Uomini giusti ai posti giusti / 7
Buongiorno e ben ritrovati con la rubrica L’uomo giusto al posto giusto, che è ormai giunta alla settima puntata.
Partiamo oggi con un vescovo, monsignor Raúl Martín della diocesi di Santa Rosa, in Argentina, che sta cercando di costringere i parrocchiani di Nuestra Señora de la Medalla Milagrosa a non ricevere la Comunione sulla lingua e in ginocchio, ma in piedi e sulle mani.
Circola infatti in internet un video che mostra monsignor Martin mentre, rivolto ai fedeli, in modo ben poco tenero e misericordioso e sottolineando la sua “autorità” episcopale, sostiene che egli, in quanto vescovo, può decretare “norme” liturgiche a cui bisogna “obbedire”.
Non solo. Monsignor Martin (che è stato vescovo ausiliare del cardinale Bergoglio a Buenos Aires e poi è stato nominato da Francesco vescovo di Santa Rosa nel settembre 2013) rifiuta brutalmente di dare la Comunione ai ragazzi inginocchiati di fronte a lui.
Non sembra inutile ricordare che l’istruzione Inaestimabile donum, del 3 aprile 1980, afferma: “La Chiesa ha sempre richiesto ai fedeli rispetto e riverenza verso l’Eucaristia, nel momento in cui la ricevono. Quanto al modo di accostarsi alla Comunione, questa può essere ricevuta dai fedeli sia in ginocchio che in piedi, secondo le norme stabilite dalla Conferenza episcopale”.
Secondo monsignor Martin i fedeli ricevendo la Comunione in ginocchio e sulla lingua “rompono l’unità con il popolo di Dio che è pellegrino nella Pampa”. Evidentemente il dubbio che in realtà sia lui, con il suo ingiustificato autoritarismo, a rompere l’unità, non lo sfiora nemmeno. E pertanto si merita senz’altro la qualifica di uomo giusto al posto giusto. Tanto più che lo stesso monsignor Martin, con uguale spirito misericordioso e sempre in nome dell’unità che non va infranta, ha anche allontanato dalla diocesi un prete, don Luis Murri, accusandolo di essere conservatore e tradizionalista.
Bene, eccoci al secondo uomo giusto al posto giusto, che è un altro vescovo argentino, in questo caso in servizio presso la Santa Sede. Si tratta infatti di monsignor Gustavo Zanchetta, che dopo le improvvise dimissioni, nel luglio 2017, dalla guida della diocesi di Orano, nel nord dell’Argentina, è stato chiamato in Vaticano, dove il papa ha creato per lui il nuovo ruolo di ispettore dell’ufficio di amministrazione finanziaria della Santa Sede.
Se non che monsignor Zanchetta si trova ora sotto inchiesta preliminare dopo che alcuni sacerdoti lo hanno accusato di abusi sessuali e altri comportamenti scorretti.
Narrano le cronache argentine che la frettolosa partenza di Zanchetta da Orano il 29 luglio 2017 fu coperta nel mistero. Non celebrò una Messa d’addio, non salutò i fedeli e rilasciò un laconico comunicato nel quale accennava a un “problema di salute”. Poi di fatto scomparve (salvo riapparire, in buona salute, a Madrid, alla cerimonia di apertura dell’Anno accademico dell’Università ecclesiastica di San Damaso), fino al 19 dicembre 2017, quando il Vaticano annunciò che era stato nominato ispettore delle finanze dell’Apsa, l’organismo che gestisce il vasto patrimonio immobiliare e finanziario del Vaticano.
Secondo il giornale della provincia di Salta, El Tribuno, tre sacerdoti accusano Zanchetta di abuso di potere, abusi economici e abusi sessuali all’interno del seminario. L’attuale vescovo di Orano, nella provincia di Salta, sta raccogliendo prove e testimonianze e le trasmetterà al Vaticano. Se le accuse saranno ritenute credibili, il caso sarà inoltrato alla commissione speciale per i vescovi.
Le ipotesi sulla singolare uscita di scena di Zanchetta dalla diocesi di Orano sono numerose. Alcuni media hanno parlato di “crisi depressiva” e perfino di “pressioni” da parte dei narcos. Quel che è certo è che lasciò le finanze della sua diocesi in uno stato disastroso, così come aveva già fatto in precedenza a Quilmes, dov’era stato vicario e dove, accampando lo status di vescovo, si era opposto a una perquisizione della sua automobile da parte della polizia, in cerca di droga. Sicché la qualifica di uomo giusto al posto giusto non gliela toglie nessuno.
E adesso, dopo questo caso da manuale, eccoci, in un crescendo wagneriano, addirittura a un cardinale, ovvero sua eminenza reverendissima il cardinale Reinhard Marx di Monaco, che è tornato a chiedere un “cambiamento nella tradizione ecclesiastica”, in particolare a proposito di celibato dei preti.
Alla luce del “fallimento” circa la crisi degli abusi sessuali nel clero, la Chiesa deve modificare la tradizione “in risposta al cambiamento dei tempi moderni” ha detto Marx nell’omelia per la Messa del primo giorno dell’anno nella cattedrale di Monaco.
“Credo sia giunta l’ora di impegnarci profondamente per aprire la via della Chiesa al rinnovamento e alla riforma”, ha precisato Marx. “L’evoluzione nella società e le esigenze storiche hanno reso chiari i compiti e l’urgente necessità di rinnovamento”.
A giudizio del cardinale, presidente della Conferenza episcopale tedesca, le misure per affrontare gli abusi sessuali non saranno mai sufficienti se non si arriverà a un adattamento degli insegnamenti della Chiesa. “Sono certo che il grande impulso di rinnovamento del Concilio Vaticano II non è stato veramente portato avanti e compreso nella sua profondità. Dobbiamo continuare a lavorare su questo. Sono necessari ulteriori adattamenti degli insegnamenti della Chiesa. La verità non è definitiva, possiamo riconoscerla più profondamente nel percorso condiviso della Chiesa”.
Adattamenti all’insegnamento? La verità non è definitiva?
Che dire? Sua eminenza il cardinale Marx non solo è uomo giusto al posto giusto, ma ha pure il cognome giusto!
Alla prossima!
Aldo Maria Valli