Cari amici di Duc in altum, vi propongo la trascrizione di parte di una recente omelia del padre carmelitano Giorgio Maria Faré. Riguarda il modo in cui ci comportiamo in chiesa. Spesso senza alcun senso del sacro e senza il minimo rispetto nei confronti di nostro Signore.
Le sottolineature di alcuni passaggi sono mie.
A.M.V.
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[…] E notiamo che i profanatori non stavano nel tempio, ma nel cortile più esterno al tempio, dove era lecito anche ai pagani di entrare. Era uno dei cortili, non era il Santo e non era il Santo dei Santi, e ciò nonostante Gesù caccia fuori tutti. Quindi ci viene da pensare che non è sacro solo il tempio, ma tutto ciò che ne è attinenza, che ne è completamento.
Pensiamo ai giorni nostri, pensiamo alla sacrestia, per esempio, e a tutto quello che serve al culto divino. Ciò che appartiene a Dio non va mai profanato con un comportamento irrispettoso, che ha a cuore i propri interessi, le proprie faccende, anche se importanti.
Pensiamo alle nostre chiese: quante volte si vede la gente entrare, correre, andare, fare, da una parte all’altra, durante la Messa, senza neanche un atto di adorazione verso il Santissimo Sacramento, se non un inchino, una genuflessione sgangherata, un segno di croce brutto, buttato lì, senza nessuna percezione, coscienza che sei alla presenza di Dio. Per credere questo bisogna credere nell’Eucaristia, ma credere nell’Eucaristia non è che sia una cosa così diffusa, oggi.
La sacrestia, ad esempio, è il luogo di preparazione e di raccoglimento ai sacri Misteri, scrive san Carlo Borromeo. Non è il luogo delle chiacchiere, delle trattazioni di affari mondani, delle mormorazioni, delle risate, delle battute, degli alterchi, come se fosse un luogo di appuntamenti o di convegno. Ci dovrebbe essere silenzio, dice san Carlo, tanto rispettoso silenzio, sia per rispetto a Dio, sia per rispetto a chi vuole pregare. E se così dovrebbe essere la sacrestia, immaginiamoci la chiesa.
Quante persone soffrono, perché non si può più pregare in chiesa. Non è più possibile. Non c’è più silenzio. Alle Messe, prima e dopo, è un chiacchierare unico, e durante, suonano i cellulari. Non si sente più silenzio. Non si ha più la percezione della sacralità del luogo, e questa è una cosa gravissima.
In chiesa non si parla, mai, per nessuna ragione. Se devi parlare, vai fuori. Anche qui tra di noi succede. Anche dopo la Messa, al ringraziamento, a me capita di essere in chiesa e fare il ringraziamento, e sentire chiacchierare. «No, ma io devo dire una cosa…». No, ma tu non devi dire niente. «No, ma io parlo di Dio…». Non si parla di Dio, dice Padre Pio da Pietrelcina, in chiesa si parla a Dio, non di Dio. In chiesa si sta zitti. Non c’è una ragione valida per parlare in chiesa, perché è diritto di ciascun fedele poter pregare in santa pace. Non che tu ti metti lì a chiacchierare e a dire gli affari tuoi. Questa è una cosa sbagliatissima, un atto di grande maleducazione, oltre che di segno di irrispettosità verso Dio.
Ah, ma tu puoi dirlo quanto vuoi, tanto la gente fa quel che vuole. E perché la gente fa quel che vuole? Ma perché non c’è più fede. Essere in chiesa è come essere nel proprio salotto. Essere in chiesa è come essere in cucina. Anzi, in cucina, siccome parla il dio morto, che è la televisione, tutti devono stare zitti, perché quando parla la televisione, «Sssst!», non fiata nessuno. Poi, se c’è il dio pallone, non ne parliamo. Ma in chiesa, va bene tutto. E allora uno non può più pregare, perché uno alla fine si stufa, rimane distratto e se ne va.
La casa di Dio non è un mercato. Al mercato fai tutte le chiacchiere che vuoi, parli con le tue amiche, i tuoi amici, tutte le persone che vuoi. In chiesa, no.
E se poi pensiamo che la nostra anima è il tempio vivo di Dio, allora è importante ancora di più non profanarlo raccogliendovi, quasi fossero animali da traffico, le passioni, le aspirazioni disordinate ai beni della terra. Non scordiamoci che siamo creature di Dio, e nella vita abbiamo il dovere principale ed essenziale di conoscerlo, amarlo e servirlo. Ricordate queste tre cose, questi tre verbi: conoscere, amare e servire Dio. Ricordate che l’avete studiato nel Catechismo. Non è cambiato, è sempre quello il dovere. Quindi non compiamo questo dovere quando profaniamo il tempio di Dio con il disprezzo, la noncuranza, con il peccato, con la disordinata occupazione e la preoccupazione delle cose materiali.
Quando la nostra anima è piena di tutte queste cose, noi stiamo profanando il tempio di Dio. Quando in chiesa ci distraiamo, perché pensiamo agli affari nostri, noi stiamo profanando il tempio di Dio. In chiesa si pensa alle cose di Dio, non alle cose nostre. Quello è il tempo di Dio, non è il mio tempo. Il mio tempo è altrove.
Chiediamo quindi al Signore la grazia di buttare fuori, dal tempio vivo di Dio che è la nostra anima, buoi, pecore, colombe, cambiavalute, cioè tutto ciò che non è Dio, tutto ciò che occupa lo spazio di Dio, tutto ciò che è segno di mancanza di onore a Dio.
Sia lodato Gesù Cristo!
Padre Giorgio Maria Faré