Si intitola Una storia unica. Da Saragozza a Guadalupe (Cantagalli, 152 pagine, 17 euro) l’ultimo libro della storica Angela Pellicciari. Un libro bello, coraggioso, utile. Con il quale l’autrice (come nel caso di Risorgimento da riscrivere, Martin Lutero e Una storia della Chiesa, solo per citare alcuni tra i titoli più celebri) prosegue nella sua opera che potremmo definire di “contro-storia”. Le cose spesso non stanno come ce le hanno raccontate. Il che vale anche per la cattolica Spagna, circondata da una leggenda nera che la vorrebbe a lungo arretrata a causa del cattolicesimo. Angela Pellicciari afferma infatti che è vero il contrario: proprio perché cattolica, la Spagna è riuscita a liberarsi dal dominio musulmano, fermando un espansionismo che avrebbe avuto conseguenze devastanti per l’intera Europa. Proprio perché cattolica, specie durante il regno di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, la Spagna si è trasformata in una nazione moderna, con un livello altissimo sotto il profilo culturale e amministrativo. E proprio perché cattolici i sovrani di Spagna riuscirono, con la scoperta del’America, a inserire nell’alveo della civiltà greco-romana e del cristianesimo un intero continente.
Quando e come è nata in te l’idea di questo libro?
L’idea mi è stata suggerita qualche tempo fa da un giovane amico. Lui non aveva ancora finito di parlare che io ero già sicura che proprio quello di quello dovevo occuparmi. Come mai non ci avevo pensato prima? Qualche decennio fa la mia catechista Carmen Hernandez, cui il libro è dedicato, arrivò a una convivenza agitando un libretto sulla colonizzazione spagnola: “E sono contenta – disse – che non l’ha scritto uno spagnolo!”. Il libro era il Il Vangelo delle Americhe di Jean Dumont. Un libro serio, pieno di documenti e citazioni precise, l’esatto contrario della storiografia dominante costruita su pregiudizi e narrazioni mitologiche. Quel libro in un certo senso ha cambiato la mia vita. Da allora mi sono a più riprese occupata della Spagna. Anche per gratitudine. A me, sessantottina fuori della Chiesa, la salvezza è venuta dalla predicazione di due spagnoli.
La Spagna ha fatto i suoi progressi in campo culturale, civile e amministrativo sempre in nome della fede cattolica, e tu lo documenti. Ma allora perché l’immagine prevalente è esattamente opposta: una Spagna povera e oscurantista a causa della Chiesa cattolica?
Perché, come scriveva nel 1883 Leone XIII nella Saepenumero considerantes, “la scienza storica sembra essere una congiura degli uomini contro la verità”. Il primo a falsificare la storia della Chiesa romana in modo sistematico è stato Lutero che l’ha fatto, per così dire, in maniera scientifica, metodica. Lutero voleva che la Germania, con Wittenberg, diventasse la nuova Roma: per ottenere questo risultato doveva diffondere disprezzo e odio verso Roma e verso tutti i cattolici. Si trattava di riscrivere la storia in modo da giustificare la pretesa di mettersi alla testa di un mondo nuovo, illuminato dal proprio progetto rivoluzionario.
Dopo di lui, le potenze protestanti e gli gnostici, cioè i massoni, hanno continuato a diffondere odio contro Roma e contro la Spagna, l’unica grande potenza che ha difeso la Chiesa ed è riuscita nell’impresa di scoprire, evangelizzare e colonizzare un intero continente. E questo con pochissimi uomini e in poco tempo. Le conseguenze della propaganda protestante-massonica le vediamo ancora oggi. Per fare un esempio: sono state proiettate sulla cattolica Spagna le azioni di sterminio perpetrate dai calvinisti in America settentrionale. I protestanti hanno fatto un uso spregiudicato della propaganda menzognera contro i cattolici: a cominciare dalla diffusione a tappeto delle violente e volgari xilografie antiromane e anticattoliche ideate dalla fantasia di Lutero e del suo amico Lucas Cranagh il Vecchio, impresa continuata dall’incisore Theodor De Bry (1528-1598) cha ha descritto nei dettagli le sadiche azioni che gli spagnoli avrebbero perpetrato contro gli indios. Le incisioni di De Bry testimoniano solo la perversa fantasia del loro autore, ma si sono imposte a livello mondiale e sono state utilizzate contro la Spagna e contro i cattolici dall’internazionale protestante unita nella lotta.
L’altolà imposto all’Islam e la riconquista, avvenuta sotto il segno della croce, dopo tanti secoli hanno qualcosa da insegnare anche a noi europei di oggi?
Gesù dice che a chi ha fede è possibile spostare le montagne. La storia della riconquista mostra come questa espressione sia vera alla lettera. Senza la fede gli spagnoli non avrebbero potuto resistere. A dire la verità, anche il Cielo ha fatto la sua parte. L’apparizione di Maria prima a Saragozza e poi a Covadonga, unita al ritrovamento delle ceneri di Giacomo a Compostella e all’aiuto da lui concesso in battaglia, hanno fatto la differenza. D’altronde il Cielo interviene sempre per aiutare chi ha fede e tu lo sai bene perché di questo hai parlato nell’ultimo romanzo che hai scritto.
Dal punto di vista della riforma della Chiesa, che cosa insegna l’esperienza della Spagna del Quattrocento, sotto il regno di Ferdinando e Isabella?
Insegna che la fede, lo ripeto, sposta le montagne. È la fede di Isabella che le fa anticipare di mezzo secolo le decisioni del concilio di Trento. È ancora la sua fede che le fa tassativamente proibire la riduzione in schiavitù dei nuovi sudditi indiani, anche se praticavano sacrifici umani di massa e anche se la loro vita selvaggia faceva propendere molti studiosi per la tesi aristotelica della schiavitù per natura. Tieni conto che la regina muore nel 1504, mentre la Chiesa arriverà solo nel 1537 a proibire la schiavitù degli indios (Paolo III, Pastorale officium).
Anche nel caso della colonizzazione dell’America Latina c’è una leggenda nera che tu vuoi sfatare: i conquistadores non furono tutti avventurieri crudeli e assetati di ricchezze, ma spesso si trattò di autentici uomini di Dio che, pur confrontandosi con culture oggettivamente molto arretrate, ebbero a cuore la dignità delle persone e dei popoli. Su che cosa basi questa tua analisi?
Sulle numerosissime testimonianze che raccontano le gesta dei conquistatori. Fin dall’inizio, fin dalla seconda spedizione avvenuta nel 1493, le caravelle trasportano, insieme a soldati, artigiani e contadini, anche frati e religiosi che da subito si dedicano a studiare e descrivere le abitudini, le credenze, le caratteristiche delle popolazioni che a mano a mano incontrano. Che mettono anche la Corona in grado di giudicare del comportamento dei conquistatori raccontando nel dettaglio le loro azioni. In particolare sono rimasta colpita dal comportamento di Cortès che, appena arrivato in una località, annuncia l’amore di Gesù e di Maria, distrugge gli orrendi idoli cui gli indios immolano un fiume di sangue umano, promette aiuto alle popolazioni oppresse dal violento dominio azteco e di fatto le libera dal terrore in cui sono costrette a vivere. Alcuni degli uomini di Cortès diventeranno francescani, uno domenicano.
Per capire la qualità degli uomini che vanno in America credo sia sufficiente ricordare che dei nove fratelli di Teresa d’Avila, Teresa la Grande, sette vanno nelle Indie. È la classe dirigente cattolica al completo che parte spinta dal desiderio di evangelizzare e di coprirsi di gloria. Non è un caso che l’America sia scoperta lo stesso anno in cui gli spagnoli riescono a ultimare la riconquista. Granada cade nel 1492: forgiati da secoli di battaglie in difesa della propria identità religiosa e culturale, gli spagnoli trasferiscono in America il loro slancio di fede e il fervore missionario.
Avrai seguito, immagino, il recente sinodo pan-amazzonico, durante il quale il concetto di “inculturazione” della fede è stato messo al servizio di un ecologismo e di un panteismo francamente sconcertanti. Che cosa pensi di queste posizioni assunte dalla Chiesa cattolica e di certi riti dal sapore idolatrico che si sono svolti durante il sinodo? Il mito del buon selvaggio sta tornando in salsa ecologista? Perché l’Occidente è così superficiale? Perché la nostra cultura sembra presa da un impulso di autodissoluzione?
Quando ero giovane avevo molte curiosità e leggevo di tutto, anche di psicoanalisi. Fra le tante letture me ne ricordo bene una (James Hillman, The Great Mother) perché mi rivelò un aspetto che mi era completamente ignoto: il matriarcato e la venerazione della madre terra. La madre terra è una dea spaventosa perché concede sì la vita, ma poi se la riprende e spesso in maniera crudele. La violenza delle società matriarcali è superiore a quella delle società patriarcali, quindi il superamento della venerazione della madre terra è coinciso con la liberazione di risorse umane e spirituali tenute schiave dal terrore. Questo ricordo di giovinezza mi ha portato a un sospiro di sollievo quando ho visto sprofondare nel Tevere le statuette della Pachamama, la grande madre amazzonica.
D’altronde come mai la Chiesa, sempre creatrice di bellezza (e noi italiani ne sappiamo qualcosa) ha distrutto gli idoli pagani? Me lo sono chiesta spesso. Perché, per esempio, Benedetto, prima di costruire il monastero di Montecassino, ha distrutto i resti del tempio di Apollo venerato dagli abitanti della regione? Non sarebbe stato meglio lasciare in pace le rovine e le statue di Apollo che probabilmente erano belle?
Oppure, perché Bonifacio, l’apostolo della Germania, quando a ottant’anni decide di andare a evangelizzare i frisoni, gli odierni olandesi, abbatte una quercia sacra da loro venerata? Che male faceva quella bella pianta che, fra l’altro, gli è costata la vita perché dopo è stato martirizzato?
Quando ho scritto Una storia della Chiesa questo problema me lo sono posto: perché grandi santi hanno distrutto gli idoli pagani? La risposta me l’ha data Agostino: perché gli idoli non sono innocui. Perché dietro ogni idolo c’è satana. C’è il demonio che vuole schiavizzare le persone costringendole all’adorazione di divinità irrazionali e mostruose che, non di rado, richiedono riti violenti e perversi.
A cura di Aldo Maria Valli