Meritano attenzione le parole pronunciate dall’arcivescovo Georg Gaenswein, prefetto della Casa pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI, durante la presentazione alla Camera dei deputati del libro di Rod Dreher L’opzione Benedetto.
Con la crisi degli abusi sessuali, ha detto Gaenswein, la Chiesa sta vivendo il suo 11 settembre. Non abbiamo avuto aerei contro la basilica di San Pietro, ma la Chiesa è profondamente scossa e ferita.
Nel libro di Dreher c’è la proposta, per uscire dalla crisi della Chiesa, di seguire l’esperienza delle comunità benedettine, secondo una formula tanto semplice quanto radicale: quaerere Deum, cercare Dio nella preghiera, proprio come fecero i monaci che in questo modo, alzando lo sguardo verso l’assoluto e ponendosi seriamente la questione della verità, riuscirono a gettare le basi della civiltà occidentale. La stessa proposta fatta da Benedetto XVI a Parigi, in un famoso discorso: una scelta che ovviamente implica l’abbandono del tentativo di piacere al mondo adottandone il pensiero intriso di soggettivismo, relativismo morale e indifferenza verso la questione della verità.
Il paragone tra la crisi degli abusi e l’11 settembre 2011, il crollo delle Torri gemelle di New York, è forte, ma Gaenswein non ha esitato a proporlo. Sono stati il rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania e il caso McCarrick, ha spiegato l’arcivescovo, a fargli venire in mente il parallelo. Certo, non abbiamo avuto chiese crollate, ma il messaggio insito negli scandali è «ancor più terribile di quanto avrebbe potuto essere la notizia del crollo di tutte le chiese della Pennsylvania insieme alla basilica del santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington».
Fu proprio lì, nel santuario, che Benedetto XVI nel 2008 parlò di «profonda vergogna” per gli abusi, un lamento che tuttavia «non riuscì a contenere il male».
Certamente Joseph Ratzinger aveva ben chiara la questione. Nel 2010, nel viaggio verso Fatima, disse che la persecuzione più pericolosa per la Chiesa non è quella che viene da fuori, ma quella che viene dall’interno della Chiesa stessa, e nel 2005, poco prima di diventare papa, nelle meditazioni per la Via Crucis parlò esplicitamente della «sporcizia» che c’è nella Chiesa e dell’autocelebrazione dei chierici, che ignorano Dio.
Allora Dio ha abbandonato la Chiesa?
Gaenswein nella sua analisi non fa sconti. Da tedesco, conosce bene la devastante realtà della Chiesa cattolica nel suo paese. Una Chiesa «morta da tempo», segnata dalle drammatiche cifre relative agli abbandoni e dal fatto che, tra coloro che ancora restano, meno del dieci per cento va a messa ogni domenica.
Che Chiesa è mai questa? E pensare che i primi cristiani sfidarono l’imperatore e accettarono la morte pur di rivendicare il diritto alla messa domenicale.
«Prima della venuta di Cristo – disse tempo fa l’arcivescovo di Utrecht, il cardinale Willem Jacobus Ejik, citando il Catechismo (n. 675) – la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità».
Il fatto che Gaenswein abbia ricordato queste parole di Ejik sembra piuttosto eloquente.
Quelle di Rod Dreher, in un quadro simile, assomigliano dunque alle istruzioni per costruire una specie di arca. L’alluvione non può essere arginata in alcun modo. L’Occidente cristiano sarà invaso dalle acque di altre filosofie, altre culture, altre fedi, altre visioni. Anche la Chiesa ne sarà travolta, ma un piccolo resto si salverà, e la sua salvezza non sarà dovuta a chissà quali manovre, ma alla preghiera umile, sincera, costante, fiduciosa. Proprio come si fa in tanti monasteri nascosti e proprio come sta facendo Benedetto XVI da quando ha rinunciato all’esercizio attivo del pontificato.
Quanto c’è di Ratzinger nelle parole di Gaenswein? Probabilmente molto, considerando la vicinanza e la consuetudine fra il papa emerito e il suo segretario. D’altra parte, l’arcivescovo non si esprimerebbe in un certo modo se non sentisse di avere l’avallo di Benedetto. E l’eco della voce di Benedetto è percepibile piuttosto chiaramente quando l’arcivescovo dice: «Per molti, tutto porta a credere già oggi che la Chiesa di Gesù Cristo non potrà più riprendersi dalla catastrofe dei suoi peccati che rischia quasi di inghiottirla». Ma la Chiesa non è morta e questo è un tempo di grazia, perché «alla fine a renderci liberi non sarà un particolare sforzo qualsiasi, ma la verità, come il Signore ci ha assicurato».
Aldo Maria Valli