Theodore McCarrick, ex arcivescovo di Washington, 88 anni, è stato ridotto allo stato laicale.
La Congregazione per la dottrina della fede rende noto oggi in un comunicato che il decreto conclusivo del processo penale a carico di McCarrick è stato emanato l’11 gennaio scorso.
L’accusato “è stato dichiarato colpevole dei seguenti delitti perpetrati da chierico: sollecitazione in Confessione e violazioni del sesto comandamento del Decalogo con minori e adulti, con l’aggravante dell’abuso di potere, pertanto gli è stata imposta la pena della dimissione dallo stato clericale”.
“Il 13 febbraio, la Sessione ordinaria (Feria IV) della Congregazione per la dottrina della fede ha esaminato gli argomenti presentati nel ricorso del ricorrente e ha deciso di confermare il decreto del Congresso. Questa decisione è stata notificata a Theodore McCarrick in data 15 febbraio. Il Santo Padre ha riconosciuto la natura definitiva, a norma di legge, di questa decisione, la quale rende il caso res iudicata, cioè non soggetta ad ulteriore ricorso”.
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Intanto, in vista del vertice che si terrà in Vaticano dal 21 al 24 febbraio sugli abusi nel clero, il National Catholic Register ha organizzato un Simposio, Abuse and The Way To Healing, al quale intervengono il cardinale Wilfrid Napier (arcivescovo di Durban), Marie Collins (già membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori), il cardinale Gerhard Müller (prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fgede), Janet Smith (docente di teologia morale al Sacred Heart Major Seminary di Detroit), l’arcivescovo di Filadelfia Charles Chaput, Robert Royal (presidente del Faith & Reason Institute di Washington), l’arcivescovo Carlo Maria Viganò (già nunzio apostolico negli Stati Uniti), padre Roger Landry (diocesi di Fall River, Massachusetts) e Al Kresta (presidente di Ave Maria Communications).
Ecco il testo dell’arcivescovo Viganò.
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Grazie per avermi invitato a partecipare a questo simposio su Abuso e via di guarigione in previsione del prossimo Vertice dei vescovi in Vaticano. Il mio contributo attingerà alla mia esperienza personale di cinquantuno anni di sacerdozio.
È evidente a tutti che una causa primaria dell’attuale terribile crisi di abusi sessuali commessi dal clero ordinato, inclusi i vescovi, è la mancanza di un’adeguata formazione spirituale dei candidati al sacerdozio. Questa mancanza, a sua volta, è ampiamente motivata dalla corruzione dottrinale e morale di molti formatori dei seminari, una corruzione che è aumentata esponenzialmente a partire dagli anni Sessanta.
Sono entrato in un seminario pontificio a Roma e ho iniziato i miei studi all’Università Gregoriana quando avevo venticinque anni. Era il 1965, pochi mesi prima della fine del Vaticano II. Non potei fare a meno di notare, non solo nel mio stesso collegio, ma anche in molti altri a Roma, che alcuni seminaristi erano notevolmente immaturi e che queste case di formazione erano segnate da una generale e molto seria mancanza di disciplina.
Saranno sufficienti alcuni esempi. A volte i seminaristi passavano la notte fuori dal mio seminario, poiché la supervisione era tristemente inadeguata. Il nostro direttore spirituale era favorevole all’ordinazione sacerdotale ad tempus – l’idea che il sacerdozio ordinato potesse essere uno status meramente temporaneo.
Alla Gregoriana uno dei professori di teologia morale favoriva l’etica della situazione. E alcuni compagni di classe mi confidarono che i loro direttori spirituali non avevano obiezioni al fatto che si presentassero all’ordinazione sacerdotale, nonostante i loro peccati irrisolti e continui gravi contro la castità.
Certamente coloro che soffrono di un’attrazione profondamente radicata per persone dello stesso sesso non dovrebbero mai essere ammessi al seminario. Inoltre, prima che qualsiasi seminarista sia accettato per l’ordinazione, egli non deve solo cercare la castità, ma realizzarla realmente. Egli deve già vivere casto il celibato in modo pacifico e per un periodo di tempo prolungato, perché, se questo manca, il seminarista e i suoi formatori non possono avere la necessaria sicurezza che sia chiamato alla vita celibe.
I vescovi hanno la responsabilità fondamentale della formazione dei candidati al sacerdozio. Qualsiasi vescovo che abbia coperto abuso o seduzione di minori, adulti vulnerabili o adulti sotto la cura pastorale di un sacerdote, inclusi i seminaristi, non è adatto a tale responsabilità o per qualsiasi ministero episcopale e dovrebbe essere rimosso dal suo ufficio.
Prego intensamente per il successo del vertice di febbraio. Sarei davvero felice se il vertice avesse successo, ma le seguenti questioni rivelano che non vi è alcun segno di una genuina disponibilità ad affrontare le vere cause della situazione attuale:
Perché l’incontro si concentrerà esclusivamente sull’abuso di minori? Questi crimini sono davvero i più orribili, ma le crisi negli Stati Uniti e in Cile, che hanno in gran parte accelerato il prossimo vertice, riguardano gli abusi commessi non solo contro i minori, ma contro giovani adulti, inclusi seminaristi. Quasi nulla è stato detto sulla cattiva condotta sessuale verso gli adulti, che è essa stessa un grave abuso di autorità pastorale, indipendentemente dal fatto che la relazione fosse “consensuale” o meno.
Perché la parola “omosessualità” non compare mai nei recenti documenti ufficiali della Santa Sede? Questo non significa affatto che la maggior parte di coloro che hanno una inclinazione omosessuale siano abusatori, ma resta il fatto che la stragrande maggioranza degli abusi è stata commessa da chierici omosessuali nei confronti di ragazzi in età post-puberale. È mera ipocrisia condannare l’abuso e pretendere di simpatizzare con le vittime senza affrontare onestamente questo dato di fatto. La necessaria rivitalizzazione spirituale del clero resterà inefficace se non si affronterà questo problema.
Perché Papa Francesco mantiene e chiama addirittura come suoi stretti collaboratori persone che sono notoriamente omosessuali? Perché si è rifiutato di rispondere a domande legittime e sincere su queste nomine? In tal modo ha perso credibilità circa la sua reale volontà di riformare la Curia e combattere la corruzione.
Nella mia terza testimonianza ho pregato il Santo Padre di far fronte agli impegni che egli stesso ha si è assunto quando è diventato Successore di Pietro. Ho fatto notare che si è assunto la missione di confermare i suoi fratelli e guidare tutte le anime nel seguire Cristo lungo la via della croce. L’ho esortato allora, e ora lo esorto di nuovo, a dire la verità, a ravvedersi, a mostrare la sua disponibilità a seguire il mandato dato a Pietro e, una volta convertito, a confermare i suoi fratelli (Luca 22:32).
Prego che i vescovi riuniti a Roma ricordino lo Spirito Santo, che hanno ricevuto con l’imposizione delle mani, e si facciano carico della loro responsabilità di rappresentare le loro Chiese particolari chiedendo fermamente, e insistendo, una risposta alle domande di cui sopra durante il vertice.
Prego inoltre perché non tornino nei loro paesi senza risposte adeguate a queste domande: fallire su questo punto significherebbe infatti abbandonare il proprio gregge ai lupi e permettere a tutta la Chiesa di subire conseguenze terribili.
Nonostante i problemi che ho descritto, continuo ad avere speranza, perché il Signore non abbandonerà mai la sua Chiesa.
Arcivescovo Carlo Maria Viganò
già nunzio apostolico negli Stati Uniti
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Thank you for inviting me to take part in this symposium on “Abuse and the Way to Healing” in anticipation of the upcoming bishops’ summit at the Vatican. My contribution will draw on my personal experience of 51 years of priesthood.
It is evident to all that a primary cause of the present terrible crisis of sexual abuse committed by ordained clergy, including bishops, is the lack of proper spiritual formation of candidates to the priesthood. That lack, in turn, is largely explained by the doctrinal and moral corruption of many seminary formators, corruption that increased exponentially beginning in the 1960s.
I entered a pontifical seminary in Rome and began my studies at the Gregorian University when I was 25 years old. It was 1965, just months before the end of Vatican II. I couldn’t help but notice, not only in my own college but also in many others in Rome, that some seminarians were very immature and that these houses of formation were marked by a general and very serious lack of discipline.
A few examples will suffice. Seminarians sometimes spent the night outside my seminary, as the supervision was woefully inadequate. Our spiritual director was in favor of priestly ordination ad tempus — the idea that ordained priesthood could be a merely temporary status.
At the Gregorian, one of the professors of moral theology favored situation ethics. And some classmates confided to me that their spiritual directors had no objection to their presenting themselves for priestly ordination despite their unresolved and continual grave sins against chastity.
Certainly, those who suffer from deep-seated same-sex attraction should never be admitted to seminary. Moreover, before any seminarian is accepted for ordination, he must not only strive for chastity but actually achieve it. He must already be living chaste celibacy peacefully and for a prolonged period of time, for if this is lacking, the seminarian and his formators cannot have the requisite confidence that he is called to the celibate life.
Bishops have the paramount responsibility for the formation of their candidates to the priesthood. Any bishop who has covered up abuse or seduction of minors, vulnerable adults or adults under a priest’s pastoral care, including seminarians, is not fit for that responsibility or for any episcopal ministry and should be removed from his office.
I am praying intensely for the success of the February summit. Although I would rejoice greatly if the summit were successful, the following questions reveal that there is no sign of a genuine willingness to attend to the real causes of the present situation:
Why will the meeting focus exclusively on the abuse of minors? These crimes are indeed the most horrific, but the crises in the United States and Chile that have largely precipitated the upcoming summit have to do with abuses committed against young adults, including seminarians, not only against minors. Almost nothing has been said about sexual misconduct with adults, which is itself a grave abuse of pastoral authority, whether or not the relationship was “consensual.”
Why does the word “homosexuality” never appear in recent official documents of the Holy See? This is by no means to suggest that most of those with a homosexual inclination are abusers, but the fact remains that the overwhelming majority of abuse has been inflicted on post-pubescent boys by homosexual clerics. It is mere hypocrisy to condemn the abuse and claim to sympathize with the victims without facing up to this fact honestly. A spiritual revitalization of the clergy is necessary, but it will be ultimately ineffectual if it does not address this problem.
Why does Pope Francis keep and even call as his close collaborators people who are notorious homosexuals? Why has he refused to answer legitimate and sincere questions about these appointments? In doing so he has lost credibility on his real will to reform the Curia and fight the corruption.
In my third testimony, I begged the Holy Father to face up to the commitments he himself made in assuming his office as Successor of Peter. I pointed out that he took upon himself the mission of confirming his brothers and guiding all souls in following Christ along the way of the cross. I urged him then, and I now urge him again, to tell the truth, repent, show his willingness to follow the mandate given to Peter and, once converted, to confirm his brothers (Luke 22:32).
I pray that the bishops gathered in Rome will remember the Holy Spirit, whom they received with the imposition of hands, and carry out their responsibility to represent their particular Churches by firmly asking for, and insisting on, an answer to the above questions during the summit.
Indeed, I pray that they will not return to their countries without proper answers to these questions, for to fail in this regard would mean abandoning their own flocks to the wolves and allowing the entire Church to suffer dreadful consequences.
Despite the problems I have described, I continue to have hope, because the Lord will never abandon his Church.
Archbishop Carlo Maria Viganò
former apostolic nuncio to the United States