C’è un cardinale della Chiesa cattolica che trascorrerà il Natale in prigione, in isolamento, senza nemmeno poter celebrare la Santa Messa. È il cardinale australiano George Pell, in carcere perché riconosciuto colpevole di abusi sessuali che sarebbero avvenuti ai danni due giovani coristi quando era arcivescovo di Melbourne. Una condanna che molti osservatori ritengono ingiusta, perché durante il processo sono emerse numerose contraddizioni da parte dell’accusa.
La procura non è riuscita a presentare alcuna vera prova a sostegno della denuncia dell’accusatore, mentre il legale di Pell ha presentato svariati testimoni che hanno spiegato come il presunto abuso non avrebbe mai potuto avvenire, in un luogo affollato, dopo una Messa solenne domenicale nella cattedrale di St Patrick, in un locale sorvegliato. Le indagini sono state condotte in modo sommario, eppure la giuria ha raggiunto all’unanimità un verdetto di colpevolezza, rispetto al quale lo stesso giudice d’appello ha mostrato perplessità, sottolineando che l’accusatore ha cambiato versione più volte.
In uno stato di diritto è l’accusa che deve dimostrare la colpevolezza dell’imputato. Il cardinale Pell invece si è trovato nella condizione di dover provare la sua innocenza. Una situazione aberrante, di fronte alla quale è difficile non pensare che Pell sia diventato il capro espiatorio voluto da un’opinione pubblica esacerbata dopo che una commissione d’inchiesta ha portato alla luce migliaia di casi abusi, alcuni in scuole cattoliche, chiese e gruppi scout.
Da quando è stato incarcerato nel febbraio scorso, a Melbourne, il cardinale si trova in isolamento e non è chiaro, scrive Edward Pentin sul National Catholic Register, se sia in grado di ricevere regolarmente la Santa Comunione. Una fonte che preferisce restare anonima ha riferito che ha potuto riceverla qualche volta, “ma non necessariamente la domenica”. Il cardinale, ha aggiunto la fonte, rimane “una figura molto odiata qui, motivo per cui non gli è permesso di celebrare la Messa”.
Il cardinale può ricevere un visitatore alla settimana, ma la fonte vicina a Pell riferisce che l’ex prefetto vaticano per l’economia sta ricevendo “grande sostegno” da una sorella religiosa, mentre un’altra fonte, un’amica del cardinale, ha detto che “la cella nella quale è recluso è minuscola e gli sono permessi solo cinque libri”.
Secondo queste fonti, il cardinale sta ricevendo migliaia di lettere e cartoline di supporto in occasione del Natale, e alcuni suoi sostenitori sperano di poter andare a cantare fuori dalla sua cella nella notte della vigilia.
Il cardinale Pell sta scontando una pena di sei anni dopo essere stato condannato lo scorso dicembre. L’accusa si è basata sulle dichiarazioni di uno dei due coristi. Il secondo è deceduto per overdose da eroina nel 2014 e in diverse occasioni negò che Pell l’avesse abusato. Il nome del denunciante non è stato reso noto, ma secondo numerose fonti sarebbe anche lui un tossicodipendente.
Pell si è sempre proclamato innocente e ora sarà l’alta corte di giustizia (l’audizione è prevista per la prossima primavera) a pronunciarsi, dopo che i difensori del cardinale sono riusciti a dimostrare che il tribunale di livello inferiore ha commesso numerosi errori quando, nell’agosto scorso, ha confermato la condanna.
Una giornalista, Keith Windschuttle, ha condotto un’inchiesta dimostrando che i fatti mai avrebbero potuto svolgersi come sostenuto dall’accusatore. Inoltre, come abbiamo scritto su Duc in altum nel novembre scorso, due donne che all’epoca lavoravano nella scuola della cattedrale hanno riferito che a loro giudizio le accuse sono “impossibili”, ma né la giornalista né le due dipendenti sono state chiamate a testimoniare.
Nel frattempo fra l’opinione pubblica il dubbio si è insinuato sempre di più e anche fra i non cattolici non è raro trovare chi afferma che probabilmente ci si trova di fronte a un clamoroso errore giudiziario frutto di pregiudizio.
Un avvocato non cattolico in pensione, Anthony Charles Smith, ha scritto di essere rimasto “molto turbato” dal caso e dalla mancanza di prove, e un avvocato attivista di sinistra, Greg Barnes, ha detto che la vicenda del cardinale Pell è stata segnata da un mix di “spaventosa ignoranza” da parte del sistema giudiziario australiano e di “trionfalismo” da parte di alcuni media che hanno perseguito il cardinale per anni, riservandogli un vero e proprio “linciaggio”.
Ma che il clima sia ancora ostile nei confronti del cardinale è dimostrato dal fatto che il premier dello Stato di Victoria, Daniel Andrew, cattolico, ha giudicato “assolutamente vergognosa” la decisione dell’ex primo ministro australiano Tony Abbott di andare a trovare il cardinale in prigione.
Nel frattempo stanno emergendo particolari inquietanti sul sistema giudiziario. Uno scambio di mail pubblicato la scorsa settimana mostra infatti che nel 2014 i membri del dipartimento di polizia di Victoria cercarono di usare le accuse contro il cardinale Pell per distrarre l’opinione pubblica da uno scandalo che colpì il dipartimento stesso e coinvolse l’avvocato Nicola Gobbo, reclutato dalla polizia di Victoria come informatore contro i membri dell’Ndrangheta calabrese che rappresentava.
A.M.V.