Una parola al giorno / Responsabilità
Una parola che in questi giorni di pandemia ricorre molto spesso è responsabilità. Tutti siamo chiamati a esercitare il senso di responsabilità nel rispettare le disposizioni governative: mantenere la distanza l’uno dall’altro, lavarci bene e di frequente le mani, indossare la mascherina, stare in casa, uscire solo quando è strettamente necessario eccetera.
Alcuni credenti cattolici da giorni stanno sostenendo che per loro è strettamente necessario anche andare alla Messa a Pasqua e ricevere la comunione, ma né le autorità civili né quelle religiose hanno prestato ascolto a questa richiesta. Qualcuno ha provato a fare qualche proposta: utilizzare solo le chiese più grandi, mantenere un numero limitato di presenze, garantire la distanza di sicurezza tra una persona e l’altra, evitare ogni tipo di assembramento. Insomma, fare un po’ come si fa quando si va al supermercato. Ma niente. Le richieste di chi sostiene che il cibo dell’anima è strettamente necessario quanto e più di quello del corpo non sono prese in considerazione oppure sono giudicate espressione di irresponsabilità.
Ammetto di non avere soluzioni. Anzi, le lascio volentieri a chi ha la responsabilità, appunto, di decidere. Mi limito a osservare che l’etimologia, anche in questo caso, può essere d’aiuto. Responsabilità viene dal latino respondere. Assumere le proprie responsabilità comporta una risposta. Di qui alcune questioni. A chi si vuole rispondere? Quale tipo di chiamata è ritenuta la più vincolante? Che spazio c’è per il compromesso tra chiamate diverse? Come si concilia la responsabilità con l’obbedienza?
Mi piacerebbe che dai pastori arrivasse qualche tentativo di risposta.
A.M.V.
A.M.V.