Continuano le prese di posizione sulla questione degli abusi nella Chiesa. Tra le più chiare e significative ne voglio segnalare due: la prima è la lettera aperta ai vescovi di un ex seminarista, la seconda è contenuta in un articolo di un teologo tedesco.
Partiamo dalla lettera. Lui si chiama Paul Wood ed ha scritto alla Conferenza episcopale del Canada per chiedere quali misure intendano prendere i vescovi contro “l’innegabile pratica dell’omosessualità sfrenata e degli abusi sessuali nelle nostre parrocchie, nelle scuole e nei seminari”.
Inviata in copia a un avvocato e rivolta in particolare all’attenzione dell’arcivescovo di Toronto, cardinale Thomas Collins, la lettera (https://www.churchmilitant.com/news/article/one-mans-open-letter-to-the-canadian-bishops) nasce dal grande clamore suscitato dal caso dell’ex cardinale McCarrick e del memoriale pubblicato dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ma vuole essere soprattutto il racconto di un’esperienza.
Wood (oggi insegnante, con una laurea in lingue moderne, un master in studi religiosi e uno in teologia) fu seminarista al St. Augustine’s di Toronto dal 1980 al 1981 e scrive che all’epoca l’attività gay era abituale e frequenti le orge organizzate dal padre John Tulk. Ai seminaristi sbalorditi padre Brian Clough, il rettore, replicava: “Se non vi piace, andatevene”. Wood inviò allora una segnalazione al vescovo ausiliare incaricato di seguire la vita del seminario, Aloysiur Ambrozic (futuro arcivescovo di Toronto, morto nel 2011), ma senza esito.
Ecco, dice Wood, questa è esattamente la strada che voi vescovi non dovete più prendere. “Sappiamo che il problema è l’omosessualità. Ho conseguito due master e so che cosa sta succedendo. La mia vocazione e quella di molti bravi candidati al sacerdozio è stata distrutta a causa dell’omosessualità e dei rettori gay friendly. E nessuno può dire che io fossi prevenuto e malintenzionato. Ero pieno di devozione, preparato e riverente”.
Ebbene, denuncia Wood, “non ho mai sentito un vescovo o un prete parlare contro l’omosessualità”. Al contrario, la cultura gay negli ambienti della Chiesa è diffusa. L’occultamento, l’accettazione e persino la promozione dell’omosessualità nella Chiesa sono tali che alcuni ritengono ormai che si voglia arrivare a considerarla normale, ma “non lo tollereremo più”. Molti infatti sono inorriditi dall’insensibilità del clero nei confronti delle numerose vittime di abuso omosessuale da parte di chierici.
Quando alcuni di noi, dice ancora Wood, hanno denunciato la situazione e i peccati connessi all’omosessualità, i nostri responsabili ci hanno fatto sentire “irragionevoli, antiquati, rompiscatole”.
Ai vescovi Paul Wood manda un messaggio chiaro: anche se per i vescovi è difficile, perché temono di andare contro il comune sentire, loro preciso compito resta affrontare il problema dei chierici omosessuali che diventano predatori. Purtroppo, aggiunge, i vescovi non sembrano troppo preoccupati per le vite che hanno distrutto o per i miliardi in spese legali e risarcimenti. “Qualsiasi buon ateo sarebbe stato disgustato da questo continuo stupro della nostra gioventù e l’avrebbe sradicato immediatamente. Ma voi, nel nome della Chiesa e della carità cristiana, non l’avete fatto”.
“Che cosa pensate che noi cattolici possiamo provare di fronte al gelido rifiuto di proteggere i giovani e all’invito di tacere su attività che distruggono vite umane? Sappiamo che siete tutti consapevoli della realtà perché vi abbiamo informato”.
Aggiunge Wood: “Io stesso ho visto le foto di McCarrick nudo a quattro zampe sul letto di un seminarista”. Eppure McCarrick ha continuato per anni, per decenni, a comportarsi così senza che un vescovo intervenisse. “La Chiesa, finalmente, tornerà a insegnare ciò che ha sempre insegnato sull’omosessualità?”. “Ora siamo molto informati, indignati e preoccupati per la nostra Chiesa e il nostro popolo, apparentemente più di voi. Dovete reagire. State rendendo la nostra Chiesa priva di senso, un paradiso per i gay. Incoraggiare vescovi e cardinali gay friendly, come il cardinale Joseph Tobin, il padre James Martin, il cardinale Kevin Farrell e altri, non aiuta”.
“Questa volta non ce ne andremo. Ci siamo fidati di voi per cinquant’anni. Ora non più! Non tollereremo il rifiuto delle nostre segnalazioni e la copertura, così che il sudiciume possa continuare. Rispondete, per favore, dicendoci che cosa intendete fare per affrontare l’attività omosessuale tra il clero nella Chiesa e quando e come predicherete sugli insegnamenti morali della Chiesa per condannare la predazione omosessuale del clero”.
Intanto un teologo e avvocato ecclesiastico tedesco, Markus Büning, dichiara con forza che indicare nel “clericalismo” la radice del dramma degli abusi (tesi adottata da Francesco nella sua Lettera al popolo di Dio) significa soltanto “alzare una cortina fumogena” e nascondere un’altra operazione, ovvero colpire i preti rimasti fedeli alla tradizione e decisi a opporsi alle posizioni moderniste in materia di liturgia, dottrina e morale.
Scrive Büning nell’articolo Nicht der “Klerikalismus“ ist das Problem, sondern oberhirtliche Ablenkungsmanöver (https://charismatismus.wordpress.com/2018/09/08/nicht-der-klerikalismus-ist-das-problem-sondern-oberhirtliche-ablenkungsmanoever/): “Per giorni abbiamo dovuto ascoltare la costante ripetizione, da parte dei nostri pastori supremi, dell’idea secondo cui il problema alla radice della crisi degli abusi – cioè l’abuso sessuale di bambini e giovani da parte di sacerdoti – è il clericalismo. Papa Francesco è stato il primo a dirlo nella sua lettera ai fedeli”.
Tuttavia questa spiegazione, sostiene il teologo, non aiuta ad affrontare la questione vera, che è l’omosessualità nel clero. Inoltre viene usata in modo strumentale: siccome i campioni del “clericalismo”, secondo questa tesi, sarebbero i preti di tendenza conservatrice, poco disposti a scendere a compromessi con il modernismo dilagante, finisce che nel mirino delle critiche vengono messi loro.
Ma l’operazione, dice Büning, è stata svelata. È ormai chiaro che, tranne alcune eccezioni, i pastori non vogliono parlare di omosessualità perché hanno paura di mettersi contro il pensiero dominante, alimentato dai media, e non vogliono sentirsi dare degli omofobi.
Alquanto singolare, dice poi il teologo riferendosi in particolare alla Germania, è che adesso tanti vescovi tedeschi scoprano all’improvviso l’importanza della fedeltà al papa, mentre sotto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non si sentì mai nulla di simile. Parlano così perché l’agenda Bergoglio favorisce l’affermarsi della loro agenda: una Chiesa che non giudica (l’autore la definisce “la Chiesa dell’arbitrarietà”), amica del mondo, una Chiesa che finalmente può meritarsi l’elogio di tutti e non la disapprovazione. E questo è anche il motivo per cui tanti mass media, espressione della cultura secolarizzata, restano per lo più silenziosi sulle responsabilità delle gerarchie negli scandali, mentre i loro attacchi erano tambureggianti sotto il pontificato di Benedetto XVI.
L’operazione (“trucco” lo chiama l’autore) sta scuotendo la Chiesa nelle sue fondamenta mettendone a rischio l’unità. Ma “tutti quei vescovi che ora agiscono in questo modo devotamente acritico dovrebbero chiedersi se non sono loro ad abusare del potere. Il loro clericalismo mira a una cosa soltanto: accontentare il mondo. Ma chiedo a questi vescovi: quale uso del loro potere hanno mai fatto negli ultimi decenni riguardo a temi come l’abuso liturgico, l’abuso del pulpito, l’istruzione religiosa eretica, la deturpazione degli interni delle chiese e così via?”.
“I cassetti degli uffici dei vescovi tedeschi sono pieni di lettere di reclamo su tali argomenti, ma molto probabilmente le lettere sono già state triturate. I vescovi non hanno fatto niente. Ma vescovo significa sovrintendente, supervisore [Aufseher], e non qualcuno che travisa o distoglie lo sguardo [Wegseher]!”.
“La maggior parte di questi pastori ha permesso per decenni che questa Chiesa si trasformasse in una caricatura, nella quale la fede e la pietà sono per lo più evaporate. E quando alcuni vescovi pensavano in modo diverso, l’unico desiderio era sbarazzarsi di loro il prima possibile”.
Nulla cambierà, conclude Büning, finché i vescovi non riprenderanno a esercitare il loro ufficio come è stato donato loro da Dio e come va esercitato secondo la tradizione della Chiesa.
Aldo Maria Valli