Buongiorno, cari amici, e ben ritrovati con la rubrica L’uomo giusto al posto giusto. Che oggi vi propone altri tre nomi indubbiamente meritevoli.
Partiamo con monsignor Marcelo Sánchez Sorondo, argentino, filosofo e teologo, attuale cancelliere della Pontificia accademia delle scienze e della Pontificia accademia delle scienze sociali. Ruoli nei quali si è distinto per alcune affermazioni e iniziative notevoli.
Ammiratore di Mao buonanima e degli eco-catastrofisti, monsignor Sorondo è un innamorato della Cina e, poiché ben sappiamo che l’amore è cieco, è arrivato a sostenere senza sprezzo del ridicolo che «quelli che meglio mettono in pratica la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi», perché da quelle parti «l’economia non domina la politica, come succede negli Stati Uniti». Infatti «i cinesi cercano il bene comune, subordinando le cose al bene generale».
Da buon innamorato, il monsignore ha voluto conoscere da vicino l’oggetto del suo amore e ne è tornato ancor più affascinato: «Ho incontrato una Cina straordinaria, quello che la gente ignora è che il principio centrale cinese è lavoro, lavoro, lavoro. È come diceva san Paolo: chi non lavora non mangia. I giovani cinesi non si drogano, non ci sono baraccopoli e il governo difende la dignità della persona. In questo momento, quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi».
Innamorato perso della Cina e dei cinesi, il monsignore non lo è di meno delle frange estreme dell’ecologismo mondiale, quelle che non esitano a teorizzare la necessità del controllo delle nascite, anche tramite l’aborto, per salvare il mondo dagli umani.
La cosa che sembra dare più soddisfazione a Sorondo è organizzare conferenze, in Vaticano, invitando personaggi quali Paul Ehrlich e John Bongaarts, altri due uomini giusti al posto giusto. Infatti, convinto che l’uomo sia «un pericolo per il pianeta», Ehrlich è un abortista secondo il quale «gli insegnamenti morali della Chiesa sono antitetici quanto lo è un attacco terroristico», mentre Bongaarts, vicepresidente del Population Council (organismo che promuove il controllo delle nascite) ha scritto su Nature che «le donne dovrebbero poter scegliere tra più metodi contraccettivi, compresa la sterilizzazione».
Tra i frequentatori fissi delle iniziative promosse dall’ineffabile Sorondo c’è il professor Jeffrey Sachs, della Columbia University, e proprio a lui va oggi la palma di secondo uomo giusto al posto giusto.
A lasciar fare a Sachs, l’umanità dovrebbe essere vegetariana, i macchinari dovrebbero funzionare solo con l’ elettricità, i combustibili fossili dovrebbero essere vietati e i governi non allineati dovrebbero essere banditi. Un programmino leggermente dittatoriale, ma tutto per il bene dell’uomo, ovviamente.
Legato a Sorondo da un rapporto di grande stima, l’onnipresente Sachs, che di sé parla modestamente come del «leader globale nello sviluppo sostenibile» ed è ormai di casa in Vaticano, ha più volte esortato a legalizzare l’aborto come un modo economicamente efficace per eliminare i bambini indesiderati quando la contraccezione fallisce e ha definito l’aborto come un’opzione «valida», perché «a basso rischio e costi contenuti». Ossessionato dal problema del sovraffollamento, è arrivato a sostenere che la legalizzazione dell’aborto va perseguita perché riduce significativamente il tasso di fertilità totale di un paese.
Ma Sachs, oltre a essere un paladino del catastrofismo ambientale e del «diritto» all’aborto, è anche un vero colonialista. In quanto espressione della scuola economicista, che valuta ogni aspetto della vita e delle relazioni umane sotto il profilo economico, a prescindere da valutazioni morali, sostiene che i paesi più poveri e meno consapevoli dei problemi dovrebbero essere aiutati nel loro sviluppo «sostenibile», lasciando da parte certi aspetti poco moderni della loro cultura.
Bene. Vista la portata e il peso dei personaggi sopra menzionati, la nostra rubrica potrebbe anche fermarsi qui. Ma la regola vuole che gli uomini giusti al posto giusto siano almeno tre, e allora, signore e signori, eccoci alla nostra terza scelta di oggi (squillo di trombe): il monsignore argentino Víctor Manuel Fernández, detto Tucho, teologo, biblista, scrittore, poeta, docente universitario e arcivescovo metropolita di La Plata.
Amicissimo di Francesco e suo ghost writer (i paragrafi chiave, e più ambigui, dell’esortazione post-sinodale Amoris laetitia sono farina del sacco di Tucho) monsignor Fernández ha rivelato il suo genio al mondo con un libro intitolato Saname con tu boca. El arte de besar (Guariscimi con la tua bocca. L’arte di baciare), edito nel 1995 in Argentina. Sì, avete capito bene, un libro sul bacio. E presentato così dallo stesso Tucho: «In queste pagine voglio riassumere il sentimento popolare, quello che la gente prova quando pensa a un bacio, quello che sentono i mortali quando baciano. Per questo ho parlato a lungo con tante persone che hanno molta esperienza in materia, e anche con tanti giovani che imparano a baciare alla loro maniera».
Tutto ciò non è stupendo?
Ma Tucho Fernandez è capace di ben altre performance. Infatti, commentando il no all’aborto in Argentina, disse: «Non siamo tanto felici per i milioni di bambini che non verranno uccisi da una legge omicida, quanto siamo affranti per le donne che abortiranno clandestinamente o che portano avanti gravidanze indesiderate».
È appena il caso di sottolineare che monsignor Fernández a La Plata ha preso il posto dell’arcivescovo Hector Aguer, che ne è stato allontanato senza tanti complimenti al compimento dei settantacinque anni. Certo, è la legge canonica che stabilisce che una volta compiuti i settantacinque anni il pastore della diocesi debba presentare al papa la rinuncia, ma in genere a un vescovo sono concessi ancora un paio d’anni. Invece nel caso di Aguer, considerato troppo conservatore oltre che un po’ troppo amico di Benedetto XVI, la rinuncia è stata accettata subito, e al suo posto ecco Tucho.
Per oggi è tutto. Alla prossima puntata. E non mancate di inviare segnalazioni per L’uomo giusto al posto giusto!
Aldo Maria Valli