Essere cattolici. Ovvero lo splendore della Verità. Nel ricordo di Richard Neuhaus
Fra poco, l’8 gennaio 2019, saranno dieci anni dalla morte di padre Richard John Neuhaus, presbitero e scrittore canadese, naturalizzato statunitense. Pastore luterano, fu accolto nella Chiesa cattolica l’8 settembre 1990, nel giorno della Natività della Beata Vergine Maria, dal cardinale John O’Connor e l’anno successivo fu ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di New York. Fondatore della rivista First Things, fu autore di diversi libri, fra i quali Lo Splendore della Verità. Perché sono diventato cattolico (e sono felice di esserlo), del 2008.
Ricordare oggi Neuhaus significa rendere omaggio a un difensore degli insegnamenti della Chiesa cattolica in materia di aborto e difesa della vita, un innamorato della Chiesa che, ricordando la sua conversione, disse: “Nel mistero di Cristo e della Chiesa nulla è perduto. Se ora la mia comunione con la Chiesa di Cristo è totale, allora la mia unione con tutti coloro che credono in Cristo è più forte”.
La riconoscenza per la Chiesa luterana non venne mai meno (“Io non posso esprimere con adeguatezza la mia gratitudine per tutta la bontà che ho ricevuto nella confessione luterana. Lì fui battezzato, imparai le preghiere, fui nutrito dalla Scrittura e conobbi ciò che rappresenta il gratuito e meraviglioso amore di Dio”), tuttavia Neuhaus spiegò che l’approdo al cattolicesimo fu un completamento necessario: “Io mi feci cattolico per essere con pienezza ciò che già ero credendo nel protestantesimo. Nei miei trent’anni come pastore luterano non avevo altro per cui pregare se non i miei peccati e le mie debolezze. Giungere ad essere sacerdote della Chiesa cattolica significa compiere e concludere ciò che cominciai molti anni fa. Nulla che è buono è rifiutato, tutto è completato”.
E ancora: “Sono diventato cattolico per essere più pienamente ciò che ero e chi ero da luterano. Sono diventato cattolico quando ho scoperto che non riuscivo più a spiegare in modo convincente né agli altri né a me stesso perché non lo fossi”.
Padre Neuhaus fece proprio il detto di san Cipriano: “Chi ha Dio come Padre, deve avere la Chiesa come Madre”. E avere la Chiesa come Madre significa apprezzare l’autorità papale ed essere grati per questa potestà di insegnamento e di unità. “Quando noi protestanti avevamo qualche questione in sospeso – raccontò una volta – facevamo ricorso al sinodo del Missouri. I cattolici invece ricorrono al Papa. I cattolici credono di appartenere alla Chiesa. Noi appartenevamo al sinodo del Missouri”.
Ma il problema fondamentale fu la deriva del luteranesimo in campo morale. “Mi rattristò – spiegò – che una corrente luterana di questo paese [gli Stati Uniti, ndr] stesse travisando l’insegnamento tradizionale”, in particolare “riguardo alla morale sessuale” e “specialmente in relazione all’omosessualità”.
Diceva che per quanto uno studio possa essere condotto in modo rigoroso, non si può accettare che, attraverso un voto a maggioranza, si arrivi, citando la Scrittura, a una dottrina diversa da quella proclamata e testimoniata dalla Chiesa.
I protestanti, spiegava, sono spaventati dalla parola “infallibilità”, ma non bisogna temerla: “Significa semplicemente che la Chiesa mai sarà distrutta perché conserva la promessa di Gesù che non le permetterà di cadere nell’apostasia. Lo Spirito Santo non permetterà che la Chiesa insegni qualcosa di falso presentandolo come dogma di fede”.
Figlio di un pastore luterano, Neuhaus non amava definire la sua come una conversione. Si trattò piuttosto, diceva, di un approfondimento. Consigliere di George W. Bush, fu criticato e accusato di essere un neoconservatore, ma da lui non arrivarono mai polemiche.
Nel libro Lo splendore della verità, il cui titolo si ispira alla Veritatis splendor del suo amico Giovanni Paolo II, Neuhaus mette l’accento su un fatto generalmente trascurato: negli Usa sono decine di migliaia ogni anno i fedeli che decidono di passare dal protestantesimo alla Chiesa cattolica. E lo fanno nonostante l’opposizione di tanti preti che Neuhaus definiva “ecumaniaci”, ovvero maniaci dell’ecumenismo.
Neuhaus sosteneva anche che i cattolici del dissenso, a favore dell’aborto e del sacerdozio femminile, fanno molto rumore ma sono una sparuta minoranza. Occorre dunque non lasciarsi condizionare e lavorare per la conferma della dottrina tradizionale.
Ma perché un cristiano non cattolico si sente attratto dalla Chiesa di Roma? Secondo Neuhaus, un motivo decisivo sta nella ricerca della verità e nella risposta, offerta dalla sintesi tra fede e ragione, che si trova solo nel cattolicesimo. “Credo che la verità abbia la sua forza di gravità nell’attirare gente in cerca di una sintesi convincente di fede e ragione. Un itinerario tipico parte dal retroterra di una delle tante denominazioni protestanti, arriva poi a una tradizione con una più forte dimensione liturgica, come la luterana o l’anglicana, e approda infine al cattolicesimo, come una sorta di post-laurea della carriera scolastica cristiana”.
Quando, nell’aprile 2008, Benedetto XVI si recò negli Stati Uniti, padre Neuhaus rimase colpito dalla dolcezza del papa, dal suo coraggio nel denunciare lo scandalo degli abusi sessuali e dall’efficacia con la quale riuscì a presentare “il Vangelo e la comprensione cattolica del Vangelo come una prospettiva invitante per chi voglia vivere la vita come una grande avventura morale e spirituale”.
Circa l’enciclica Humanae vitae, Neuhaus diceva che “le devastazioni prodotte dall’aborto, dal fallimento dei matrimoni e dalla divisione delle famiglie testimoniano la saggezza” di quel documento.
A proposito delle divisioni nella Chiesa del post Concilio Neuhaus era ottimista. Pensava che nella disputa tra sostenitori della discontinuità e paladini della continuità i secondi, per grazia di Dio, si fossero imposti sui primi. Sarebbe interessante sapere che cosa avrebbe detto oggi, alla luce dell’attuale pontificato.
“Sono diventato il cattolico che ero” rispondeva quando gli venivano rivolte domande sul suo approdo al cattolicesimo. Credeva che il futuro della Chiesa fosse nella fedeltà e nella continuità, non nel soggettivismo e nella novità.
Pensando di metterlo in difficoltà, i critici lo accusavano di essere diventato cattolico a causa di un bisogno di autorità. Al che lui rispondeva senza scomporsi: “Ho sentito l’esigenza dell’autorità, dell’obbedienza, della sottomissione? Ma certo”.
Gilbert Keith Chesterton disse: “Questa è l’epoca in cui ci si aspetta che il cristiano lodi ogni credo tranne il suo”. Uomini come Richard John Neuhaus ci insegnano a riscoprire le ragioni per lodare il nostro credo cattolico.
Aldo Maria Valli