L’Italia in ginocchio, la Spagna in ginocchio… In questi giorni sentiamo e leggiamo spesso espressioni come queste. Nel linguaggio comune diciamo “in ginocchio” e pensiamo subito a uno stato di profonda prostrazione e difficoltà, dal quale sarà difficile riprendersi. Per noi credenti, invece, dire “in ginocchio” fa venire in mente un’altra immagine: quella del fedele che assume questa posizione in segno di devozione, rispetto e adorazione davanti al Santissimo Sacramento, alla Santa Croce.
Oggi, 3 aprile, primo venerdì del mese, l’espressione assume un significato ancora più forte. Inginocchiarsi è un segno importante, che manifesta la nostra consapevolezza. Noi siamo anima e corpo. Inginocchiarsi è anche chiedere perdono, è anche manifestazione di pentimento e contrizione.
“Nell’inginocchiarsi, il significato spirituale e corporeo formano un’unità, perché il gesto corporeo implica un significato spirituale e, viceversa, l’atto spirituale esige una manifestazione, una traduzione esteriore. Inginocchiarsi davanti a Dio non è qualcosa di ‘poco moderno’; al contrario corrisponde alla verità del nostro stesso essere” (Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, I segni esterni di devozione da parte dei fedeli).
“Chi impara a credere, impara anche a inginocchiarsi, e una fede e una liturgia che non conoscesse più l’inginocchiarsi sarebbe malata in un punto centrale” (Joseph Ratzinger, Teologia della liturgia [Opera omnia 11], LEV, Città del Vaticano 2010, p. 183).
A.M.V.