“I due papi” e il vero Benedetto XVI / Lettera di un’ex guardia svizzera
Cari amici di Duc in altum, mi ha scritto una ex guardia svizzera: una lettera con un ritratto affettuoso di Benedetto XVI. Preciso che, poiché non ho visto il film di cui parla l’autore della lettera, non so se il suo giudizio in proposito sia appropriato. Ho pensato comunque che i suoi ricordi meritassero di essere condivisi.
A.M.V.
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Caro Aldo Maria Valli, qualche settimana fa ho visto I due papi su Netflix e devo dire che, in quanto ex guardia svizzera pontificia al servizio di Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato, sono stato colpito dall’accurata ricostruzione del Vaticano. Però man mano che proseguivo nella visione la mia buona impressione diminuiva. Sono rimasto sorpreso e dispiaciuto nel vedere un Benedetto XVI presentato come avido, cattivo, meschino, animato da una incontrollabile sete di potere. Nel profondo del mio cuore ho pensato: ma questo non è il papa che ho conosciuto e ho servito! In questi giorni poi, leggendo i resoconti giornalistici sulla vicenda del libro scritto dal cardinale Sarah, ho provato la stessa sensazione e lo stesso dispiacere: spesso la stampa ci presenta un Benedetto XVI che non esiste. Quelle che ci spacciano sono vere e proprie bufale, come se i giornalisti descrivessero il papa Benedetto della finzione cinematografica e non quello reale.
Io posso dire di aver servito un Benedetto XVI buono, magnanimo, gentile, del tutto disinteressato alle questioni legate al potere e all’apparire. L’ho fatto per otto lunghi anni e ne conservo un ricordo pieno di riconoscenza e tenerezza.
Tanti i momenti di cui potrei parlare: le celebrazioni pubbliche in piazza San Pietro, gli incontri nel palazzo apostolico, le udienze, ma anche momenti privati, come quando, in una notte di Pasqua, Benedetto battezzò un mio caro amico e io feci da padrino, o quando ebbi la possibilità di presentare al papa il mio papà e la mia mamma. E poi ho impressi nella memoria i giorni trascorsi a Castel Gandolfo, dove una volta, nel giorno del mio onomastico, papa Benedetto si ricordò di me e mi fece pervenire i suoi auguri tramite il segretario! O come quando, dopo cena, faceva mettere da parte alcune porzioni del dessert che era stato servito e le destinava alle guardie svizzere impegnate nel turno di notte.
Ricordo ancora una sera: stavo gustando lo strudel di mele che il papa mi aveva fatto arrivare e sentii il suono di un pianoforte. Era Benedetto XVI che suonava Mozart! Una vera scena da film!
E come potrei dimenticare il 28 febbraio 2013, l’ultimo giorno del pontificato attivo? Quel giorno anch’io conclusi il mio servizio come guardia svizzera, e Benedetto XVI, pur alle prese con una situazione tanto delicata, si ricordò di me e si assicurò che avessi trovato un nuovo lavoro.
Ecco perché, caro Valli, dico che il papa che ho conosciuto io non ha nulla a che fare con quello che ci viene presentato nelle fiction e sulla stampa.
Aggiungo che negli otto anni del mio servizio ho conosciuto un papa che possedeva un altissimo senso di responsabilità, unito alla consapevolezza della dignità del ruolo che ricopriva e della grandezza del papato. Tutto ciò, come ho detto, non gli impediva di essere un uomo semplice e umile, ma lo metteva al riparo da ogni forma di demagogia e protagonismo.
Nel giorno della sua elezione si definì “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore” e posso confermare che questa è la definizione che più gli si attaglia.
Più volte Benedetto ha detto che quando fu eletto interpellò il Signore: “Perché mi chiedi questo? Che cosa mi chiedi di fare?”, ma si affidò totalmente a Dio e accettò di essere guidato.
La scelta della rinuncia avvenne, secondo me, sempre nell’ottica del servizio alla Chiesa. Si comportò da servitore coraggioso, come sanno essere i veri leader.
Per me è stato un grande onore servirlo e gli sarò per sempre grato per ciò che mi ha dato in quegli anni. È stato per me un esempio che, nel mio piccolo, cerco di imitare.
Grégoire Piller
Nairobi (Kenya)
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