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Il Vaticano farà economia. Con Marx

«Papa Francesco ha trovato il suo Cottarelli: il cardinale Marx». Così scrive Milano finanza prendendo spunto da un articolo del Wall Street Journal.

«Vi chiedo di studiare tutte le misure necessarie per salvaguardare il futuro economico della Santa Sede e garantire che entrino in vigore il più presto possibile», ha detto papa Francesco al responsabile del Consiglio di controllo finanziario del Vaticano, il cardinale Reinhard Marx, in una lettera che il quotidiano americano ha potuto visionare.

«Emergenza conti, quindi: il disavanzo della Santa Sede è raddoppiato nel 2018 a circa 70 milioni di euro (76,7 milioni di dollari) su un budget di circa 300 milioni. Sei anni fa, non appena eletto, papa Francesco aveva promesso di rimettere a posto le finanze vaticane. Finora non c’è riuscito. E da più di due anni manca il capo delle finanze della Santa Sede. Il cardinale George Pell, che aveva lasciato l’incarico perché messo sotto processo in Australia (al momento è in carcere, condannato a sei anni di reclusione per pedofilia e abusi sessuali su minori) e non è mai stato sostituito». Il papa ha quindi chiesto al cardinale Marx di «informare i capi dei dipartimenti della gravità della situazione» e di trovare rimedi immediati.

«Il Vaticano – scrive Milano finanza –  soffre di posti di lavoro in eccesso (i dipendenti sono cinquemila), di appalti inutili e di una flotta di auto sovradimensionata, mentre le proprietà immobiliari in giro per Roma non vengono certo gestite al meglio: alcuni palazzi sono cadenti, molti affitti non vengono riscossi. L’anno scorso, poi, il Vaticano ha subito una perdita di trenta milioni per un prestito a un ospedale cattolico, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata. Quest’autunno il Vaticano ha intenzione di pubblicare il bilancio per la prima volta dal 2015, bilancio che sarà il primo a seguire integralmente i principi contabili internazionali del settore pubblico. I disavanzi persistenti potrebbero esaurire le riserve finanziarie della Santa Sede, temono i funzionari vaticani, mettendo così a repentaglio la missione del Papa in settori che richiedono molte risorse come le relazioni diplomatiche, la conservazione degli edifici storici e dei tesori d’arte del Vaticano e altri impegni come le pensioni dei dipendenti».

«Il Santo Padre chiede che l’amministrazione della Santa Sede sia in grado di sostenersi da sola», ha detto Joseph Zahra, uomo d’affari maltese e principale esponente laico del Consiglio per l’economia, che ha il compito di supervisionare le finanze vaticane. Circa il 45% del bilancio di 300 milioni della Santa Sede serve per pagare gli stipendi. Ma il papa, hanno confidato al Wall Street Journal alcuni funzionari del Vaticano, si è spesso schierato contro il male sociale della disoccupazione e quindi non sembra disposto ad accettare licenziamenti. Si cercherà invece di migliorare la produttività dei dipendenti, in alcuni casi attraverso la riqualificazione professionale.

Il cardinale Marx, fa sapere Joseph Zahra, ha convocato una riunione straordinaria dei capi dipartimento  per il 20 settembre. Tema obbligato: come affrontare la questione del deficit. Saranno valutate le misure a breve termine, ma anche i modi per «migliorare i rendimenti delle attività finanziarie della Santa Sede e delle sue considerevoli proprietà immobiliari a Roma».

Poiché la diocesi di Monaco, retta appunto dal cardinale Marx, uno dei prediletti da Francesco, ha a libro paga quasi novecento dipendenti, è innegabile che l’arcivescovo abbia una certa esperienza in fatto di organigrammi ipertrofici. Ma saprà anche invertire la rotta e combattere il gigantismo?

Circa il metodo di finanziamento della Chiesa tedesca il papa emerito Benedetto XVI, nel libro intervista Ultime conversazioni, partendo dalla questione della Kirchensteuer (l’imposta ecclesiastica obbligatoria per legge per tutti coloro che sono registrati come appartenenti alla Chiesa cattolica o alle Chiese protestanti) non ha nascosto le sue critiche: “Effettivamente ho grossi dubbi sulla correttezza del sistema così com’è. Non intendo dire che non ci debba essere una tassa ecclesiastica, ma la scomunica automatica di coloro che non la pagano, secondo me, non è sostenibile. […] In Germania abbiamo un cattolicesimo strutturato e ben pagato, in cui spesso i cattolici sono dipendenti della Chiesa e hanno nei suoi confronti una mentalità sindacale. Per loro la Chiesa è solo il datore di lavoro da criticare. Non muovono da una dinamica di fede. Credo che questo rappresenti il grande pericolo della Chiesa in Germania: ci sono talmente tanti collaboratori sotto contratto che l’istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana. […] Mi rattrista questa situazione, questa eccedenza di denaro che poi però è di nuovo troppo poco, e l’amarezza che genera, il sarcasmo delle cerchie di intellettuali”.

Marx sarà dunque l’uomo giusto al posto giusto?

Aldo Maria Valli

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