Carlo Maria Viganò / “Deus non irridetur”. Il coronavirus e la mano di Dio
Cari amici di Duc in altum, vi propongo la versione italiana dell’intervista rilasciata dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò a Michael Matt, e pubblicata su The Remnant.
A.M.V.
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Eccellenza, con quale sguardo il cristiano deve valutare la pandemia del Covid-19?
La pandemia del Coronavirus, come tutte le malattie e la stessa morte, sono una conseguenza del Peccato Originale. La colpa di Adamo, capo del genere umano, ha privato lui e i suoi discendenti non solo della Grazia, ma anche di tutti quei doni che Dio gli aveva dato alla Creazione. Da quel momento la malattia e la morte sono entrate nel mondo, quale punizione per aver disobbedito a Dio. La Redenzione annunciata nel Protoevangelo (Genesi 3), profetizzata nell’Antico Testamento e portata a compimento con l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Risurrezione di Nostro Signore ha riscattato dalla dannazione eterna Adamo e la sua discendenza, ma ha lasciato che le sue conseguenze rimanessero come marchio dell’antica caduta, e fossero definitivamente ripristinate solo alla Resurrezione della carne, che noi professiamo nel Credo, e che avverrà prima del Giudizio universale. Questo va ricordato, specialmente in un momento in cui i principi basilari del Catechismo sono ignorati o negati.
Il Cattolico sa che la malattia, e quindi anche le epidemie, la sofferenza, la privazione dei propri cari, devono essere accettate con fede e umiltà anche in espiazione dei nostri peccati personali. Grazie alla Comunione dei Santi – tramite la quale i meriti di ogni battezzato si comunicano anche agli altri membri della Chiesa – possiamo offrire tali prove anche per il perdono dei peccati altrui, per la conversione di chi non crede, per abbreviare la purificazione delle anime sante del Purgatorio. Una sventura come il Covid-19 può anche essere occasione preziosa per crescere nella Fede e nella Carità operosa.
Come si vede, limitarsi all’aspetto meramente clinico della malattia – che ovviamente va combattuta e guarita – toglie ogni dimensione trascendente alla nostra vita, privandola di quello sguardo soprannaturale senza il quale è inevitabile chiudersi in un sordo egoismo senza speranza.
Alcuni esponenti della Gerarchia e sacerdoti hanno affermato che «Dio non punisce» e che considerare il Coronavirus come un flagello «è un’idea pagana». È d’accordo?
La prima punizione, come dicevo pocanzi, è stata inflitta al nostro Progenitore. Ma, come recita l’Exsultet che intoneremo la notte del Sabato Santo: O felix culpa, qui talem ac tantum meruit habere Redemptorem! Felice colpa, che ci ha meritato un tale Redentore!
Un padre che non punisce dimostra di non amare il figlio, ma di disinteressarsi di lui; un medico che osserva indifferente il malato peggiorare fino alla cancrena non vuole la sua guarigione. Il Signore è Padre amorevolissimo perché ci insegna come dobbiamo comportarci per meritare l’eternità beata del Cielo, e quando col peccato disobbediamo ai Suoi precetti, non ci lascia morire, ma ci viene a cercare, ci manda tanti segnali – talvolta anche severi, com’è giusto – perché ci ravvediamo, ci pentiamo, facciamo penitenza e riacquistiamo l’amicizia con Lui. Sarete miei amici, se farete quel che Io vi comando. Mi pare che le parole del Signore non diano adito ad equivoci.
Vorrei anche aggiungere che la verità di un Dio giusto che premia i buoni e punisce i malvagi fa parte di quell’eredità comune alla legge naturale che il Signore ha instillato in tutti gli uomini di tutte le epoche: un richiamo insopprimibile del Paradiso terrestre, che consente anche ai pagani di comprendere come la Fede Cattolica sia il necessario compimento di quel che loro suggerisce un cuore sincero e ben disposto. Mi stupisce che oggi, anziché evidenziare questa verità profondamente iscritta nel cuore di ogni uomo, proprio coloro che sembrano nutrire tanta simpatia per i culti pagani non accettino l’unica cosa che da sempre la Chiesa ha considerato importante per attrarli a Cristo.
Vostra Eccellenza ritiene che vi siano dei peccati che hanno suscitato lo sdegno di Dio in modo particolare?
I crimini di cui ognuno di noi si macchia davanti a Dio sono un colpo di martello sui chiodi che hanno trafitto le Mani del nostro Redentore, un colpo di frusta che ha strappato la carne del Suo santissimo Corpo, uno sputo sul Suo amorevole Volto. Se avessimo dinanzi agli occhi questo pensiero, nessuno di noi oserebbe peccare. E chi ha peccato, non finirebbe di piangere per tutto il resto dei suoi giorni. Eppure è questa la realtà: nella Sua Passione, il nostro divino Salvatore ha assunto su di Sé non solo il Peccato Originale, ma anche tutti i nostri peccati, di tutti i tempi e di tutti gli uomini. E la cosa mirabile è che Nostro Signore ha voluto affrontare la morte sulla Croce, quando una sola goccia del Suo preziosissimo Sangue sarebbe bastata per redimerci: Cujus una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere, come ci insegna San Tommaso.
Ma oltre ai peccati commessi dai singoli, vi sono anche i peccati commessi dalle società, dalle Nazioni. L’aborto, che anche durante la pandemia continua a uccidere bambini innocenti; il divorzio, l’eutanasia, l’orrore del cosiddetto matrimonio omosessuale, la celebrazione della sodomia e delle peggiori perversioni, la pornografia, la corruzione dei piccoli, la speculazione delle élites finanziare, la profanazione della domenica…
Posso chiederLe per quale motivo fa una distinzione tra colpe dei singoli e colpe delle Nazioni?
San Tommaso d’Aquino ci insegna che, come è dovere del singolo riconoscere, adorare e obbedire al vero Dio, così la società – che è appunto costituita da singoli – non può non riconoscere Dio e far sì che le proprie leggi consentano ai suoi membri di conseguire il bene spirituale cui sono destinate. Nazioni che non solo ignorano Dio, ma lo negano apertamente; che impongono ai sudditi di accettare leggi contrarie alla Morale naturale e alla Fede cattolica, quali il riconoscimento di diritti all’aborto, all’eutanasia e alla sodomia; che si adoperano per la corruzione dei fanciulli, profanando la loro innocenza; che consentono il diritto di bestemmiare la divina Maestà non possono considerarsi esenti dalla punizione di Dio. Così i peccati pubblici richiedono pubblica confessione e pubblica espiazione, se vogliono ottenere pubblico perdono. Non dimentichiamo che la comunità ecclesiale, in quanto società anch’essa, non è esente dalle punizioni celesti, laddove i suoi capi si rendano responsabili di offese collettive.
Vuol dire che ci sono anche colpe della Chiesa?
La Chiesa è in sé sempre, indefettibilmente santa, poiché essa è il Corpo Mistico di Nostro Signore, e sarebbe non solo temerario, ma blasfemo anche solo pensare che la divina istituzione che la Provvidenza ha posto in terra come dispensatrice della Grazia ed unica arca di salvezza possa anche minimamente essere imperfetta. Le lodi che attribuiamo alla Vergine Santissima – che è Mater Ecclesiae, appunto – si applicano anche alla Chiesa: essa è mediatrice delle grazie, tramite i Sacramenti; è Madre di Cristo, di Cui genera le membra; Arca dell’alleanza, ossia custode del Pane celeste e dei Comandamenti; la Chiesa è rifugio dei peccatori, cui concede il perdono nella Confessione; salute degli infermi, cui ha sempre prodigato le proprie cure; regina della pace, che promuove tra i popoli predicando il Vangelo. Ma è anche terribilis ut castrorum acies ordinata, perché il Signore ha dato ai suoi Ministri il potere di scacciare i demoni e l’autorità delle Sante Chiavi, grazie alle quali essa apre o chiude le porte del Cielo. E non dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella Militante sulla terra, ma vi è quella Trionfante e quella Purgante, i cui membri sono tutti Santi.
Ma è pur vero che, se la Chiesa di Cristo è Santa, essa può essere però peccatrice nei suoi membri qui sulla terra, ed anche nella sua Gerarchia. In questi tempi travagliati abbiamo purtroppo numerosi esempi di ecclesiastici indegni, come gli scandali degli abusi da parte di chierici e addirittura di alti Prelati hanno purtroppo dimostrato. L’infedeltà dei Sacri Pastori è di scandalo per i loro confratelli e per molti fedeli, non solo quando riguarda la lussuria o la brama di potere, ma anche – e direi soprattutto – quando colpisce l’integrità della Fede, la purezza della dottrina e la santità della morale, sconfinando addirittura in episodi di inaudita gravità, come ad esempio nel caso dell’adorazione dell’idolo della pachamama in Vaticano. Credo anzi che il Signore sia particolarmente sdegnato per la moltitudine di peccati e scandali di coloro che dovrebbero essere d’esempio e modello, in quanto Pastori, per il gregge loro affidato.
Non dimentichiamo inoltre che l’esempio offerto da tanta parte della Gerarchia non è di scandalo solo per i Cattolici, ma anche per tante persone che, pur non avendo la grazia di appartenerle, guardano ad essa come ad un faro e ad un punto di riferimento. Non solo: questo flagello non può esimere la Chiesa, nella sua stessa Gerarchia, a compiere un severo esame di coscienza per essersi arresa al mondo; essa non può sottrarsi al dovere di condannare con fermezza gli errori che ha lasciato dilagare nel suo seno dal Vaticano II in poi, e che hanno attirato sulla Chiesa stessa e sul mondo giuste punizioni perché abbiamo a ravvederci e ritornare a Dio.
Mi duole notare che ancor oggi, quando tutti noi siamo testimoni della collera divina che si abbatte sul mondo, si continui ad offendere la Maestà di Dio parlando della «vendetta della madre terra che reclama rispetto», come ha affermato papa Bergoglio qualche giorno fa nella sua ennesima intervista. Urge invece chiedere perdono per il sacrilegio perpetrato nella Basilica di San Pietro, riconsacrandola secondo le norme canoniche prima di celebrarvi nuovamente il Santo Sacrificio. E si dovrebbe parimenti indire una solenne processione penitenziale – anche di soli Prelati, guidati dal Papa – che implorino la misericordia di Dio su loro stessi e sul popolo. Sarebbe un gesto di umiltà autentica, che molti fedeli attendono, in riparazione delle colpe commesse.
Come contenere lo sconcerto per le parole pronunciate a Santa Marta nel corso dell’omelia della Messa del 26 Marzo da papa Bergoglio? Il Papa ha detto: «Che il Signore non ci trovi, alla fine della vita, e dica di ognuno di noi: “Ti sei pervertito. Ti sei allontanato dalla via che io avevo indicato. Ti sei prostrato dinanzi a un idolo”». Si resta del tutto sconvolti e indignati nell’udire queste parole, considerando che egli stesso ha consumato davanti a tutto l’Orbe un vero e proprio sacrilegio, persino sull’Altare della Confessione di San Pietro, una profanazione, un atto di apostasia con l’idolo immondo e demoniaco della pachamama.
Nel giorno dell’Annunciazione di Maria Santissima, i Vescovi del Portogallo e della Spagna hanno consacrato al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria le loro Nazioni. L’Irlanda e la Gran Bretagna hanno fatto lo stesso. Molte Diocesi e città, nella persona dei loro Vescovi e delle Autorità pubbliche hanno posto le loro comunità sotto la protezione della Vergine. Come valuta questi eventi?
Questi sono gesti che lasciano ben sperare, ancorché insufficienti a riparare le nostre colpe e finora ignorati dai vertici della Chiesa, mentre il popolo cristiano invoca a gran voce un gesto solenne e collettivo ai suoi Pastori. Nostra Signora, a Fatima, ha chiesto che il Papa e tutti i Vescovi consacrassero la Russia al Suo Cuore Immacolato, preannunciando sciagure e guerre finché ciò non fosse avvenuto. I Suoi appelli sono rimasti inascoltati. I Pastori si ravvedano ed obbediscano alla Vergine Santissima! È vergognoso e scandaloso che la Chiesa in Italia non si sia unita a questa iniziativa!
Come giudica la sospensione delle celebrazioni che ha coinvolto quasi tutto il mondo?
Questa è una grande sofferenza, anzi direi la più grande che si sia imposta ai nostri fedeli, specialmente ai moribondi, privandoli del ricorso ai Sacramenti.
In questi frangenti è sembrato che la Gerarchia, ad eccezione di rari casi, non abbia avuto alcun scrupolo a chiudere le chiese e ad impedire la partecipazione dei fedeli al Santo Sacrificio della Messa. Ma questo atteggiamento da freddi burocrati, da esecutori della volontà del Principe, viene percepito ormai dalla maggior parte dei fedeli come un inquietante segnale di mancanza di Fede. E come dar loro torto? Mi chiedo – e tremo a dirlo – se la chiusura delle chiese e la sospensione delle celebrazioni non sia una punizione che Dio ha aggiunto alla pandemia. Ut scirent quia per quae peccat quis, per haec et torquetur. Perché capissero che con le cose con cui uno pecca, con quelle viene punito (Sap XI, 17) Offeso dalla sciatteria e dalla mancanza di rispetto di tanti Suoi Ministri; oltraggiato dalle profanazioni del Santissimo Sacramento che quotidianamente si perpetrano con la sacrilega abitudine di amministrare la Comunione in mano; stanco di sopportare canzonette volgari e prediche eretiche, il Signore si compiace ancor oggi – nel silenzio di tanti altari – di sentir elevare a lui la lode austera e composta di tanti sacerdoti che celebrano la Messa di sempre, quella Messa che risale ai tempi apostolici, e che nel corso della storia rappresenta il cuore palpitante della Chiesa. Prendiamo molto seriamente questo monito: Deus non irridetur.
Comprendo e condivido, ovviamente, il doveroso rispetto dei basilari principi di protezione e sicurezza che l’Autorità civile stabilisce per la salute pubblica. Ma proprio come essa ha il diritto di intervenire sulle materie che riguardano il corpo, così l’Autorità ecclesiastica ha il diritto e il dovere di occuparsi della salute delle anime, e non può privare i suoi fedeli del nutrimento della Santissima Eucaristia, né tantomeno della Confessione, della Messa e del Santo Viatico.
Eppure, quando i negozi e i ristoranti erano ancora aperti, molte Conferenze Episcopali avevano già disposto la sospensione delle funzioni, senza che fosse stato loro richiesto dall’Autorità civile. Un atteggiamento, questo, che rivela la dolorosa situazione in cui si trova la Gerarchia, disposta a sacrificare il bene delle anime per compiacere il potere dello Stato o la dittatura del pensiero unico.
A proposito di ristoranti aperti: come valuta i pranzi per i poveri che si sono tenuti negli scorsi mesi all’interno di luoghi di culto?
Per il Cattolico, l’assistenza ai bisognosi ha il proprio motore nella virtù della Carità, ossia in Dio stesso: Deus caritas est. Egli ama il Signore sopra ogni cosa, ed il prossimo per amor Suo, perché ci permette – secondo le Beatitudini evangeliche – di vedere Cristo nel povero, nell’ammalato, nel carcerato, nell’orfano. La Chiesa è sempre stata, sin dai suoi primordi, un fulgido esempio in questo senso, al punto che gli stessi pagani ne erano edificati. La Storia testimonia le imponenti opere assistenziali istituite grazie alla munificenza dei suoi fedeli, anche in epoche di aperta ostilità dello Stato, il quale incamerò i beni delle fondazioni per l’odio che la Massoneria nutriva verso una così chiara testimonianza da parte dei Cattolici. L’attenzione ai poveri e agli emarginati non è quindi una novità del nuovo corso bergogliano, né appannaggio di organizzazioni ideologicamente schierate.
Ma è significativo che l’enfasi all’aiuto dei poveri si riveli non solo priva di qualsiasi riferimento soprannaturale, ma che si limiti alle opere di misericordia corporale, evitando meticolosamente quelle di misericordia spirituale. Non solo: quest’ultimo Pontificato ha sancito definitivamente la rinuncia all’apostolato, alla missionarietà della Chiesa anche in questo contesto, liquidandola con il termine spregiativo di proselitismo. Si pensa ad offrire nutrimento, ospitalità e cure sanitarie ma non ci si preoccupa di nutrire, accogliere e guarire nell’anima chi ne ha bisogno, riducendo così la Chiesa ad una ONG con finalità filantropiche. Ma la Carità non è una declinazione della filantropia di ispirazione massonica, appena ammantata di un vago spiritualismo, bensì il suo esatto opposto; perché la solidarietà oggi praticata nega che vi sia una sola Religione vera e che il suo messaggio salvifico vada quindi predicato a chi ancora non ne fa parte. Non solo: a causa delle deviazioni penetrate nella Chiesa con il Concilio in materia di libertà religiosa ed ecumenismo, gli enti assistenziali finiscono col confermare le persone loro affidate nell’errore del paganesimo o dell’ateismo, giungendo addirittura ad offrire luoghi di culto in cui esse possano pregare. Abbiamo anche visto casi deplorevoli di Messe durante le quali, su esplicita richiesta del sacerdote, al posto del Vangelo è stato proclamato il Corano o, per riprendere casi recenti, si è data la possibilità di praticare riti idolatrici in una chiesa cattolica.
Credo che la decisione di destinare le chiese a refettori o dormitori per accogliervi persone bisognose sia un fenomeno rivelatore di questa ipocrisia di fondo che, come nel caso dell’ecumenismo, utilizza un pretesto apparentemente lodevole – assistere i bisognosi, accogliere i rifugiati ecc. – come strumento per realizzare progressivamente il sogno massonico di una grande religione universale senza dogmi, senza riti, senza Dio. Usare una chiesa come un’osteria, alla presenza di compiaciuti Prelati che servono pizze o braciole in veste filettata e grembiule, vuol dire profanarla; specialmente quando chi si mette in mostra sorridendo ai fotografi si guarda bene dall’aprire le porte del Palazzo Vescovile a quelli che, in fondo, considera utili al perseguimento di altri scopi. Per tornare a quanto ho detto pocanzi, mi pare che anche questi sacrilegi siano all’origine della pandemia e della chiusura delle chiese.
Mi pare inoltre che troppo spesso si cerchi di spettacolarizzare la povertà o lo stato di bisogno di tanti sventurati – come nel caso degli sbarchi di clandestini traghettati da organizzazioni di veri e propri negrieri – col solo scopo di metter in moto l’industria dell’accoglienza, dietro la quale si nascondono non solo meschini interessi economici, ma anche una non confessata complicità con chi vuole la distruzione dell’Europa cristiana ad incominciare dall’Italia.
In alcuni casi – ad esempio in Italia, a Cerveteri – le forze dell’ordine hanno interrotto la celebrazione di una Messa. Come si pone l’Autorità Ecclesiastica davanti a questi episodi?
Il caso di Cerveteri è stato forse un eccesso di zelo da parte di due guardie municipali, certamente stressate dal clima di allarme che si è venuto a creare all’inizio dell’epidemia. Ma dev’essere chiaro che, specialmente in una nazione come l’Italia – in cui vige un Concordato tra la Chiesa Cattolica e lo Stato – all’Autorità ecclesiastica è riconosciuta l’esclusiva competenza sui luoghi di culto, e sarebbe quindi stato più che necessario che la Santa Sede e l’Ordinario del luogo protestassero fermamente per una violazione dei Patti Lateranensi, confermati nel 1984 e tuttora validi. Ancora una volta, l’esercizio dell’autorità da parte dei Pastori – che deriva loro direttamente da Dio – si dissolve come neve al sole, dimostrando una pusillanimità che potrebbe un giorno autorizzare abusi ben peggiori. Colgo questa occasione per sollecitare una fermissima condanna di queste intollerabili ingerenze dell’Autorità civile nelle questioni di immediata e diretta competenza dell’Autorità Ecclesiastica.
Papa Francesco ha invitato il 25 marzo a recitare il Pater noster tutti i Cristiani, indipendentemente dal fatto che siano Cattolici, per chiedere a Dio la fine della pandemia, e ha lasciato intendere che anche chi professa altre religioni poteva unirsi alla sua preghiera.
Il relativismo religioso insinuato dal Concilio ha cancellato la persuasione che la Fede Cattolica sia l’unica via di salvezza e che il Dio Uno e Trino che adoriamo sia l’unico vero Dio.
Papa Bergoglio ha affermato, nella Dichiarazione di Abu Dhabi, che tutte le religioni sono volute da Dio: questa è non solo un’eresia, ma una forma di gravissima apostasia ed una bestemmia. Perché affermare che Dio accetta di esser adorato indipendentemente da come Egli si è rivelato, significa vanificare l’Incarnazione, la Passione, la Morte e la Resurrezione del nostro Salvatore. Significa rendere inutile lo scopo per cui esiste la Chiesa, la ragione per cui milioni di Martiri hanno offerto la loro vita, per cui esistono i Sacramenti, il Sacerdozio e lo stesso Papato.
Purtroppo, proprio quando si dovrebbe espiare l’oltraggio alla Maestà di Dio, vi è chi chiede di pregarLo assieme a chi rifiuta di onorare la Sua Santissima Madre proprio nel giorno della sua festa.
È questo il modo più appropriato per ottenere la fine della pestilenza?
Però è anche vero che la Penitenzieria Apostolica ha concesso particolari Indulgenze per chi è colpito dal contagio e per quanti assistono materialmente e spiritualmente i malati.
Anzitutto occorre ribadire con forza che non è possibile sostituire le Indulgenze ai Sacramenti. È necessario opporsi con la massima fermezza alle decisioni scellerate di alcuni Pastori, che sono recentemente giunti a proibire ai loro sacerdoti di ascoltare le Confessioni o di amministrare il Battesimo. Queste disposizioni – assieme alla mancata celebrazione della Messa ed alla sospensione delle Comunioni – sono contro il diritto divino e dimostrano che dietro tutto ciò vi è Satana. Solo il Nemico può ispirare provvedimenti che provocano la perdita spirituale di tante anime. È come se si ordinasse ai medici di non somministrare cure vitali a pazienti in pericolo di vita.
L’esempio dell’Episcopato polacco, che ha ordinato di moltiplicare le Messe per consentire la partecipazione dei fedeli senza rischio di contagio, dovrebbe essere assunto da tutta la Chiesa, se ancora la sua Gerarchia ha a cuore la salvezza eterna del popolo cristiano. Ed è significativo che, proprio in Polonia, l’impatto della pandemia sia inferiore a quello di altre nazioni.
La dottrina delle Indulgenze sopravvive agli attacchi dei novatori, e questa è comunque una buona cosa. Ma se il Romano Pontefice ha il potere di attingere a piene mani dal tesoro inesauribile della Grazia, è anche vero che le Indulgenze non possono esser banalizzate, né considerate quasi si trattasse di saldi di fine stagione. I fedeli hanno avuto un’impressione simile anche in occasione dell’ultimo Giubileo della Misericordia, per il quale l’Indulgenza Plenaria era accordata a condizioni tali, da attenuare in chi la lucrava la consapevolezza della sua importanza.
Si pone inoltre il problema della Confessione sacramentale e della Comunione eucaristica richieste per beneficiare delle Indulgenze, ma che nelle norme emanate dalla Sacra Penitenzieria slittano sine die con un generico «non appena sarà loro possibile».
Ritiene che le particolari dispense relative all’Assoluzione generale al posto dell’Assoluzione individuale possano applicarsi all’epidemia presente?
L’imminenza della morte legittima il ricorso a soluzioni che la Chiesa, nel suo zelo per la salvezza eterna delle anime a lei affidate, sempre ha generosamente concesso, come nel caso dell’Assoluzione generale che si imparte ai militari prima di un attacco, o a chi ad esempio si trova su una nave che affonda. Se l’emergenza di un reparto di terapia intensiva non consente l’accesso del Sacerdote che in momenti limitati, ed in questi frangenti non è possibile ascoltare le Confessioni individuali dei moribondi, credo che la soluzione prospettata sia legittima.
Ma se questa norma vuole creare un pericoloso precedente per estenderla poi all’uso comune, senza che vi sia alcun pericolo imminente per la vita del penitente, si dovrà vigilare con la massima attenzione perché ciò che la Chiesa magnanimamente concede per casi estremi non diventi una norma.
Ricordo inoltre che le Messe trasmesse in streaming o in televisione non assolvono dal precetto festivo. Esse sono un modo lodevole per santificare il giorno del Signore, quando è impossibile recarsi in chiesa. Ma deve essere chiaro che la pratica sacramentale non può esser sostituita alla virtualizzazione del sacro, così com’è evidente che nell’ordine naturale non si può nutrire il corpo guardando l’immagine di un alimento.
Qual è il messaggio di Vostra Eccellenza a quanti oggi hanno la responsabilità di difendere e guidare il gregge di Cristo?
È indispensabile e indifferibile una vera e propria conversione del Papa, della Gerarchia, dei Vescovi e di tutto il clero, così come dei Religiosi. I laici lo reclamano, mentre soffrono in balia della confusione per la mancanza di guide fedeli e sicure. Non possiamo permettere che il gregge che il divino Pastore ci ha affidato per governarlo, proteggerlo e condurlo alla salvezza eterna sia disperso da mercenari infedeli. Dobbiamo convertirci, tornare ad essere totalmente di Dio, senza compromessi col mondo.
I Vescovi devono riprendere coscienza della propria Autorità Apostolica, che è personale, che non può esser delegata a soggetti intermedi come le Conferenze Episcopali o i Sinodi, i quali hanno snaturato l’esercizio del ministero apostolico, recando gravi danni alla costituzione divina della Chiesa come Cristo l’ha voluta.
Basta sentieri sinodali, basta con una malintesa collegialità, basta con questo assurdo senso di inferiorità e cortigianeria verso il mondo; basta con l’uso ipocrita del dialogo al posto dell’annuncio intrepido del Vangelo; basta con gli insegnamenti di false dottrine e il timore di predicare la purezza e la santità di vita; basta con i silenzi pavidi davanti all’arroganza del Male. Basta con la copertura di ignobili scandali: basta con la menzogna, l’inganno e le vendette!
La vita cristiana è una milizia, non una spensierata passeggiata verso il baratro. A ciascuno di noi, in ragione dell’Ordine Sacro che abbiamo ricevuto, Cristo chiede conto delle anime che abbiamo salvato e di quelle che abbiamo perduto per non averle ammonite e soccorse. Torniamo all’integrità della Fede, alla santità dei costumi, al vero Culto gradito a Dio.
Conversione e penitenza, dunque, come ci esorta la Vergine Santissima, Madre della Chiesa. A Lei, tabernacolo dell’Altissimo, chiediamo di ispirare nei Pastori questo eroico slancio per la salvezza della Chiesa e per il trionfo del Suo Cuore Immacolato.
Domenica I di Passione 2020