché lo hanno sradicato dalla dimensione biologica della persona umana. Hanno separato la biologia della generazione dalla genealogia della persona. Ma di questo parlerò dopo. Ai fedeli cattolici così confusi circa la dottrina della fede riguardo al matrimonio dico semplicemente: “leggete e meditate il Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1601-1666. E quando sentite qualche discorso sul matrimonio, anche se fatto da sacerdoti, vescovi, cardinali, e verificate che non è conforme al Catechismo, non ascoltateli. Sono ciechi che conducono altri ciechi”».

Potrebbe spiegare, in questo contesto, il concetto morale che nulla di ciò che è ambiguo vincola la coscienza cattolica, e in modo particolare quando è dimostrato essere intenzionalmente ambiguo?

«I logici ci insegnano che una proposizione è ambigua quando può essere interpretata in due significati diversi e/o contrari. È ovvio che una tale proposizione non può avere il nostro assenso teorico e/o pratico, perché non ha un significato certo».

Nel contesto dell’attuale aumento di confusione morale: a che punto l’indifferentismo religioso può portare al relativismo morale (per esempio, l’affermazione che si può essere salvi in qualsiasi religione)? Per essere più precisi, se una religione favorisce la poligamia, ma si afferma che è salvifica, non si arriva quindi alla conclusione che la poligamia, dopo tutto, non è illecita?

«Il relativismo è come una metastasi. Se accetti i suoi principi, ogni esperienza umana sia personale che sociale viene corrotta. L’insegnamento del beato J.H. Newman è al riguardo di grandissima attualità. Egli verso la fine della sua vita, disse che il germe patogeno che corrompe il senso religioso e la coscienza morale, è il “principio liberale”, così egli lo chiama. E cioè: la convinzione che in ordine al culto che dobbiamo a Dio, è indifferente ciò che pensiamo di Lui; la convinzione che tutte le religioni hanno lo stesso valore. Newman giudica il principio così inteso completamente contrario a ciò che chiama “il principio dogmatico”, il quale sta alla base della proposta cristiana. Dal relativismo religioso al relativismo morale il passo è breve. Non c’è nessun problema nel fatto che una religione giustifichi la poligamia, ed un altra la condanni. Non esiste infatti nessuna verità assoluta riguardo a ciò che è bene/male».

Solo un cieco può negare che nella Chiesa c’è grande confusione

Dall’intervista a Il Foglio

«Che cosa ci ha spinto a questo gesto? Una considerazione di carattere generale-strutturale e una di carattere contingente-congiunturale. Iniziamo dalla prima. Esiste per noi cardinali il dovere grave di consigliare il Papa nel governo della Chiesa. È un dovere, e i doveri obbligano. Di carattere più contingente, invece, vi è il fatto – che solo un cieco può negare – che nella Chiesa esiste una grande confusione, incertezza, insicurezza causate da alcuni paragrafi di Amoris laetitia. In questi mesi sta accadendo che sulle stesse questioni fondamentali riguardanti l’economia sacramentale (matrimonio, confessione ed eucaristia) e la vita cristiana, alcuni vescovi hanno detto A, altri hanno detto il contrario di A. Con l’intenzione di interpretare bene gli stessi testi».

«Ho ricevuto la lettera di un parroco che è una fotografia perfetta di ciò che sta accadendo. Mi scriveva: “Nella direzione spirituale e nella confessione non so più che cosa dire. Al penitente che mi dice: vivo a tutti gli effetti come marito con una donna che è divorziata e ora mi accosto all’eucarestia, propongo un percorso, in ordine a correggere questa situazione. Ma il penitente mi ferma e risponde subito: guardi, padre, il Papa ha detto che posso ricevere l’eucaristia, senza il proposito di vivere in continenza. Io non ne posso più di questa situazione. La Chiesa mi può chiedere tutto, ma non di tradire la mia coscienza. E la mia coscienza fa obiezione a un supposto insegnamento pontificio di ammettere all’eucaristia, date certe circostanze, chi vive more uxorio senza essere sposato”. Così scriveva il parroco. La situazione di molti pastori d’anime, intendo soprattutto i parroci – osserva il cardinale – è questa: si ritrovano sulle spalle un peso che non sono in grado di portare. È a questo che penso quando parlo di grande smarrimento. E parlo dei parroci, ma molti fedeli restano ancor più smarriti. Stiamo parlando di questioni che non sono secondarie. Non si sta discutendo se il pesce rompe o non rompe l’astinenza. Si tratta di questioni gravissime per la vita della Chiesa e per la salvezza eterna dei fedeli. Non dimentichiamolo mai: questa è la legge suprema nella Chiesa, la salvezza eterna dei fedeli. Non altre preoccupazioni. Gesù ha fondato la sua Chiesa perché i fedeli abbiano la vita eterna, e l’abbiano in abbondanza».

«Alcune persone continuano a dire che noi non siamo docili al magistero del Papa. È falso e calunnioso. Proprio perché non vogliamo essere indocili abbiamo scritto al Papa. Io posso essere docile al magistero del Papa se so cosa il Papa insegna in materia di fede e di vita cristiana. Ma il problema è esattamente questo: che su dei punti fondamentali non si capisce bene che cosa il Papa insegna, come dimostra il conflitto di interpretazioni fra vescovi. Noi vogliamo essere docili al magistero del Papa, però il magistero del Papa deve essere chiaro. Nessuno di noi – dice l’arcivescovo emerito di Bologna – ha voluto “obbligare” il Santo Padre a rispondere: nella lettera abbiamo parlato di sovrano giudizio. Semplicemente e rispettosamente abbiamo fatto domande. Non meritano infine attenzione le accuse di voler dividere la Chiesa. La divisione, già esistente nella Chiesa, è la causa della lettera, non il suo effetto. Cose invece indegne dentro la Chiesa sono, in un contesto come questo soprattutto, gli insulti e le minacce di sanzioni canoniche. Nella premessa alla lettera si constata “un grave smarrimento di molti fedeli e una grande confusione in merito a questioni assai importanti per la vita della Chiesa”».

«Newman  dice che “se il Papa parlasse contro la coscienza presa nel vero significato della parola, commetterebbe un vero suicidio, si scaverebbe la fossa sotto i piedi”. Sono cose di una gravità sconvolgente. Si eleverebbe il giudizio privato a criterio ultimo della verità morale. Non dire mai a una persona: “Segui sempre la tua coscienza”, senza aggiungere sempre e subito: “Ama e cerca la verità circa il bene”. Gli metteresti nelle mani l’arma più distruttiva della sua umanità».

Concludo con parole di san Giuseppe Moscati che ben si attagliano alla testimonianza del cardinale Carlo Caffarra: «Ama la verità, mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio».

Aldo Maria Valli

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