Distribuire la comunione con una pinzetta; esonerare gli anziani al di sopra dei sessantacinque anni dall’obbligo della Messa; introdurre un numero chiuso; prevedere un incaricato che, munito di guanti monouso, si occupi del microfono all’ambone; consentire solo celebrazioni all’aperto; mettere a disposizione liquidi igienizzanti all’ingresso delle chiese; sanificare tutti gli oggetti sacri prima e dopo le celebrazioni.
In vista della cosiddetta Fase 2, dopo la grande quarantena, la Chiesa di Milano sta pensando a una serie di ipotesi sulle quali è in corso un confronto interno. Le ipotesi sono contenute in un documento di lavoro (che Duc in altum è in grado di presentarvi) firmato da don Mario Antonelli, vicario episcopale per l’Educazione e la celebrazione della fede.
Nel testo si pone una domanda generale: “A quali condizioni, con la Fase 2, si può riprendere la celebrazione della Messa domenicale con la partecipazione del popolo? Come modulare queste condizioni in concrete modalità che rendano ragionevolmente praticabile la celebrazione eucaristica domenicale?”.
Inoltre, “come assicurare distanziamento, protezioni, scaglionamento? Se il distanziamento sembra governabile, se la dotazione di dispositivi protettivi può essere imposta (e per non pochi assicurata), come pensiamo di articolare lo scaglionamento?”
Le ipotesi emerse, al centro di una consultazione, sono numerose e compongono un ampio quadro di possibilità, elencate sotto forma di domande.
“Spalmare il precetto festivo sulla settimana, invitando gli anziani alla Messa feriale, riservando quella festiva agli ‘altri’? Oppure esonerare gli anziani (gli over 65)?
Invitare ‘a categorie’ secondo gli orari delle Messe? Anziani? Famiglie dell’IC? Altri?
Aumentare il numero delle Messe (nella medesima comunità pastorale, anche 2/3 Messe in contemporanea)?
Numero chiuso, considerando la capienza ridotta a 1/5 (o anche meno) di quella normale?
Chiediamo la certificazione delle chiese da parte dell’ATS [Agenzia di tutela della salute, ndr], così da utilizzare gli spazi secondo la capienza da loro determinata?
Come gestire inevitabili risvolti spiacevoli del numero chiuso, pur certi che molto probabilmente non c’è da aspettarsi folle innumerevoli?
Puntare sulla celebrazione all’aperto (il sagrato? l’oratorio? il cimitero?), sempre con il massimo rigore circa distanziamento, protezioni, scaglionamento?
Comunque, chiedere alle autorità civili una qualche condivisione di responsabilità per la sicurezza (presenza della polizia locale, della protezione civile); evitando che il prete finisca per fare il vigile e considerando l’autorità ‘debole’ dei volontari”.
Circa lo svolgimento delle Sante Messe, nel documento si legge:
“Quanto allo svolgimento della Messa (sia essa festiva o feriale o per le esequie), quali prassi introdurre? Rispetto alle attenzioni ormai consuete nelle concelebrazioni e nelle celebrazioni on-line, si tratta di aggiungere e precisare qualcosa rispetto agli orientamenti abbozzati qui sotto?
Assicurare l’accesso in sicurezza al luogo della celebrazione; così come l’uscita da esso.
Una distanza di sicurezza laterale e frontale di almeno 2 mt tra i fedeli. Lo stesso valga per i concelebranti e i ministranti.
Evitare spostamenti durante le celebrazioni.
La distribuzione dell’eucaristia è fatta dal presidente della celebrazione, che si reca ai banchi/sedie evitando che i fedeli si dispongano in fila davanti all’altare. La distribuzione dell’eucaristia avviene dopo che il presidente avrà curato l’igiene delle proprie mani. Egli avrà cura, nella distribuzione, di non venire a contatto con le mani dei fedeli. O immaginare una pinzetta sterilizzata?
I microfoni dell’ambone siano posizionati in modo tale da non essere tenuti in mano e la loro asta non debba essere spostata o regolata in altezza da più persone; tali adempimenti saranno assicurati da un incaricato dotato di guanti monouso.
I cantori (non necessariamente presenti nel solito numero; anzi…) avranno riservata una apposita area e osserveranno tra loro la distanza prevista dalle indicazioni sanitarie.
Prima e dopo la celebrazione calici, pissidi e utensili liturgici dovranno essere sanificati e resteranno sempre coperti e a debita distanza dal celebrante.
All’ingresso dei luoghi di culto siano resi disponibili liquidi igienizzanti.
I luoghi di culto e i locali accessori siano igienizzati regolarmente, mediante pulizia delle superfici e degli arredi con idonei detergenti ad azione antisettica.
Al termine di ogni celebrazione si dovrà favorire il ricambio dell’aria”.
Ed ecco la conclusione del documento di lavoro.
“Alcuni avvertono la situazione attuale ancora molto pericolosa, soprattutto in Lombardia, e si chiedono se non sia più opportuno accantonare l’ipotesi di ripresa delle Messe domenicali, puntando invece sulla celebrazione delle esequie. Questa celebrazione, profondamente desiderata da tante famiglie colpite da un lutto, si prospetta più gestibile, potendo più agevolmente prevedere o imporre un numero ristretto di partecipanti. Potrebbe avvenire in chiesa o al cimitero.
Ricordiamo però che non è compito nostro valutare l’opportunità o meno della ripresa delle Messe domenicali. Teniamo presente la puntuale e preziosa precisazione dell’Arcivescovo stesso: spetta all’autorità civile, per le sue varie competenze, riconoscere questo o quel livello di pericolosità che renderebbe praticabile o meno la ripresa delle celebrazioni da noi immaginata; e teniamo anche presente che, nella più azzardata delle ipotesi, il primo ritorno alla Messa domenicale ‘con il popolo’ avverrebbe il 10 maggio. Nostra la responsabilità di immaginare il ‘come’ di un’eventuale ripresa…”.
Nella parte iniziale il documento di lavoro dice: “Nel passaggio delicato verso la cosiddetta Fase 2, come Chiesa ambrosiana, in stretto raccordo con le Chiese lombarde e la Chiesa italiana tutta, intendiamo avanzare alle autorità civili l’immaginazione di modalità pratiche che rendano praticabile la ripresa di attività/servizi ecclesiali particolarmente rilevanti per la vita della Chiesa. Proprio in quanto particolarmente rilevanti per la vita della Chiesa, queste attività/servizi vantano ricadute benefiche apprezzabili a livello sociale, a maggior ragione in questo tempo di drammatico disagio. Insieme all’Arcivescovo, abbiamo riconosciuto un ordine di priorità nel quale spiccano due attività/servizi maggiori (a diverso titolo, evidentemente): le celebrazioni e gli oratori. Per entrambi gli ambiti si tratta di elaborare modalità plausibili di ripresa, consoni con orientamenti e disposizioni riguardanti tre attenzioni inderogabili: distanziamento, protezione, scaglionamento. Si tratta quindi di immaginare la ripresa; da un lato, raccogliendo le anticipazioni, ad oggi scarne ma promettenti, fornite dalle autorità civili (governo/prefettura, regione, comune di Milano, ATS); dall’altro, presentando alle stesse autorità civili ipotesi persuasive che, prevedendo misure e modalità ragionevoli delle attività in questione, possano aiutarle a normare la cosiddetta Fase 2”.
Il gruppo di lavoro, si sottolinea, è “rappresentativo della realtà diocesana”, e prende in considerazione “la ripresa delle celebrazioni ‘con il pane e con il popolo’, per dirla con Papa Francesco”.
“L’Arcivescovo – si precisa – potrà recepire, valutare, avvalersi del confronto aperto con le autorità civili e trasmettere alla Cei”.
A.M.V.