Negli Usa una class action contro Vaticano e vescovi
Una class action contro la Conferenza episcopale degli Stati Uniti e la Santa Sede è stata intentata in America da quattro avvocati che rappresentano sei uomini che affermano di essere stati abusati sessualmente da sacerdoti quando erano minorenni.
Con l’azione legale collettiva i querelanti chiedono alla Chiesa cattolica un risarcimento per i danni subiti, una dichiarazione pubblica di contrizione e iniziative di riparazione all’insegna del senso di responsabilità e della trasparenza.
La causa, di ottantaquattro pagine, porta la data del 13 novembre e afferma che il Vaticano e i vescovi americani, pur sapendo quanto avveniva in alcune diocesi e parrocchie, per anni e anni, in modo continuato, hanno negato che ci fossero abusi e hanno insabbiato i casi e trasferito i responsabili da una parrocchia a un’altra, mettendo a rischio altri minorenni.
All’inizio della causa è riportato un passo dal Vangelo di Giovanni: “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.
Attraverso “azioni illecite, inazione, omissioni, occultamento e inganno”, si legge, si è determinata una “cospirazione del silenzio” che ha provocato gravi danni personali, mentali, psicologici e finanziari ai querelanti”. E da parte degli esponenti della Chiesa si è trattato di un comportamento non episodico, ma adottato sistematicamente.
La causa è stata presentata al tribunale distrettuale di Washington da quattro avvocati che rappresentano sei individui che al momento degli abusi vivevano in sei Stati diversi: Iowa, California, Mississippi, New Jersey, Pennsylvania e Illinois.
Gli avvocati sono Mitchell Toups, Richard Coffman, Joe Whatley Jr. e Henry Quillen, tutti esperti in materia avendo lavorato a cause simili per conto di vittime di abusi sessuali da parte del clero.
I querelanti sono Timothy B. Lennon, Mark S. Belenchia, Alfred L. Antonsen Jr ., Giuseppe Piscitelli, Shaun A. Docherty e Mark Crawford.
La causa sostiene che i vescovi e il Vaticano hanno violato il Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, noto come RICO, ovvero la legge federale sulle organizzazioni criminali pensata per combattere il crimine organizzato, soprattutto di tipo mafioso, ed emanata nel 1970 durante la presidenza di Richard Nixon.
Secondo gli avvocati chiamare in causa il RICO è corretto perché i vescovi, con il loro atteggiamento, hanno messo in pratica una frode attraverso l’abuso e la copertura. Proprio per poter ricorrere al RICO, i denuncianti considerano la Chiesa cattolica alla stregua di un’”impresa” e citano in giudizio il Vaticano sia come Stato straniero, sia come “organizzazione non registrata”, sia come “vertice di un’organizzazione religiosa internazionale”.
Nelle settimane scorse, proprio utilizzando le possibilità offerte dal Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, era stato il Dipartimento di giustizia americano ad avviare indagini sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica avvenuti nello Stato della Pennsylvania. Per la prima volta il governo federale degli Stati Uniti è così intervenuto in casi di abusi sessuali commessi da esponenti della Chiesa. Finora infatti i casi erano sempre stati gestiti dai singoli Stati e dalle autorità locali.
“La diocesi di Pittsburgh ha ricevuto il mandato dal Dipartimento di giustizia e coopererà con le indagini sugli abusi”, ha confermato padre Nicholas S. Vaskov, portavoce della diocesi.
Il mandato federale ha fatto seguito alla pubblicazione del rapporto sugli abusi sessuali redatto dal gran giurì della Pennsylvania, un documento di millequattrocento pagine, risultato di anni di indagini, secondo il quale almeno a partire dagli anni Quaranta dello scorso secolo centinaia di preti hanno abusato di migliaia di fedeli, spesso minorenni, mentre i prelati loro superiori li hanno sistematicamente coperti.
Nel preambolo della class action gli avvocati, tracciando una panoramica della crisi degli abusi sessuali in corso nella Chiesa cattolica, parlano di “stupro endemico, sistemico, dilagante e pervasivo” e di “abuso sessuale perpetrato da cardinali, vescovi, monsignori, sacerdoti, suore, leader laici, membri di ordini religiosi cattolici, educatori e altri membri della Chiesa cattolica romana”.
Le accuse sono gravi: “Invece di tutelare e proteggere i querelanti, che all’epoca erano minorenni, i convenuti hanno protetto i membri del clero colpevoli di abusi, hanno adottato misure straordinarie per nascondere la loro condotta illecita, hanno spostato i responsabili da una parrocchia all’altra e non hanno messo in guardia i membri della Chiesa e il pubblico in generale”. In tal modo, “hanno agevolato ulteriormente le pratiche predatorie, rifiutando di denunciare il clero abusatore alle forze dell’ordine o ad altre autorità responsabili, come richiesto dalla legge”. Inoltre, “incredibilmente, alcuni esponenti del clero responsabili di abusi sono stati persino promossi”.
Secondo la class action dunque la “condotta scorretta” da parte del Vaticano e dell’USCCB (la Conferenza episcopale degli Stati Uniti) “viola palesemente le leggi degli Stati Uniti, la common law degli Stati, la common law federale, il diritto canonico della Chiesa cattolica e il diritto internazionale consuetudinario, compresi i trattati e le convenzioni adottati e firmati dalla Santa Sede”.
I querelanti dicono di sperare che la loro azione costringerà la Santa Sede e i vescovi degli Stati Uniti a “rispettare i vari statuti statali che richiedono di denunciare il clero colpevole di abusi alle forze dell’ordine o ad altre autorità responsabili, porre fine al fenomeno, identificare i colpevoli e fare trasparenza, in modo che il pubblico in generale e soprattutto i genitori possano proteggere i loro figli”.
Negli Usa, come si vede, la crisi degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica continua a essere un tema caldo, e lo è diventato ancora di più dopo che, in occasione della recente riunione annuale della Conferenza episcopale a Baltimora, il Vaticano, suscitando sorpresa, perplessità e sconcerto tra gli stessi vescovi, ha chiesto all’ultimo momento, con una lettera inviata al presidente, l’arcivescovo Daniel DiNardo, di non votare le due proposte preparate da una commissione speciale per fronteggiare la crisi degli abusi sessuali del clero, ma di aspettare l’incontro fra i presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo convocato per il prossimo febbraio a Roma.
Aldo Maria Valli