Don Minutella: “Ecco perché combatto la Chiesa liquida”
È il 13 novembre 2018 quando l’arcidiocesi di Palermo notifica a don Alessandro Maria Minutella un decreto di scomunica datato 15 agosto 2018: “L’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, dichiara le scomuniche latae sententiae, in cui lo stesso sacerdote è incorso per il delitto di eresia e per il delitto di scisma”.
Il provvedimento ha fatto seguito alla sospensione a divinis avvenuta nel 2017.
Anche se per la Chiesa è ormai ex parroco ed ex sacerdote, don Minutella non rinuncia a far sentire la sua voce. Definisce la Chiesa attuale “neoariana, neomodernista e neoluterana” e, respinta al mittente l’accusa di eresia, vi aggiunge quella di apostasia, mettendo duramente sotto accusa papa Francesco, da lui considerato pontefice non legittimo.
Come si può ben capire, siamo in presenza di un caso limite, pieno di risvolti che lo rendono quanto mai controverso. Inoltre don Minutella, per sua stessa ammissione, si esprime in modo alquanto dirompente. Ritengo tuttavia che alcune sue argomentazioni, al di là del modo in cui sono espresse, contengano elementi degni di essere presi in considerazione. Ecco dunque perché, anche in seguito alle richieste di non pochi lettori, ho deciso di porre a don Minutella alcune domande.
Circa l’opportunità di dagli voce, confesso che sono rimasto a lungo in dubbio. Il caso è di quelli che possono facilmente scandalizzare molti fedeli introducendo motivi di polemica e di divisione in una Chiesa oggi già molto divisa al suo interno. Alla fine però ho pensato che portare alla luce certe questioni, per quanto scabrose, sia doveroso, perché aiuta a prendere consapevolezza della situazione nella quale stiamo vivendo.
Inutile aggiungere che intervistare don Minutella non significa automaticamente, da parte mia, condividere le sue posizioni. Significa semplicemente vedere nella vicenda del prete palermitano un caso che merita attenzione per le questioni di fondo che mette al centro dell’attenzione.
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Don Minutella, come sta vivendo questa fase della sua vita? E con quali sentimenti, in particolare, nei confronti del papa e della Chiesa?
Direi che, in realtà, l’agenda del mio apostolato non ha risentito molto di queste ultime, plateali condanne (due scomuniche), anzi, sono molto impegnato nella preparazione del raduno della resistenza cattolica il prossimo 26 gennaio, il terzo, dopo quelli di Verona e Milano. Saremo nuovamente a Verona, e verranno fedeli cattolici, stanchi dell’impostura in corso e desiderosi di aggregarsi intorno ad un “centro” della fede cattolica, che custodisca il “deposito della fede” contro la contaminazione in atto. Sono anche molto impegnato nelle catechesi che tengo sulla pagina Facebook “Radio Domina Nostra” e su una piattaforma web, che si chiama “TV Domina”. Riesco anche a trovare del tempo per scrivere libri e per intrattenere una rete di relazioni spirituali con gente di tutta Italia e non solo. Insomma sono sempre molto impegnato. E, del resto, le scomuniche che la chiesa bergogliana, eretica, apostata, mi ha comminato, mi lasciano realmente indifferente. Ho potuto mostrare con argomenti cogenti che, da quando Bergoglio ha preso in mano il governo, l’eresia neoariana, neomodernista e neoluterana si è data convegno a Roma, nel centro e nel cuore della cattolicità, con un vero “colpo di stato”, che rende questa chiesa bergogliana del tutto inaffidabile.
Immagino che in lei ci sia molta sofferenza…
Le dirò che sono molto sereno, in pace, anche se porto nel cuore tanta sofferenza per come vanno le cose nella Chiesa. Direi che sento forte ciò che san Paolo chiamava “thlipsis”, cioè la “tribolazione”, non però quella amara del mondo, ma quella che viene da Dio, che sgorga del mistero della croce e che, in definitiva, rende fecondo ogni apostolato. Sempre, fin dal Seminario, ho avuto chiaro, sia per lo studio appassionato della teologia, sia per luce interiore, attraverso la preghiera, che la Chiesa, corpo mistico di Cristo, non è una realtà primariamente umana, una sorta di azienda, di multinazionale, ma è realtà di grazia, dove abita lo Spirito del Signore Risorto. E quando circa due anni fa ho iniziato, in modo del tutto imprevisto, una presenza nei network in difesa della sana dottrina cattolica, ebbene, mai avrei immaginato che, per volere evidentemente del cielo, sarei divenuto un punto di riferimento per tantissima gente, anche se i media mi ignorano oppure provvedono a demonizzarmi. Non immaginavo che “Radio Domina” potesse, in modo così rapido e senza mezzi concreti, diffondere in modo così popolare, la mia voce, certo sempre abbastanza alta (!), in difesa della fede cattolica. In fondo, le due scomuniche bergogliane sono la risposta di un establishment che si è trovato dapprima impreparato e poi persino intimorito da un prete di periferia, senza mezzi e senza strumenti, che si è gettato nell’arena mediatica, certo di essere presto perseguitato, ma perciò stesso, gioioso di farlo, pur di difendere la fede semplice del popolo di Dio. Ho iniziato, dunque, del tutto ignaro del “successo” numerico, eppure, come stavo dicendo prima, consapevole che avrei conosciuto la persecuzione e la condanna. Sapevo, infine, che, fin da subito, il Signore mi sarebbe stato vicino e che avrei sperimentato non solo la presenza della Santa Vergine, ma persino quella misteriosa, indecifrabile gioia che proviene dal subire persecuzione per l’annuncio della verità del vangelo.
Credo che, su tutto, in me domini una grande devozione filiale, una sorta di relazione vera con la Santa Vergine, che avverto sempre accanto a me e che mi sostiene nei momenti di prova.
Un uomo di fede come recepisce la scomunica?
La scomunica, come insegna Tommaso d’Aquino in S.Th. (Suppl., q.21, a.2) è un atto di giudizio che la Chiesa adopera imitando il giudizio di Dio. Mi domando: forse Dio ha voluto che io venissi escluso dalla comunità credente, senza confronto, senza dialogo, senza accenno alcuno, da parte del misericordioso Bergoglio, a un tentativo di ravvedimento? Tutti possono sapere le cose che io dico, perché sono di dominio pubblico. Dove stanno le affermazioni eretiche persistenti? Infine, ancora san Tommaso, in S.Th. (Suppl., q.21, a.4), afferma che la scomunica è ingiusta “causa excommunicationis est indebita, vel quia infertur sententia iuris ordine praetermisso” (“per mancanza di giusta causa o per inosservanza delle norme giuridiche nell’atto di infliggerla”). Inoltre, ed è questo il passaggio più importante, secondo Tommaso, “excommunicatus non potest excommunicare” (Suppl., q.22, a.3). E Bergoglio, a causa di un’elezione invalida, è incorso nella scomunica latae sententiae a norma della Costituzione Universi Dominici Gregis. Dunque, se Bergoglio è scomunicato, io non lo sono, grazie a Dio.
Lei è stato scomunicato – mi corregga se sbaglio – per eresia e scisma. Può spiegarci in modo semplice perché è incorso in questo provvedimento e come lo giudica?
A dire il vero, non per snobbare, ma come dicevo all’inizio, non ho posto particolare attenzione ai contenuti delle due scomuniche che, per l’appunto, sarebbero motivate da scisma ed eresia. Me le attendevo da tempo, ma sapevo, in una sofferta e progressiva maturazione nella preghiera personale, che queste due scomuniche, come già la sospensione a divinis e la rimozione da Parroco, sono invalide, perché motivate da un governo, quello di Bergoglio, già eretico, scismatico e, persino, scomunicato latae sententiae a causa delle manovre che hanno portato prima alle dimissioni di Benedetto XVI e poi al piazzamento di Bergoglio nel Conclave pilotato del 2013, come ha dichiarato il Cardinale Danneels, non certo etichettabile come esponente antibergogliano, anzi!
In uno dei suoi libri, a riguardo della comunione ecclesiale, Benedetto XVI ha potuto parlare di una scomunica esteriore che, malgrado tutto, non coinvolge e non può farlo, l’intimo sacrario della coscienza. Ecco, io mi appoggio proprio a questa verità. Sento nel cuore che non solo è invalido il motivo delle mie condanne e che, al contrario, soprattutto dopo la pubblicazione di Amoris laetitia, è proprio Bergoglio ad essere eretico e scismatico, perché clamorosamente rompe con il bagaglio dell’ininterrotta Tradizione, ma che perciò stesso, queste condanne sono addirittura un merito agli occhi di Dio. Il clima di paura e di terrore che Bergoglio ha introdotto nella Chiesa non è riuscito a spegnere del tutto la profezia, perché la Chiesa non è un’azienda da gestire in collaborazione con alleanze trasversali, ma è la sposa di Cristo, mistero di grazia e di comunione. Così ci sono stati i dubia dei cardinali, poi – per altro verso – la denuncia del coraggioso e ammirevole monsignor Viganò a riguardo della brutta e sporca vicenda del cardinale pedofilo americano McCarrick, quindi qua e là alcune voci (a volte troppo timide), infine c’è questo don Minutella che, invece, contestato per i modi eccessivi, è come una “zanzara” che realmente ha costretto il misericordioso governo bergogliano a togliere la maschera.
Qual è a sua giudizio la questione teologica di fondo?
La questione teologica rilevante è che il cosiddetto processo di cambiamento, apparentemente innocuo e persino affascinante, che Bergoglio ha più volte dichiarato di attuare, in realtà nasconde un progetto più ambizioso, che è quello di “svendere” la Chiesa al pensiero del mondo. Mi ha colpito che, qualche giorno fa, Eugenio Scalfari abbia elogiato Bergoglio come il papa che, più di ogni altro, ha aperto la Chiesa alla modernità. È una questione, come si può vedere, centrale e, forse, decisiva per la sopravvivenza del cattolicesimo romano. Padre Antonio Spadaro – uno dei portavoce di Bergoglio – insiste su questo punto, e con lui tutto l’entourage vaticano: il papa starebbe attuando processi di cambiamento, semplicemente avviandoli, e lasciando che questi processi entrino in discussione nella Chiesa, finché sia possibile un accreditamento pastorale. Ora, però, la Chiesa non è un parlamento, e il papa non è uno che porta il proprio pensiero. Inoltre, la Chiesa è già da tempo sul banco degli imputati e il tribunale modernista ha già da tempo emesso la sentenza di condanna. Bergoglio ha ribaltato ogni previsione. Le aperture e i processi di cambiamento appaiono al sinedrio dell’intellighentia modernista come un insperato o, forse, pilotato, processo di assoluzione. In una parola, la Chiesa finalmente ha smesso di essere dogmatica e moralista, e si è aperta al cambiamento. Ora può apparire simpatica, piaciona, ma il prezzo è troppo alto, e non è stato calcolato a sufficienza. Le chiese, infatti, si svuotano sempre di più. La percentuale di partecipazione alla messa domenicale in alcuni paesi, come la Francia, è scesa pressoché a livelli di guardia (si aggira intorno al 5 per cento) e l’Italia regge con un ben misero 15 per cento, tanto che la Santa Sede ha annunciato la possibilità clamorosa di una svendita dei luoghi di culto. Gli Angelus e i momenti celebrativi a San Pietro sono sempre meno partecipati, e persino il Giubileo della Misericordia, annunciato con tanta enfasi, è risultato un clamoroso fallimento. Qui si realizza la profezia di san Pio X che aveva detto a riguardo dell’entusiastico progetto di modernizzare la Chiesa: “Quando l’avrete fatto, amico mio, quelli che erano dentro se ne andranno, ma quelli che sono fuori non entreranno”. Mentre, significativamente, le chiese dove si celebra la messa tradizionale si riempiono sempre di più, soprattutto di giovani. Il professor Fontana ha potuto dimostrare che questo progetto, che ha anche e forse soprattutto ragioni di tipo politico, in realtà attua il disegno di riforma di Karl Rahner. E, forse ancora, in fondo, Bergoglio ha voluto che anche la Chiesa cattolica, fin qui baluardo inespugnabile e roccia della fede, diventasse – per dirla con il celebre sociologo Zygmunt Bauman – liquida, come la società moderna. Le immagini delle celebri cattedrali italiane trasformate in osterie, con tanto di vescovi camerieri, danno il senso di un’operazione che, molto probabilmente, come dirò più sotto, ha qualcosa di apocalittico.
Lei parla di invalidità delle dimissioni di Benedetto XVI e dell’elezione di Francesco…
Il progresso non prevede rottura, ma continuità armonica. E a tutto questo va aggiunto quello che, a mio avviso, resta il nodo centrale della questione. E cioè l’invalidità delle dimissioni di Ratzinger e l’elezione pilotata di Bergoglio. Questo processo di apertura della Chiesa alla modernità non è più soltanto una questione di tipo teologico, come fino a qualche anno fa, quando, per esempio, il cardinale Martini auspicava processi di riforma. È divenuto un affare sporco, come dimostra l’esistenza inconfutabile della cosiddetta mafia di san Gallo, e le esternazioni “sismiche” del cardinale Danneels, abilmente occultate dall’establishment bergogliano, di cui il porporato belga si faceva vanto di essere uno degli esponenti di spicco.
È vero che, su questo punto, soprattutto dopo il raduno di Verona dello scorso 9 giugno (boicottato dai media, pur essendo presenti più duemila persone), ho puntato la mia attenzione, con toni fuori, diciamo così, dalle righe, ed è anche vero che vengo contestato, da non pochi ambienti legati alla Tradizione, per i modi eccessivi, ma nei Vangeli c’è spazio sia per Giovanni Apostolo (silenzioso e contemplativo), sia per il Battista (che grida e fa il profeta). Spesso mi si cita san Pio da Pietrelcina come modello di obbedienza ma, a parte il fatto che questa è una caricatura (dal momento che egli ha avuto modo di dissentire da alcuni orientamenti modernisti, introdotti dal governo di Giovanni XXIII, soprattutto a riguardo della riforma della messa antica), comunque sia, nella Chiesa esiste anche sant’Atanasio che, per opporsi all’eresia ariana, potente e allineata col potere imperiale del tempo, prese ben quattro scomuniche e si mise da solo contro tutti, senza mai smettere di urlare. È piuttosto imbarazzante che la Chiesa bergogliana mi scomunichi due volte e che proprio quegli esponenti di Bergoglio che mi additano come un nuovo Lutero siano poi in estasi quando, in modo del tutto ingiustificato, Bergoglio elogia il riformatore tedesco come uomo di fede e testimone dello Spirito! Che debba essere assimilato a Lutero, demolitore del cattolicesimo romano, perché, invece, mi sono parato innanzi (proprio come quel giovane cinese dinanzi al carro armato in piazza Tienanmen) per difendere la fede cattolica, ecco, trovo che questo dia il segno della grande confusione che l’era bergogliana ha introdotto nella Chiesa.
Come giudica il metodo applicato dalla Chiesa nei suoi confronti?
Non è che io mi sia fatto avanti con una presa di posizione priva di contenuti. Ho due dottorati in Teologia, sono autore di diversi libri, conferenziere apprezzato per tutta Italia, esperto del pensiero di von Balthasar; soprattutto ho un cuore nel quale alberga la carità pastorale. In una parola, sono uno di quei pochi (veramente pochi, lo scenario è piuttosto desolante!) che, di fronte al lupo, non fugge, perché ha a cuore le pecore. Per dirla con Bergoglio, io faccio odor di pecore, e vengo proprio dalla periferia, così le mie condanne, in fondo, dovrebbero suggerire qualche dubbio sulle reali intenzioni di chi vuol costruire ponti non muri, e poi lascia che io venga scomunicato, senza mai un confronto. Questo metodo staliniano non è stato adoperato neppure con Lutero, perché il papa cercò, con l’invio di un cardinale, di dialogare. Chiesa bergogliana che dialoga con il mondo, e poi uccide i propri figli!
Vorrei ancora aggiungere che ho visto il cattolicesimo romano, non quello radicalmente tradizionalista, ma quello in cui mi sono formato (quello postconciliare, quello della stagione wojtyliana e ratzingeriana) preso d’assalto, in vista della sua cancellazione. Ho ravvisato in questo attacco l’attuazione del terzo segreto di Fatima, che parla di apostasia e perdita della fede a Roma. Certo, già monsignor Lefebvre aveva messo in luce i rischi di una deriva della fede a causa degli orientamenti pastorali postconciliari, e mentre i pontefici, da Paolo VI a Benedetto XVI, hanno difeso la validità del Concilio Vaticano II, non hanno nascosto – soprattutto Ratzinger – taluni processi di appropriazione del Concilio da parte delle falangi radical-progressiste (quelle, per intenderci, che hanno condotto, per esempio, alla stesura del Catechismo Olandese o alla canonizzazione del pensiero teologico di Karl Rahner, esponente di spicco del relativismo dogmatico ed etico). Evidentemente il Concilio deve esser stato debole nelle definizioni oppure – spiace dirlo – forse ambiguo, dal momento che ha cercato una cucitura improbabile tra visione neomodernista (che pressava per le riforme già dai tempi di Pio X) e visione tradizionalista. In ogni caso, Lefebvre aveva visto giusto in molte cose. E paradossalmente non c’è molta differenza tra le dichiarazioni del vescovo francese, che puntava il dito contro il relativismo imperante e la misteriosa cancellazione della messa antica, prevedendo un crollo della fede dal sapore apocalittico, e le laconiche esternazioni di uno smarrito Paolo VI, che parlava di fumo di satana e di inverno profondo, di contestazione diffusa, fino a domandarsi se fosse sopravvissuta ancora a lungo la fede cattolica, e giungendo – nei dialoghi con Jean Guitton – a ritenere probabile la fine dei tempi e la sopravvivenza del cattolicesimo in un piccolo resto.
In prospettiva storica come giudica la situazione della Chiesa?
Io sono cresciuto nel cattolicesimo italiano postconciliare, immerso nell’entusiasmo del carisma di Wojtyla che, tuttavia, nascondeva nodi irrisolti. Sono erede anch’io di una fede del tutto spogliata del culto eucaristico tradizionale e della devozione mariana, anche se al Sud si è stati fin qui piuttosto protetti. Ero un adolescente appassionato dell’identità cattolica e ricordo al liceo classico, uno dei più avanzati nel pensiero comunista e neomarxista, la volontà di difendere la Chiesa dall’assalto del neomodernismo. Nel frattempo, come dicevo, grazie al carisma di Giovanni Paolo II, la Chiesa ha retto all’urto postconciliare, sebbene, come fiume carsico, il progressismo teologico e liturgico ha lentamente lavorato per tenere il monopolio dei centri accademici e dei Seminari, in attesa del momento propizio per il golpe finale. Già nel 2005 si erano potute creare le condizioni perché Bergoglio diventasse papa, ma evidentemente qualcosa deve essere andata storta. Il 2013 è l’anno decisivo: dimissioni di Benedetto XVI ed elezione di Bergoglio, invalida perché orchestrata.
Insomma una sorta di frattura invisibile, dove, accanto al pensiero ufficiale, quello del Magistero che, tenendo in piedi il Concilio, lo cuciva con la Tradizione, si andava sempre più costruendo, quasi alla maniera del romanzo di Frankenstein, un pensiero parallelo che, facendo del Concilio una sorta di perestrojka ecclesiale, intendeva cambiare per sempre l’identità cattolica, con una forma di odio e di rabbia verso tutto ciò che era sintetizzato nel tema del cosiddetto “preconcilio”. Benedetto XVI, papa teologo, successore di Wojtyla, ha provato finché ha potuto a reggere l’urto dell’ormai inevitabile scontro tra i due contrapposti modelli di Chiesa, quella ufficiale, che voleva l’aggiornamento e il dialogo, che operava la riforma liturgica, ma in continuità con la Tradizione, e quella parallela (ma sempre più potente) che, invece, voleva cambiare per sempre la Chiesa, operando una rottura definitiva con la Tradizione. Il fulmine sulla cupola di San Pietro all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI dà l’idea di un urto che è qualcosa di più che un semplice confronto finale tra le due visioni: in realtà era un segno profetico, perché – ed è qui che si inserisce il mio impegno – il golpe progressista e massonico risponde all’attuazione del terzo segreto di Fatima. Bergoglio è più che il Concilio Vaticano II. Se l’assise conciliare, nonostante i tentativi di appropriazione da parte della falange progressista, è rimasta piuttosto in equilibrio (nonostante la sua palese debolezza), con Bergoglio siamo alla rottura clamorosa. Esiste senz’altro ormai una stagione che sarà chiamata pre e post bergogliana, ciò che era pre e postconciliare comincia a non avere più rilevanza. Il pre-bergoglio è tutto ciò che è cattolico, il post è invece esattamente il contrario. Di fronte a questa operazione, che ha portato alla celebrazione del pensiero neomodernista, neoluterano e soprattutto neoariano (il più nocivo, perché nega la divinità di Cristo, e si presenta realmente come matrice anticristica, per cui Gesù è soltanto un grande profeta accanto ad altri fondatori religiosi), che io sia stato “messo fuori” la vedo come una grazia, non come una disgrazia. Io infatti ho deciso di rimanere prete cattolico, ancorato alla Tradizione, non come fariseo dal cuore duro (secondo le eleganti espressioni di Bergoglio), ma come prete che, nonostante l’assedio anticattolico del postconcilio, è rimasto ancorato alla Tradizione.
Perché, don Minutella, la sua decisione di scendere in campo?
In tutto quanto ho descritto ho visto il silenzio inspiegabile di tanti Pastori, incapaci di schierarsi dalla parte della verità (in ragione di un’idolatria del tema dell’obbedienza al Superiore che, tuttavia, mai va data, quando quest’ultimo è palesemente eretico, perché cessa ogni potestà di giurisdizione), insomma, ho assistito al lento, inesorabile assedio della fede, al trionfo di quella che von Balthasar chiamava weltelei, “smania del mondo” e, per questo, ho deciso di giocare tutto pur di resistere, secondo le indicazioni del Nuovo Testamento, all’impostura in corso, dal momento che non bastano i proclami, ma bisogna metterci la faccia. Verificare il tradimento di questa Chiesa bergogliana, solo apparentemente felice di riscoprire il dialogo con il mondo, e in realtà sempre più smarrita nella propria identità, mi ferisce non poco. Ma, grazie a Dio, il Concilio Vaticano II è pastorale, non ci sono dogmi (per quei “giochi” di Dio che, alla fine, rendono ragione dello svolgimento lineare del piano salvifico) e così nessuno è tenuto a far propri gli orientamenti conciliari, soprattutto quando – come in materia di dialogo interreligioso, dialogo col mondo, ecumenismo, riforma liturgica – dappertutto si respira delusione e smarrimento. Io credo di aver inaugurato una nuova forma di risposta, non più quella accademica (sempre più isolata quando si è trattato di rimanere ancorati alla Tradizione), né quella fatta di strategie nascoste. Ecco, io sono sceso in campo, denunciando apertamente (come tutti possono verificare su Radio Domina Nostra) e con pochi mezzi a disposizione, senza alleanze, senza pianificazioni, ma con la sola forza della fede, le bizzarrie eretiche e le stravaganze inaccettabili del cosiddetto governo bergogliano che, grazie al cielo, non è quello valido, perché il papa resta Benedetto XVI e perché, come sempre ribadisco, l’elezione di Bergoglio è invalida a norma della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis.
In definitiva, quando Benedetto XVI, interrogato sull’aereo che lo portava a Fatima nel 2010, ha detto che il terzo segreto di Fatima non è solo alle nostre spalle, ma anche dinanzi a noi e riguarda l’apostasia della fede nella Chiesa, ecco, là troviamo il senso della mia battaglia.
Non sono un povero sognatore o uno sprovveduto leader pentecostale, questo che viviamo è proprio il tempo dell’occupazione di Roma da parte di satana. È ciò che la Santa Vergine aveva detto a La Salette nel 1846: “Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’anticristo”. Questi tempi sono quelli dell’invasione satanica intravista alla fine dell’800 da papa Leone XIII, sono i tempi di Fatima che, appunto, parla di apostasia, sono ancora i tempi della piena attuazione dei testi neotestamentari che parlano degli ultimi tempi (in particolare la 2 Tessalonicesi), sono i tempi previsti persino dal Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 675, quando – in un insolito registro apocalittico – parla di una “prova finale” per la Chiesa con l’avvento dell’impostura anticristica. In tutto ciò, anche a causa delle sofferenze subite e per il non irrilevante seguito, credo di possedere una missione che porterò avanti, con la forza della fede. Soprattutto attribuendo un grande valore alla corona del santo rosario. Poi sarà quel che Dio vuole.
Secondo lei – anche qui mi corregga se sbaglio – le Sante Messe celebrate in comunione con papa Francesco non sono valide. Ci può spiegare perché? E come si deve celebrare la Messa, a suo giudizio, perché sia valida?
Credo sia la questione rilevante. Parto da una constatazione. Quando era ancora Cardinale, Ratzinger era a conoscenza del terzo segreto di Fatima. Nel 2000 ha sposato in pieno l’interpretazione di papa Wojtyla, affermando anch’egli che tutto era stato detto, salvo poi smentirsi coraggiosamente quando, nel 2010, da papa, ha affermato che invece il terzo segreto è anche innanzi a noi e non si è del tutto realizzato. Ancora da Cardinale, nell’intervista a tutto campo con Messori, circa il contenuto del terzo segreto, Ratzinger ha rinviato a due testi biblici (Dn 9 e Mt 24), dove si trova il tema dell’abominio della desolazione. Un rinvio che anche suor Lucia, intervistata sul contenuto del terzo segreto, ha fatto. Ora, che tipo di collegamento c’è tra questo rinvio al tema biblico dell’abominio e il terzo segreto? Io credo di aver trovato la risposta. Il Romano Pontefice è il principio visibile della Communio (come sant’Agostino chiamava la Chiesa) ed è intorno a questo principio visibile che si celebra l’Eucaristia. L’UNA CUM non è una menzione qualunque (che, per esempio, nel Canone Romano precede le parole della consacrazione), ma appunto questione decisiva. Perché è la Chiesa che celebra il mistero eucaristico. Ora, siamo oggi in presenza di due papi. Quale di essi è veramente il papa, il principio visibile della comunione ecclesiale? Perché, diversamente, l’unione con uno che non è il papa, introduce proprio il tema dell’abominio. È vero che ci sono state stagioni nelle quali c’erano persino tre papi, ma ciascuno diceva di essere quello vero, appunto perché rimaneva logico che Pietro fosse uno solo. Quel che io sostengo è che Bergoglio non solo è eretico e apostata, ma non è affatto il papa, dal momento che l’elezione è stata pilotata, e perciò passibile di scomunica. Così, come potremmo pensare che lo Spirito Santo, che è il principio invisibile della Communio, agisca in contraddizione con sé stesso? La messa UNA CUM Bergoglio è invalida per il semplice fatto che egli non è il principio visibile, al di là del fatto che sia eretico. Cioè se fosse stato papa, anche se eretico, l’UNA CUM avrebbe avuto ancora un senso. Invece non è il papa; dunque ogni azione liturgica in unione con lui è espressione di quella che monsignor Fulton Sheen chiamava il “corpo mistico dell’anticristo”, più precisamente della Chiesa mondana che egli definiva come antichiesa. Riporto per esteso la profezia di Sheen, perché la trovo impressionante per il realismo fotografico che ritrae il momento presente: “Il Falso Profeta avrà una religione senza croce. Una religione senza un mondo a venire. Una religione per distruggere le religioni. Ci sarà una Chiesa contraffatta. La Chiesa di Cristo sarà una. E il falso profeta ne creerà un’altra. La falsa Chiesa sarà mondana, ecumenica e globale. Sarà una federazione di Chiese. E le religioni formeranno un certo tipo di associazione globale. Un parlamento mondiale delle Chiese. Sarà svuotato di ogni contenuto divino e sarà il corpo mistico dell’anticristo. Il corpo mistico sulla terra oggi avrà il suo Giuda Iscariota e sarà il falso profeta. Satana lo assumerà tra i nostri vescovi“.
Vede che, dopo un’ampia discussione sulle aporie del governo bergogliano, ho condotto la questione sull’aspetto decisivo, e cioè che Bergoglio è invalidamente eletto in un Conclave pilotato, e pertanto tutti gli atti del suo governo, grazie a Dio, sono nulli e invalidi.
Ci può ancora essere spazio per l’agire salvifico di Cristo al di là di colui che è veramente Pietro? Nella persona fisica di Benedetto XVI permane lo statuto dell’identità cattolica. Il munus identifica. E non può essere condiviso. Perché Gesù ha detto: tu sei Pietro, non voi siete Pietri. Così l’abominio è in atto. E porta a compimento l’attuazione finale del terzo segreto di Fatima, che parla di un piccolo resto cattolico, in unione con Benedetto XVI, in cui permane la presenza del Signore, mentre la falsa chiesa, maggioritaria e piaciona, capeggiata da Bergoglio, piazzato in Vaticano con un vero golpe, ne è del tutto priva.
Che poi milioni di fedeli possano rimanere privi della presenza eucaristica, visto che le messe sono in comunione con il falso papa, ebbene, proprio questo è ciò che attua l’abominio della desolazione, anche in ragione di un mondo sacerdotale appiattito e privo di slancio. Si realizzano le profezie della Scrittura, come diceva Ratzinger, e sebbene l’agire di Dio ci appaia misterioso, forse anche inaccettabile, pure resta agire salvifico. Giorni fa una fedele devota mi diceva: “Don Minutella, come è possibile che Dio permetta che milioni di fedeli nel mondo cattolico rimangano privi della presenza reale del Signore?” Le ho risposto: “Figliola, cambia il senso della domanda, e cioè: come è possibile che milioni di fedeli nel mondo si ostinino a non voler vedere i segni dei tempi? Stiamo vivendo l’Apocalisse”.
Certo, se i pontefici, a partire da Giovanni XXIII, avessero obbedito alla richiesta della Santa Vergine che, tramite suor Lucia, domandava che si rendesse noto il terzo segreto, oggi le masse cattoliche sarebbero tutte preparate alla sfida in atto. In realtà, le strategie poste in atto – come per esempio quella iniziale di Giovanni XXIII che preferì un inspiegabile ottimismo, bollando come “profeta di sventura” la povera suor Lucia, o come quando il cardinale Bertone si è ostinato ad affermare che il terzo segreto era del tutto realizzato, salvo poi vedersi clamorosamente smentito da Benedetto XVI – ecco, queste strategie hanno sortito l’effetto opposto, perché erano mosse da preoccupazioni umane, non da obbedienza agli appelli del cielo. Fatima è realmente il centro interpretativo di tutto quanto stiamo vivendo. I pontefici hanno avuto timore di scandalizzare le masse cattoliche, ma oggi che il terzo segreto, mediante una falsa chiesa, una falsa messa, un falso papa, si sta attuando, ecco che la mancata notificazione ha prodotto ciò che la Santa Vergine voleva evitare, quando nel 1960 chiese al papa di rivelare il contenuto del terzo segreto. Dappertutto ora regna la confusione, lo smarrimento, il dubbio, la divisione. Sembra a volte, come diceva Paolo VI, anch’egli incapace purtroppo di misurarsi con il mistero di Fatima, che la Chiesa cattolica si stia come liquefacendo.
Alcuni ritengono che con l’essere passato dalle critiche verso l’attuale pontificato alla disubbidienza nei confronti dell’autorità visibile della Chiesa lei si sia messo di fatto fuori dalla Chiesa stessa. Come risponde?
Probabilmente la successione argomentativa precedente dà il senso a questa ulteriore domanda. Io obbedisco al papa regnante, dimissionario perché costretto, obbedisco al Magistero ufficiale, non a quello parallelo, obbedisco alla sana dottrina cattolica (espressa nei dogmi e nei pronunciamenti magisteriali e catechetici), non alla bizzarra messinscena di un magistero parallelo, prostituito alle mode del tempo. Benedetto XVI resta il Romano Pontefice, e per lui e per la verità cattolica io spendo me stesso. Piuttosto, se si guarda alla definizione di setta religiosa (visto che i media bergogliani mi accusano di averne fondata una nuova), vi si legge che essa nasce quando ci si distacca da un patrimonio dottrinale ufficiale. Alla luce di questo, soprattutto con Amoris laetitia, noi rimaniamo cattolici, mentre questa falsa chiesa bergogliana, seppur maggioritaria e al comando, è settaria e scismatica. Il concetto di uno “star fuori” non è prima di tutto canonistico e giuridico, ma spirituale. Come dice Giovanni, e penso proprio alla falsa chiesa neoariana, “sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri” (1Gv 2,19). Occorre solo pazienza e perseveranza, che il Nuovo Testamento sintetizza in una sola parola decisiva, la hypomoné, in attesa che trionfi il Cuore immacolato di Maria. Dovrebbe aiutare la distinzione che Benedetto XVI, poco prima di dimettersi, ha fatto tra i credenti che vivono la hypomoné e quelli che, invece, la perdono, secondo quanto si legge in Eb 10,39: “Noi non siamo di quelli che cedono, per la propria rovina, ma uomini di fede per la salvezza della nostra anima”.
Don Minutella, che cosa le chiedono le persone che continuano a seguirla e ad aver fiducia in lei?
In realtà, io non ho seguaci, e lo dico non per retorica. Resto sempre, comunque, un povero prete di periferia. La gente che ha fiducia in me è quella che vuol rimanere semplicemente cattolica, che volta le spalle alla falsa chiesa bergogliana. E che, esercitando il discernimento e ponendo attenzione a quello che il cosiddetto “sensorium Dei” percepisce, cioè l’intima voce (che è sempre difficile seguire, perché la verità costa esposizione), si schiera dalla parte giusta, anche quando, come spesso succede, è impopolare.
Come giudica in generale l’attuale situazione della Chiesa cattolica e che cosa vede nel futuro? Quali le più forti preoccupazioni e quali invece i motivi di speranza?
Von Balthasar, constatando il lento e inesorabile declino del cattolicesimo postconciliare, ha parlato di Cordula, ossia il caso serio. Cordula, secondo la leggenda, è una vergine che, di fronte ai barbari, mentre le altre sorelle muoiono martiri per non perdere la verginità, si nasconde sotto la neve. Ma all’alba, riemergendo, decide di andare lei stessa incontro ai carnefici, per suggellare con il martirio la sua fede. La Chiesa, diceva von Balthasar, dopo il Concilio è come Cordula: col pretesto del dialogo con il mondo, si è in realtà nascosta, ha perduto di vista la propria identità. Solo quando passerà questa stagione – che il Catechismo chiama “prova finale” – la Chiesa finalmente tornerà a splendere di luce. Come ha detto Benedetto XVI, la Chiesa nei padri è rappresentata come la luna, “mysterium lunae”, perché riflette la luce di Cristo. In questo momento, nel firmamento della storia, assistiamo a una eclissi di luna, perché la falsa chiesa, negando la divinità di Gesù, cammina verso un pantheon condiviso di fedi, ma presto, quando il Cuore immacolato di Maria trionferà, la Chiesa cattolica tornerà a splendere, sarà luna piena, e l’umanità potrà continuare a guardare a piazza san Pietro come al centro radioso della fede nell’unico Salvatore delle genti, Gesù Cristo, “lo stesso ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8).
Io, nel frattempo, avanzo, sapendo che, dove cammino, i fedeli potranno solo vedere le orme della Santa Vergine…
A cura di Aldo Maria Valli