Cari amici di Duc in altum, su Il Giornale una recensione di Rino Camilleri dedicata al mio romanzo L’ultima battaglia.
A.M.V.
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È singolare come l’attuale pontificato abbia spaccato il fronte del vaticanisti italiani. Una cosa del genere non si era mai vista. Quelli di più antico corso, come Sandro Magister, Marco Tosatti, Aldo Maria Valli, sono tra quanti mugugnano e non nascondono la loro scarsa simpatia per il nuovo corso bergogliano. Qualche maligno potrebbe dire che tanto, loro, sugli aerei papali non ci vanno (Magister fu addirittura escluso per un periodo dalla sala stampa vaticana) e essendo vicini alla pensione non hanno fulgide carriere (di quelle per chiamata diretta) da intraprendere.
Ai vaticanisti del dissenso non resta che esprimere la loro opinione dove e come possono, fermo restando che si tratta pur sempre di opinione qualificata di gente che ha frequentato i sacri palazzi per una vita. Qualcuno, come Aldo Maria Valli, già vaticanista del Tg1, ricorre addirittura a romanzi fantascientifici sulla scia de Il padrone del mondo di R. H. Benson. Il quale, datatissimo, al massimo poteva immaginare nel futuro, il suo (1907), macchine volanti. Perciò, certe cose vanno aggiornate. Così, il Valli ha scritto L’ultima battaglia (Fede & Cultura). Sì, il titolo non è originalissimo, è lo stesso, infatti, del capitolo finale delle Cronache di Narnia di C.S. Lewis, ma si può dire che praticamente non esiste saga d’avventure che non preveda un’«ultima battaglia». Ora, per chi non lo sapesse, Il padrone del mondo parla dell’Anticristo, e di come questo sovvertirà il cristianesimo tramite il buonismo e il politicamente corretto. Proprio papa Francesco, quasi all’inizio del suo pontificato, ne consigliò la lettura, segno che almeno lui l’aveva letto. Bene, visto che pure il papa si aspetta un Anticristo buonista e politicamente corretto, la domanda è: da dove verrà fuori? Valli sposta la questione e, se nel suo romanzo distopico si occupa di «tempi ultimi», tralascia completamente il problema dell’Anticristo. Valli immagina un futuro in cui la Chiesa ha completato la sua trasformazione in qualcos’altro. Il cattolicesimo ha perso ogni pretesa di verità assoluta e si è allineato alle altre fedi in condizioni di totale parità. Si è imposta la smart theology, una roba senza dogmi (che sono, anzi, vietati) e una liturgia diventata «buon convivio», senza Santi e senza Madonne per non turbare i fratelli separati. In nome dell’ecumenismo, della tolleranza e della fratellanza universale sono sparite le croci, le benedizioni e le preghiere. La Basilica di San Pietro è stata rinominata Tempio Numero Uno e la piazza omonima Piazza del Dialogo. I «papi emeriti» sono, al momento della vicenda, tre o quattro e alloggiano in apposito Albergo romano. I preti possono sposarsi. Anche tra loro.
Il protagonista del romanzo, infatti, è un sacerdote svedese che si è sposato con un collega americano. I due hanno un figlio, si suppone da maternità surrogata, che però viene ucciso. Da qui l’inizio del disincanto. Infatti, c’è un complotto in atto. Orditore della trama è il Padre Guardiano, quello che un tempo si chiamava camerlengo. Un monsignore, un giornalista e il comandante della guardia svizzera si alleano per sventare la congiura, che è una vera e propria trahison des clercs ai danni della fede.
Così dice il protagonista: «Un tempo pensavo che la situazione fosse semplicemente sfuggita di mano, che si fosse andati un po’ troppo in là con l’umanitarismo e che fosse possibile correggere la rotta, ma lentamente ho dovuto prendere coscienza di un’altra realtà: esiste un progetto. Alcune forze, alcune potenze, si sono impossessate della Chiesa per snaturarla e piegarla ai loro voleri. Molte persone buone collaborano al progetto, perché non si rendono conto di ciò che comporta e perché ritengono che sia loro dovere fidarsi in ogni caso dei pastori. Ma i fili sono tirati da chi buono non è».
Rino Camilleri