Si sa che tra gli ispiratori del prossimo sinodo amazzonico (6-27 ottobre) c’è l’ottantunenne Leonardo Boff (classe 1938), l’ex sacerdote che fu tra i fondatori della Teologia della liberazione e, molto amico di Bergoglio, ha dichiarato di aver aiutato il papa a scrivere l’enciclica ecologista Laudato sì’.
Tuttavia Boff non è solo. Un altro ideologo del prossimo sinodo, anch’egli ottantunenne, è il meno noto, ma non meno importante, Paulo Suess.
Tedesco di Colonia, anche lui, come Boff, classe 1938, dopo gli studi a Bruxelles, Münster, Lovanio e Monaco (dove ottenne il dottorato in teologia con una tesi sul Cattolicesimo popolare in Brasile con l’ultra-progressista Johann Baptist Metz) Suess si trasferì in Sudamerica e divenne professore di studi missionari a San Paolo, oltre che membro di Amerindia, un gruppo che sosteneva la Teologia della liberazione.
Insieme a Boff e ad altri, Suess per lungo tempo ha lavorato allo scopo di influenzare nel senso della Teologia della liberazione i vescovi latinoamericani, fino a dare un contributo diretto al documento finale della quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e del Caribe, che si tenne ad Aparecida nel 2007 e che vide l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio nel ruolo di presidente della commissione che scrisse le conclusioni dell’incontro.
Suess è stato coinvolto fin dall’inizio nella preparazione del sinodo amazzonico, tanto che nell’aprile 2014 ebbe un’udienza con papa Francesco in compagnia del vescovo Erwin Kräutler (classe 1939), anche lui tedesco, anche lui impiegato da Francesco come ispiratore e autore della Laudato si’, anche lui schierato da anni, come missionario nell’Amazzonia brasiliana, dalla parte della Teologia della liberazione e noto sia per essere favorevole all’ordinazione di preti sposati e diaconesse sia per aver dichiarato con orgoglio: “Nella mia vita non ho mai battezzato un indigeno e non ho nemmeno intenzione di farlo”.
“Fate proposte audaci” fu l’esortazione che papa Bergoglio rivolse nel 2014 a Suess e Kräutler. E i due, che per decenni hanno lavorato fianco a fianco in Brasile, specie nel Cimi (il Consiglio indigenista missionario) e nella Repam (la Rete ecclesiale panamazzonica, a sua volta coinvolta da Francesco nella preparazione del sinodo) non si sono tirati indietro.
“Camminare insieme” è espressione cara a Suess, così come “rafforzare gli indigeni nella loro identità”, ma la vera “proposta audace” sta in una “nuova comprensione della rivelazione di Dio”. In che senso? Nel senso di “storicizzare il concetto di Rivelazione”, così da “scoprire la Rivelazione di Dio tra questi popoli indigeni”.
Qui si può chiaramente vedere l’influenza di Suess sul documento di lavoro del Sinodo panamazzonico, nel quale la regione amazzonica è descritta e presentata come “una fonte particolare della rivelazione di Dio”. Affermazione che ha provocato molte critiche, sia da parte di semplici fedeli sia da parte di alti prelati, come nel caso del cardinale Walter Brandmüller .
“Diverse fonti progressiste – scrive Maike Hickson – dicono che il vescovo Erwin Kräutler è l’autore del documento di lavoro del Sinodo. E sapendo bene come questo vescovo lavori da decenni a stretto contatto con Paulo Suess, possiamo vedere meglio l’influenza di quest’ultimo”, soprattutto sotto il profilo teorico, “perché mentre Kräutler è più incline all’attivismo” Suess è lo studioso.
Il nome di Suess tuttavia, a differenza di quello di Kräutler, non appare ufficialmente tra quelli di coloro che hanno collaborato alla preparazione del documento di lavoro.
“La probabile ragione di questa omissione è che Suess è stato chiamato dal Vaticano a essere uno degli esperti e dei consiglieri membri del consiglio pre-sinodale e non del consiglio vero e proprio, costituito principalmente da cardinali e vescovi. Suess era, tuttavia, già presente alla prima riunione del consiglio pre-sinodale nell’aprile 2018. Eppure raramente appare ancora ufficialmente come una persona coinvolta nel Sinodo”.
LifeSiteNews ha dunque contattato Suess chiedendo spiegazioni, ma il teologo ha detto che preferisce non rispondere.
Uno dei motivi per cui Suess resta nell’ombra è legato probabilmente al fatto che egli nel 2007 rimproverò apertamente Benedetto XVI per il discorso tenuto davanti ai vescovi ad Aparecida. Al papa, che in quel discorso mise l’accento sulle conseguenze positive dell’opera di evangelizzazione condotta in Sudamerica dai cattolici europei, Suess replicò che Benedetto XVI non era in grado di capire “la realtà degli indios di qui”, e pertanto le sue affermazioni erano “sbagliate e indifendibili”, come disse all’agenzia Reuters.
Secondo Suess, l’idea sostenuta da Benedetto XVI, secondo cui le culture indigene hanno accolto la Chiesa cattolica e il suo messaggio di fede, è storicamente infondata, antropologicamente inaccettabile e caratterizzata da un provvidenzialismo di tipo fondamentalista. In realtà, sostiene Suess, lo sbarco degli europei cinquecento anni fa fu qualcosa che gli indigeni di certo non devono celebrare, perché per le culture indigene ha comportato sfruttamento e distruzione. Di qui l’idea che i cattolici non hanno il diritto di fare proselitismo tra gli indios, ma occorre sviluppare una nuova pastorale. Dalla prospettiva dell’integrazione bisogna passare al riconoscimento degli aspetti specifici delle culture indigene, tanto che il lavoro missionario non ha nulla a che fare con la conversione. “Non abbiamo il diritto di fare proselitismo, sminuire la religione dell’altro o invogliare alle conversioni” ha affermato Suess. “Il popolo stesso deve decidere quale sia la migliore religione per questo momento storico”. Una sorta di “autodeterminazione religiosa” che, a detta di Suess, trova fondamento nella Notra aetate del Concilio Vaticano II.
Tipica di Suess è anche l’affermazione, cara a Francesco, secondo cui la Chiesa, anziché continuare a cercare di imporre ai popoli amazzonici un volto europeo, ha bisogno di scoprire il proprio “volto amazzonico”.
Nel 2014 Suess disse che, per lui, gli indigeni sono come “agenti rivoluzionari in Sud America”. Una prospettiva tipicamente marxista, nella quale l’indigeno sostituisce il lavoratore.
E marxisti sono i termini che il teologo utilizza quando parla degli obiettivi. In un’intervista pubblicata sul sito web ufficiale del sinodo afferma: “Alla fine, vogliamo costruire una nuova società, perché questa società capitalista, questo sistema di uccisione, non funziona, come afferma Papa Francesco. Come possiamo essere annunciatori della vita? Dobbiamo cambiare la società. Con chi lo faremo? Con i popoli amazzonici, con gli indigeni, con i giovani. Siamo disposti a costruire una società meno disuguale? Ecco perché dobbiamo rafforzare i nuovi percorsi “.
Suess, secondo il quale papa Francesco è un esponente della Teologia della liberazione, non ha mai nascosto di essere a favore del sacerdozio femminile e delle diaconesse, e per queste sue posizioni nel 2001 è stato allontanato dal corso post-laurea in studi missionari presso il Pontificio dipartimento teologico dell’Università Nossa Senhora da Assunção a San Paolo del Brasile.
“Ma ora – scrive Maike Hickson – sotto papa Francesco molte cose sono cambiate. Suess ha partecipato a tutte le riunioni preparatorie del sinodo amazzonico a Roma, Quito e Bogotà e altrove, in modo da poter raccogliere i risultati di questi incontri nell’Instrumentum laboris”
Suess e Kräutler inoltre “hanno contribuito a costruire un collegamento diretto con la Conferenza episcopale tedesca, che nel corso degli anni ha donato, attraverso una delle sue agenzie di soccorso, circa 22 milioni di euro al Cimi e ha sostenuto Amerindia con 100 mila euro”.
I vescovi tedeschi sono anche generosi sostenitori della Repam tramite l’agenzia Adveniat e Suess li ha coinvolti regolarmente nella raccolta di fondi. Inoltre il teologo Markus Büker, dell’organizzazione Misereor, esperto di “giustizia sociale e sostenibilità ambientale”, ha dedicato la sua tesi di dottorato proprio al lavoro di Suess e ha collaborato con lui nel gruppo Amerindia, anche in vista di Aparecida.
Dimenticate le vecchie restrizioni, Suess è ora una stella nel firmamento bergogliano. A suo parere, Francesco è come un uccello che con la sua elezione è stato “liberato dalla gabbia ed ha portato a Roma la teologia sudamericana”.
Aldo Maria Valli