Non fu facile per il Vaticano organizzare il sinodo del 2068, che voleva fare il punto sulla Chiesa (ex cattolica e ora Rahneriana) a mezzo secolo di distanza dal sinodo dedicato ai giovani. Già dal titolo ci fu qualche problema. L’idea in generale era di rifarsi a quello del 2018 (I giovani, la fede e il discernimento vocazionale) e di dedicare dunque il sinodo a Gli anziani, la fede e il discernimento vocazionale. Sarebbe stata anche l’occasione per ufficializzare alcuni opportuni e non più rinviabili cambiamenti. In campo dottrinale, per esempio, l’idea che le creature morte in stato di peccato non sono punite ma, semplicemente, scompaiono; e in campo morale il via libera alla poligamia anche per i preti.
Senonché c’erano problemi linguistici da risolvere. Alcune parole, infatti, erano ormai diventate impronunciabili. “Anziani” non si poteva più dire, perché, in base alla Legge Universale sulla Lingua Ripulita (comunemente detta la Ripulita), il termine era stato bandito in quanto discriminante. Neanche “fede” si poteva più dire, perché, in base alla Legge Universale sull’obbligatorietà del Pluralismo Multiculturale e Multireligioso (comunemente detta la Multi), di fedi si poteva parlare solo al plurale. Infine era impossibile usare il termine “vocazionale”, perché la Chiesa, in base al Catechismo Rahneriano Aggiornato e Corretto (comunemente detto il Crac), preferiva ormai parlare di “scelta consapevole maturata alla luce di un responsabile cammino di discernimento” e, di conseguenza, aveva reso obsoleto ogni riferimento alla chiamata divina. Insomma, poiché di tutte le parole utilizzate cinquant’anni prima era in uso soltanto “discernimento”, e poiché il Vaticano era affezionato a una formula, la Chiesa in Uscita, che resisteva da anni ed era ormai un marchio registrato, alla fine il titolo fu: Discernimento per una Chiesa in Uscita.
Circa la preparazione del sinodo, il pontefice, appellandosi a pluralismo, sinodalità, decentramento e parresia, non aveva ammesso discussioni. Facendo ricorso all’esortazione apostolica Letalis Amor sul dovere della tenerezza, aveva detto: “Esigo che per la fase preparatoria siano rintracciati gli ex giovani che parteciparono agli analoghi lavori in vista del sinodo 2018. Tutti. Voglio vedere che fine hanno fatto, come hanno vissuto, come hanno messo in pratica le indicazioni del sinodo di mezzo secolo fa, che cosa pensano oggi e in che cosa credono. È un ordine! Le loro testimonianze forniranno ai vescovi l’indispensabile background conoscitivo per affrontare al meglio il sinodo. Noi siamo la Chiesa dell’ascolto!”.
Così gli organizzatori si erano messi alla ricerca. Per fortuna, grazie alle nuove tecnologie (prima fra tutte l’installazione, ormai obbligatoria, del chip di identificazione automatica personale, che permetteva di mappare la vita di umani, cyborg e androidi in ogni parte del mondo, colonie marziane incluse), il lavoro fu meno improbo di quanto lo sarebbe stato mezzo secolo prima, in quell’ormai lontano 2018, quando al massimo ci si affidava al web. Ma l’impresa si rivelò comunque faticosa. Rispettare tutte le norme della Ripulita e della Multi era infatti una lavoraccio. Per non parlare del Crac.
A tutto sovrintendeva il Consigliere Speciale del papa, uomo determinatissimo, Rahneriano della prima ora. A lui il papa aveva raccomandato: “Niente ologrammi!”. I partecipanti, gli ex giovani ex cattolici, ora anziani Rahneriani, il pontefice li voleva in carne e ossa. E li voleva per ascoltarli (“la Chiesa sia sempre in ascolto!”), perché era convinto che l’ascolto fosse più importante dell’insegnamento e la conoscenza più preziosa della grazia (parola in realtà abolita, ma non ancora sostituita da una di significato equivalente).
Alla fine delle ricerche, venne fuori che sui 250 mila giovani che avevano risposto alle domande inviate in vista del sinodo 2018 (il famoso questionario al quale all’epoca il Vaticano aveva dato tanta importanza), quelli in vita erano circa centottantamila e ventimila quelli conservati in azoto liquido. In maggioranza si consideravano credenti, ma gli ex cattolici, ora Rahneriani, erano ridotti a una sparuta minoranza (fra l’altro divisa in due fazioni: Rahneriani Radicali e Rahneriani Discernenti). Grazie ai portentosi risultati del dialogo interreligioso, moltissimi ex cattolici avevano in effetti cambiato religione: alcuni erano diventati musulmani, altri buddisti, altri induisti, altri ancora confuciani, ma non mancavano bahai, umbandisti, macumbisti, pastafariani e adoratori della Realtà Aumentata.
Più complesso fu mettersi in contatto con gli ex giovani che si erano trasferiti nelle colonie marziane. Ma alla fine anche loro furono raggiunti. Data la distanza dalla Terra, fu stabilito che essi non avrebbero partecipato fisicamente, ma avrebbero contribuito alla discussione inviando messaggi tramite Spirit, il più aggiornato sistema di comunicazione Marte – Terra, che consentiva di convogliare i segnali verso una rete di antenne (di proprietà della Specola Vaticana) posizionate in punti strategici del nostro pianeta.
“È un bene – disse il Consigliere Speciale – che i cattolici siano ormai una minoranza. Il confronto con gli altri sarà più ricco e stimolante. La Chiesa in Uscita esige il dialogo, altrimenti sarebbe autoreferenziale, e noi non vogliamo una Chiesa autoreferenziale. Vogliamo una Chiesa dialogante. Meglio una Chiesa incidentata che una Chiesa autoreferenziale. Meglio una Chiesa in ascolto…”.
I collaboratori, sottoposti ogni giorno a quel trattamento, lasciarono lo studio del Consigliere Speciale sospirando e si avviarono mestamente verso i loro uffici.
Dopo qualche mese, la fase preparatoria del sinodo poté finalmente prendere il via. Fu il papa in persona a dare l’impronta con una catechesi (Essere Chiesa in uscita oggi, domani e sempre) non proprio innovativa ma rassicurante. Poi i lavori entrarono nel vivo con i quattro workshop: 1. Chiesa in Uscita e Periferie, 2. Chiesa in Uscita e Poveri, 3. Chiesa in Uscita e Migranti, 4. Chiesa in Uscita è bello.
A proposito di uscite: alla porta montavano la guardia gli svizzeri armati di alabarde laser. Pare infatti che i partecipanti non avessero una gran voglia di partecipare ai workshop, invero piuttosto noiosi e dai temi scontati. Ma il papa, noto per la misericordia che sapeva esercitare, era stato più che chiaro: frequenza obbligatoria!
Alla fine i risultati dei quattro gruppi di studio confluirono in un sobrio Instrumentum laboris di ottocentoquarantadue pagine, intitolato Ecclesia output, del quale i vescovi si sarebbero serviti come documento orientativo nel corso del sinodo.
Fine prima puntata. Appuntamento a domani!