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E’ l’ignoranza circa la fede il primo male da combattere

Ricevo dall’amico Andrea Mondinelli e volentieri vi propongo questa riflessione.

***

Il mio buon caro amico Aldo Maria Valli, nel suo post dell’8 giugno (qui), commenta un ottimo libro di Corrado Gnerre. La ricetta sintetizzato nel titolo del post è “Perché in questo mondo impazzito dobbiamo tornare al buon senso cristiano”. Aldo rimarca che Gnerre fa bene a scrivere: “Forse, a riguardo, un po’ di ripasso del catechismo non farebbe male. Dio non è venuto nel mondo per eliminare la guerra e il terrorismo, né per offrire il panino a tutti risolvendo i problemi della fame e della giustizia sociale, ma per portare la Salvezza con la S maiuscola”.

Tutto molto vero, ma c’è un motivo ben più pressante ed urgente per studiare ed imparare la sana dottrina contenuta nel Catechismo di San Pio X. Leggete con timore di Dio cosa dice sul primo comandamento:

  1. Che cosa ci proibisce il primo comandamento?

Il primo comandamento ci proibisce l’empietà, la superstizione e l’irreligiosità; inoltre l’apostasia, l’eresia, il dubbio volontario e l’ignoranza colpevole delle verità della Fede.

Quanti di noi possono dire di non essere nell’ignoranza colpevole delle verità della Fede? La situazione terribile in cui viviamo è proprio a causa della nostra colpevole ignoranza. Ignoranza che i papi come Leone XIII e San Pio X consideravano il primo male della società! La questione è analizzata magistralmente da San Pio X nell’enciclica Acerbo nimis (qui) del 1905: basterebbero i titoli contenuti nell’enciclica per dare già un’idea della questione:

  1. L’ignoranza della religione causa precipua dell’odierno rilassamento
  2. L’ignoranza della religione quanto comune ai nostri tempi
  • Dall’ignoranza della religione è da ripetersi l’odierna corruttela dei costumi
  1. La conoscenza delle cose religiose non è soltanto lume all’intelletto, ma guida e stimolo della volontà
  2. A chi spetti l’obbligo dell’insegnamento religioso
  3. Encomio delle insegnamento del catechismo
  • Ogni sacerdote ha il dovere di ammaestrare i fedeli
  • Obbligo specialissimo e quasi particolare che ne hanno i parrochi
  1. La spiegazione del Vangelo ed il catechismo sono due obblighi distinti del parroco
  2. Nobiltà dell’officio di catechista
  3. Si deplora di nuovo la universale ignoranza delle cose religiose
  • La fede infusa nel battesimo ha bisogno di coltura
  • Si determina e si impone quel che ogni parroco deve fare per l’ ammaestramento dei fedeli nelle cose religiose
  • Tocca ai Vescovi invigilare accuratamente l’esecuzione delle cose prescritte
  1. L’insegnamento del catechismo richiede grande preparazione
  • Esortazione ai Vescovi.

Vi consiglio la lettura integrale dell’Enciclica, che è tanto essenziale quanto corta (appena 7 pagine scarse di word). Ho evidenziato i titoli più importanti, oggi, per comprendere il pietoso stato in cui versiamo. San Pio X, grande pastore d’anime, sapeva che non bastava vincere l’ignoranza religiosa, che ciò non è sufficiente, ma quanto grandemente necessario:

Con ciò siamo ben lungi dal dire che, anche colla scienza della religione, non possa unirsi volontà perversa e sregolatezza di costume. Piacesse a Dio che nol provassero anche troppo i fatti! Sosteniamo però che non potrà mai esser retta la volontà né buono il costume, qualora l’intelletto sia schiavo di crassa ignoranza. Chi ad occhi aperti procede, può certamente uscire dal retto sentiero: ma chi è colto da cecità, è sicuro di andare incontro al pericolo.

Aggiungasi di più che la perversità del costume, ove non sia del tutto estinto il lume della fede, lascia sempre a sperare un ravvedimento; laddove, se alla corruzione del costume si congiunge per effetto dell’ignoranza, la mancanza della fede, il male appena ammette rimedio, ed è aperta la via all’eterna rovina.

La chiusa “Laddove, se alla corruzione del costume si congiunge per effetto dell’ignoranza, la mancanza della fede, il male appena ammette rimedio, ed è aperta la via all’eterna rovina” fa venire i brividi.

Papa Sarto dichiarò l’obiettivo del suo Pontificato nella sua prima enciclica E supremi apostolatus (qui):

  1. A chi può sfuggire, Venerabili Fratelli, che quando gli uomini siano guidati dalla ragione e dalla libertà, la formazione religiosa è il mezzo più efficace per ristabilire negli animi l’impero di Dio? Quanti sono coloro che odiano Cristo, che detestano la Chiesa e il Vangelo più per ignoranza che per malvagità d’animo! Di essi si potrebbe dire giustamente: “Bestemmiano tutto ciò che ignorano”. Questo atteggiamento non si riscontra soltanto tra la plebe o tra l’infima moltitudine che può essere tratta facilmente in errore; ma anche nelle classi colte e perfino tra coloro che emergono per non comune erudizione. Ne deriva, in molti, il venir meno della fede. Non si deve ammettere che la fede possa essere spenta dai progressi della scienza, ma piuttosto dalla ignoranza; infatti ove maggiore è l’insipienza, ivi più ampiamente si manifesta il tracollo della fede. Perciò agli Apostoli fu ordinato da Cristo: “Andate e insegnate a tutte le genti” .

La delicatezza pastorale di Pio X emerge nel proseguimento dell’enciclica. Leggete con attenzione voi che considerate priva di misericordia la Chiesa preconciliare:

  1. Ora, affinché dal dovere e dall’impegno dell’insegnamento si traggano i frutti sperati e in tutti “si formi Cristo”, si imprima con forza nella memoria, Venerabili Fratelli, la convinzione che nulla è più efficace della carità. Infatti “il Signore non si trova in una emozione” [36]. Invano si spera di attrarre le anime a Dio con uno zelo troppo aspro; ché anzi rinfacciare troppo severamente gli errori, biasimare con troppa foga i vizi, procura spesso più danno che utile. L’Apostolo pertanto rivolgeva a Timoteo questo monito: “Ammonisci, rimprovera, esorta”, ma tuttavia aggiungeva: “con molta pazienza” [37]. Invero, Cristo ci ha offerto esempi di tal genere. Leggiamo infatti che Egli si è così espresso: “Venite, venite a me, voi tutti che siete infermi ed oppressi, ed Io vi ristorerò” [38]. Gli infermi e gli oppressi non erano altri, per Lui, che gli schiavi del peccato e dell’errore. Quanta mansuetudine in quel divino Maestro! Quale soavità, quale compassione verso tutti gli infelici! Con queste parole Isaia descrisse il suo cuore: “Posi il mio spirito sopra di lui; … non alzerà la voce; … non spezzerà la canna già scossa, e non spegnerà il tessuto che fumiga” [39]. La carità, dunque, “paziente” e “benigna” [40] dovrà essere esercitata anche verso coloro che sono a noi ostili o che ci perseguitano. “Siamo maledetti e benediciamo; — così Paolo diceva di se stesso — siamo perseguitati e sopportiamo; siamo calunniati e noi preghiamo” [41]. Forse sembrano peggiori di quello che sono. Infatti, la consuetudine con gli altri, i pregiudizi, i consigli e gli esempi altrui, e infine un malinteso rispetto umano li hanno sospinti nel partito degli empi, ma la loro volontà non è così depravata come essi stessi cercano di far credere. Perché dunque non sperare che la fiamma della carità cristiana possa fugare le tenebre dagli animi e contemporaneamente recare la luce e la pace di Dio? Talora sarà forse tardivo il frutto della nostra missione; ma la carità non si stanca mai di soccorrere, memore che Dio non assegna ricompense per i frutti delle fatiche ma per la volontà con la quale ci si impegna.

Torniamo all’Acerbo nimis. San Pio X, dopo avere nuovamente deplorato l’universale ignoranza delle cose religiose (Quanti sono, né già soli giovanetti, ma adulti ancora e vecchi cadenti, i quali ignorano affatto i principali misteri della fede; […]. Di più, ignorano come la legge di Cristo, non solo proscrive le turpi azioni ma condanni altresì il pensarle avvertentemente e desiderarle; e rattenuti forse da un motivo qualsiasi dall’abbandonarsi ai sensuali diletti, si pascono, senza scrupolo di sorta, di pessime cogitazioni; moltiplicando i peccati più che i capelli del capo. Né di questo genere, torniamo anche a dirlo, si trovano solamente fra i poveri figli del popolo o nelle campagne, ma altresì e forse in numero maggiore fra le persone di ceti più elevati e pur fra coloro cui gonfia la scienza, e che poggiati su d’una vana erudizione, credono di poter prendere in ridicolo la religione e «bestemmiano quello che ignorano» , Iud. 10), propone la soluzione del problema: l’insegnamento della dottrina e del Catechismo, affidando ai parroci un compito bene definito. Ecco le chiare parole del Papa:

Volendo pertanto, o Venerabili Fratelli, adempiere questo gravissimo dovere impostoci dal supremo apostolato, ed introdurre da per tutto uniformità in questa rilevantissima materia, colla Nostra suprema autorità stabiliamo e strettamente ordiniamo che in tutte le diocesi si osservi ed adempia a quanto segue:

  1. Tutti i parrochi, ed in generale tutti coloro che hanno cura d’anime, in tutte le domeniche e feste dell’anno, senza eccezione alcuna, col testo del Catechismo ammaestrino, per lo spazio di un’ora, i fanciulli e le fanciulle in ciò che ognuno dee credere ed operare per salvarsi.
  2. I medesimi, in determinati tempi dell’anno, con una istruzione continuata di più giorni, preparino i fanciulli e le fanciulle a ricevere i Sacramenti della Penitenza e della Confermazione.
  3. Similmente e con cura speciale, in tutti i giorni feriali della Quaresima e, se fosse necessario, in altri giorni dopo le feste Pasquali, preparino, con opportune istruzioni e riflessioni, i giovanetti e le giovanette a fare santamente la prima Comunione.
  4. In tutte e singole le parrocchie si eriga canonicamente la Congregazione della Dottrina Cristiana. Colla quale i parrochi, specialmente nei luoghi ove sia scarsezza di sacerdoti, avranno per l’insegnamento del Catechismo validi coadiutori nelle pie persone secolari, che contribuiranno a questa opera salutare e santa si per zelo della gloria di Dio e sì per lucrare le moltissime indulgenze concesse dai Sommi Pontifici.
  5. Nelle città maggiori, specialmente in quelle ove sono Università, Licei, Ginnasi, si istituiscano Scuole di Religione, destinate ad istruire nelle verità della fede e nella pratica della vita cristiana la gioventù che frequenta le pubbliche scuole, dalle quali è bandito ogni insegnamento religioso.
  6. Considerando poi, che, segnatamente in questi tempi, anche gli adulti non meno dei fanciulli hanno bisogno della istruzione religiosa; tutti i Parrochi ed ogni altro avente cura di anime, oltre la consueta omilia sul Vangelo, che deve esser fatta nella messa parrocchiale in tutti i giorni festivi, spiegheranno il catechismo ai fedeli in modo facile e acconcio alla intelligenza degli uditori, in quell’ora che ciascun stimerà più opportuna per la frequenza del popolo, fuori però del tempo in cui si ammaestrano i fanciulli. Nel che dovranno fare uso del Catechismo Tridentino; e procederanno con tale ordine, che, nello spazio di un quadriennio o quinquennio, trattino tutta la materia del Simbolo, dei Sacramenti, del Decalogo, dell’orazione domenicale e dei Precetti della Chiesa.

Oggi è alquanto evidente quanto ciò sia stato disatteso negli ultimi cinquant’anni e come l’ignoranza religiosa, molto spesso colpevole, stia affiggendo la nostra società.

Non dobbiamo, però, disperarci, ma lavorare alacremente per rimettere in auge il programma di Papa Sarto. Pertanto, iniziamo noi genitori a studiare ed imparare il Catechismo di San Pio X, per poi  insegnarlo ai nostri figli e ricordiamoci che il Signore ce ne chiederà conto nel giorno del Giudizio.

Ce n’è abbastanza per riflettere e meditare…

Andrea Mondinelli

Aldo Maria Valli:
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