Uomini giusti ai posti giusti / 9
Buongiorno e ben ritrovati con la nostra rubrica L’uomo giusto al posto giusto. Che vi propone, come prima scelta, sua eccellenza reverendissima monsignor Roger Joseph Foy, vescovo di Covington, nel Kentucky. Perché?
Per spiegarci occorre raccontare un antefatto.
Il 18 gennaio alcuni studenti americani della Covington Catholic High School, che stavano partecipando alla marcia per la vita a Washington, sono stati accusati di aver provocato e deriso un gruppo di nativi americani. Secondo quanto riferito da numerosi media, i ragazzi avrebbero circondato minacciosamente i nativi e impedito loro di raggiungere il Lincoln Memorial, il tutto cantando “Build the wall”, “Costruite il muro”, in riferimento al progetto di innalzare una barriera per bloccare l’ingresso dei migranti negli Usa. Di qui una campagna di stampa contro i cattivi studenti conservatori e razzisti.
Peccato che le cose non siano andate affatto come hanno riferito i media.
Come si può vedere qui, in realtà è stato un nativo americano, Nathan Phillips, munito di tamburo, ad avvicinarsi ai ragazzi, i quali non gli hanno sbarrato la strada (l’uomo infatti si è diretto verso di loro, non verso il Lincoln Memorial), non lo hanno insultato e non hanno mai cantato “Build the wall”.
È vero che uno studente della scuola se ne sta fermo davanti all’uomo che suona il tamburo, ma lo studente, che era già lì e non sbarra la strada a nessuno, non dice una parola e non alza nemmeno un dito. Al contrario, resta fermo e silenzioso, forse lui stesso sorpreso dalla situazione, in una specie di resistenza passiva, senza impedire che l’uomo continui a suonare.
Qualcuno ha osservato che il ragazzo ha un sorriso sarcastico. Sarà. Di fatto non compie alcuna azione violenta né attua comportamenti discriminatori. Semmai occorre notare che è dal gruppo dei presunti “discriminati” che a un certo punto si alza l’invettiva “go back to Europe, this is not your land” (“tornate in Europa, questa non è la vostra terra”) rivolta ai ragazzi pro-life.
Domanda (ingenua): le accuse al ragazzo dipendono forse dal fatto che, come altri suoi compagni, indossa il cappellino dei sostenitori di Trump?
Ora, siccome i media mainstream non hanno perso la ghiotta occasione di schierarsi contro i ragazzi della scuola cattolica e in particolare contro lo studente che è rimasto faccia a faccia con Nathan Phillips, sarebbe stato lecito aspettarsi dalla diocesi di Covington una ricostruzione corretta dei fatti e una difesa degli alunni. Invece il vescovo Foys che cosa ha fatto? Ha diffuso un bel comunicato nel quale, parlando di possibili “azioni correttive” nei confronti degli studenti, afferma: “Condanniamo le azioni degli studenti della high school cattolica di Covington contro Nathan Phillips in particolare e dei nativi americani in generale, avvenute il 18 gennaio, dopo la marcia per la vita, a Washington. Porgiamo le nostre più profonde scuse più a Mr. Phillips. Questo comportamento è contrario agli insegnamenti della Chiesa sulla dignità e il rispetto della persona umana”.
E bravo il nostro vescovo Foys, uomo giusto al posto giusto all’ennesima potenza, perché non si è preoccupato di cercare la verità, si è subito schierato dalla parte del politicamente corretto e non ha pensato ai pericoli ai quali ha esposto gli studenti della sua scuola accusandoli di essersi comportati da razzisti (e infatti la scuola ha dovuto chiudere i battenti dopo che i ragazzi hanno ricevuto minacce di morte).
Precisato che il solito, ineffabile frate francescano Daniel Horan (già nostro uomo giusto al posto giusto nella scorsa puntata) ha definito la marcia per la vita “ripugnante e futile”, occorre aggiungere che Nathan Phillips, con una ventina di altri nativi americani, l’indomani, 19 gennaio, ha cercato di entrare, sempre suonando il tamburo, nella basilica del santuario nazionale di Washington, proprio mentre era in corso una Santa Messa. L’ingresso, per fortuna, gli è stato negato, ma, dicono le cronache, non sono mancati momenti di tensione.
Ed eccoci ora alla seconda segnalazione, che riguarda un fatto avvenuto a Piacenza. Il giornale locale, La Libertà, lo racconta così: “Incidente diplomatico in curia, per un crocifisso staccato dal muro da uno degli ospiti ebrei invitati per un convegno interreligioso. L’immagine sacra è stata nascosta dietro un televisore. Sono rimasti al loro posto i ritratti del Papa e del vescovo, che pure indossano una croce pettorale. Gli organizzatori cattolici hanno evitato di polemizzare”.
La pagina bolognese di Repubblica aggiunge che il confronto era tra il biblista don Paolo Mascilongo e il rabbino Elia Richetti, che il crocifisso è stato staccato dal muro durante le prove di un coro ebraico (per essere riposto “dietro a un televisore tra cavi polverosi e un termosifone”) e che il direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo della curia, pur essendosene accorto, ha deciso di non intervenire.
Ci sembra ce ne sia a sufficienza per consegnare sul campo al suddetto direttore, ed a eventuali altri cattolici che si sono accorti della rimozione del crocifisso ma hanno preferito non intervenire, il titolo di uomini giusti ai posti giusti.
Ne è uscito meglio il rabbino Elia Richetti, il quale, informato della vicenda, ha dichiarato: “Il crocifisso poteva essere lasciato dov’era perché quello non era un luogo di culto. Mi dispiace per chi ci è rimasto male, gli sono vicino e lo capisco: non era necessario fare una cosa del genere. Lo dirò anche ai membri della comunità ebraica”.
Alla prossima!
Aldo Maria Valli
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Aggiornamento
In merito alla vicenda del vescovo Roger Foys di Covington, del quale ho parlato qui, c’è un aggiornamento. Venerdì 25 gennaio, con una dichiarazione, il vescovo ha infatti chiesto scusa per aver condannato il comportamento degli studenti della scuola cattolica di Covington.
“Ci scusiamo con chiunque sia stato offeso in qualche modo da entrambe le nostre dichiarazioni che sono state fatte in buona fede sulla base delle informazioni che avevamo”, ha detto Foys nella lettera, indirizzata ai genitori degli studenti cattolici di Covington.
Ricordiamo che in un primo tempo Foys si era schierato contro gli studenti della scuola cattolica, dando così credito alla versione diffusa da molti mass media, secondo la quale gli studenti stessi si erano resi responsabili di un comportamento discriminatorio verso alcuni nativi americani al termine della marcia per la vita a Washington. Un video aveva invece mostrato che le cose non erano andate così, ma intanto si era resa necessaria la chiusura della scuola, a causa di minacce contro gli alunni.
Particolari scuse sono state espresse dal vescovo verso Nichoals Sandmann, lo studente accusato ingiustamente di aver bloccato la strada a un nativo americano, ma scagionato dal video.