Mentre a Roma parte il summit mondiale sugli abusi sessuali nella Chiesa, al quale i partecipanti si sono avvicinati guardandosi bene dall’usare la parola omosessualità, Rod Dreher, l’autore del best seller L’opzione Benedetto, fa sapere che fin dal 2012 un giornalista freelance che lavorava per il New York Times Magazine aveva pronta un’inchiesta sulla vicenda dell’ex cardinale McCarrick, ma l’inchiesta non fu mai pubblicata.
Nel suo intervento Rod Dreher prende le mosse dall’ennesimo articolo con il quale il New York Times cerca di rafforzare un certo tipo di narrativa gay friendly sulla difficile condizione di emarginazione e sofferenza interiore in cui vivrebbero i poveri preti omosessuali costretti dalla perfida e retrograda Chiesa cattolica a non dichiararsi. Nell’articolo (il titolo, Non è un armadio. È una gabbia, fa riferimento a un modo di dire in voga tra gli omosessuali, per cui “essere nell’armadio” significa non dichiarare la propria omosessualità) si denuncia il clima di omofobia che sarebbe dominante nella Chiesa, motivo per cui i preti gay si sentirebbero frustrati e penalizzati. Non solo. Dopo il caso McCarrick, argomenta il NYT, il clima sarebbe diventato ancora più pesante, fino a sfociare in una caccia alle streghe da parte dei cattolici tradizionalisti. In realtà, sostiene il giornale, non c’è correlazione tra abusi e omosessualità, e la maggioranza di vittime maschili sarebbe soltanto il risultato del fatto che nella Chiesa cattolica i preti hanno più probabilità di incontrare minori di sesso maschile anziché di sesso femminile.
Tali argomentazioni sono facilmente confutabili, e Dreher lo dice. Dove sarebbe tutta questa persecuzione contro i preti gay? In realtà proprio il caso McCarrick dimostra come un prelato omosessuale ha potuto fare una brillante carriera, godendo di moltissimi appoggi, fino ai più alti livelli della gerarchia cattolica. E poi come si fa a sostenere che si ha una maggioranza di vittime tra i maschi solo perché negli ambienti ecclesiali è più facile frequentare minori di sesso maschile? Il NYT forse ignora che le lezioni di catechismo sono frequentate anche da bambine e ragazze e che da anni ormai nelle chiese cattoliche ci sono anche “chierichette”?
Ma veniamo alla rivelazione.
Racconta Dreher che nel 2012 un collega freelance gli riferì di avere pronta per il New York Times Magazine un’inchiesta nella quale la predazione seriale operata da McCarrick nei confronti dei seminaristi era descritta per filo e per segno, ma la storia non fu mai stampata.
Il giornalista, spiega Dreher, possedeva documenti e aveva registrato almeno una conversazione con una vittima di McCarrick, ma dopo un paio di mesi dalla fine del suo lavoro ancora si chiedeva perché l’inchiesta non venisse pubblicata.
Visto che il nuovo direttore, diverso da quello che aveva commissionato l’inchiesta, non faceva altro che rinviare, Dreher chiese al collega se il direttore, per caso, fosse gay, e la risposta fu affermativa.
Dieci anni prima, nel 2002, allo stesso Dreher era successo qualcosa di analogo. Aveva preparato un’inchiesta nella quale si parlava degli abusi di McCarrick su alcuni seminaristi, ma anche in quel caso l’inchiesta rimase nel cassetto. Quella volta però non per un’opposizione del direttore, ma perché nessuna delle fonti, per paura, aveva accettato di uscire allo scoperto.
Il punto è, dice lo scrittore, che per anni alcuni potenti omosessuali si sono impegnati perché la storia di McCarrick non venisse conosciuta.
C’è voluto il movimento Me too, sostiene Dreher, per risvegliare la sensibilità giornalistica sul problema di seminaristi che hanno fatto sesso con un prelato forse perché non consenzienti ma costretti. Messa così, la questione è divenuta politically correct, e allora anche il NYT ha finalmente denunciato la vicenda McCarrick, grazie al lavoro di Laurie Goodstein e Sharon Otterman, che hanno pubblicato alcune delle notizie delle quali il freelance del Times Magazine era venuto a conoscenza già nel 2012. Poi è stato il turno del Washington Post, che a sua volta ha pubblicato il racconto di un anonimo seminarista costretto da McCarrick a un incontro sessuale.
Tuttavia il vecchio tipo di narrativa non viene meno, ed ecco che il NYT puntualmente torna alla carica affermando che la Chiesa cattolica discrimina i preti gay, mentre non accenna minimamente ai seminaristi ed agli adolescenti vittime di prelati omosessuali.
Tra le vicende più recenti, Dreher cita quella del giovane sacerdote Matthew Cowan, che ha trovato il coraggio di riferire al suo vescovo di essere stato ripetutamente molestato sessualmente dal vicario generale della diocesi, padre Dennis Stilwell, e quando ha capito che il vescovo stava per insabbiare ha denunciato il caso pubblicamente. Risultato? Cowan è stato sospeso dal vescovo per diffusione di informazioni riservate.
Nel frattempo alcuni laici della diocesi nella quale opera Cowan, stanchi delle coperture, hanno formato un gruppo di controllo che ha rivelato casi di sacerdoti omosessuali molestatori rimasti in servizio, come un certo padre Holtz che su Facebook recensiva libri di argomento esplicitamente omoerotico.
Due le conclusioni di Dreher.
La prima. Fin dal 2002 il caso McCarrick ci dice che se vogliamo che la Chiesa cattolica sia in grado di correggersi occorre che i laici parlino, spesso e ad alta voce. Un prete ci può provare, ma viene facilmente schiacciato dalla gerarchia.
La seconda. Rispetto alle reti di preti gay che si proteggono a vicenda, è chiaro che i media mainstream spesso fanno parte della macchinazione. Hanno una narrativa da sostenere. Ecco perché continueremo a leggere storie di preti sofferenti ed emarginati a causa della loro omosessualità, ma nessuno ci parlerà di vicende come quella di padre Cowan.
Ora però c’è un però. Esce infatti Sodoma, il libro del francese Frédéric Martel, nel quale si sostiene che la Chiesa “è divenuta strutturalmente omosessuale” e che la vicenda McCarrick era nota da molto tempo nei sacri palazzi. Dunque? Come si riorganizzerà la narrativa mainstream di fronte a queste notizie fornite stavolta non da un cattivo tradizionalista mosso da ossessioni oscurantiste ma da un noto paladino della causa gay?
Semplice. Le argomentazioni di Martel (il quale, accolto a braccia aperte in Vaticano, ha tranquillanente ammesso di essere stato facilitato da “una rete gay”) saranno utilizzate per sostenere, come Martel infatti già sostiene, che “il celibato e la castità hanno fallito” e che “qualcuno prima o poi dovrà prenderne atto”.
Ecco il prossimo passo della grande mistificazione.
Aldo Maria Valli