Cari amici di Duc in altum, torna la rubrica Letture curata da Aurelio Porfiri, che oggi ci propone un volume di grande interesse riguardante un periodo particolarmente travagliato nella storia della Chiesa: dal 1936 al 1944. La testimonianza è quella del cardinale Domenico Tardini (1888 – 1961), che prestò la sua opera nella curia romana al servizio di Pio XI e Pio XII prima di essere nominato segretario di Stato, nel 1958, da Giovanni XXIII.
A.M.V.
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Sul ruolo della Chiesa cattolica, e segnatamente di Pio XII, nella Seconda guerra mondiale si è detto molto, sia a favore sia a sfavore del papa. Personalmente ho raccolto tante testimonianze dirette e visitato luoghi che dimostrano come la Chiesa si adoperò per nascondere e proteggere gli ebrei al tempo dei rastrellamenti nazisti. D’altra parte non mancano gli storici che hanno dimostrato come il papa, che per il timore di rappresaglie doveva valutare molto attentamente il peso delle sue parole nei confronti dei nazisti, si sia adoperato per non lasciare le comunità ebraiche prive di sostegno e protezione.
Per questo è interessante poter leggere un testo che ci offre un’idea del clima che si respirava in quegli anni in Vaticano, un libro che ci consente di osservare il funzionamento della macchina della Santa Sede in quei tempi difficili. Domenico Tardini, diario di un cardinale (1936-1944). La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista (a cura di Sergio Pagano, edizioni San Paolo) è un volume che va letto per tanti motivi. Il cardinale Domenico Tardini (1888-1961) fu testimone diretto di quei tempi, essendo stato stretto collaboratore prima di Pio XI e poi di Pio XII nella Segreteria di Stato. Figlio del popolo, di madre trasteverina, era schietto e non le mandavo a dire, tanto che un primo tentativo di pubblicare questo testo alcuni decenni fa fu giudicato non opportuno proprio perché alcuni giudizi formulati dal cardinale, che coinvolgevano anche il papa, erano sembrati un po’ troppo forti.
In realtà il Tardini amò profondamente la Chiesa e fu di una lealtà assoluta verso i papi che servì. Tuttavia, aveva l’abitudine di appuntare con sincerità alcune impressioni che derivavano dal contatto diretto con i pontefici, visti nella loro grandezza ma anche nelle loro miserie e fragilità umane, come quelle della malattia. Questo è il caso di Pio XI, che Tardini ci mostra nella sua complessità. Grande papa, dal tratto spiccatamente autoritario, sapeva essere anche molto arguto: «Il Santo Padre spesso insisteva, e quasi si dilettava, nel bisticcio tra lucidità e… stupidità. Un giorno mi diceva che era stato proprio un cardinale a rallegrarsi con lui per la straordinaria lucidità di mente. E il Santo Padre commentava: “Voleva dire che non sono istupidito!”. Né soltanto così il papa scherzava sui suoi dolori. Una volta mi diceva, con tutta serietà: “Vede, monsignore, se avessimo avuto prima questi dolori, avremmo potuto risparmiare una spesa ingentissima!”. Io tacevo, ma pensavo: “O che forse questi dolori gli abbiano fatto capire che Castelli [il costruttore che realizzò molte opere per conto della Santa Sede durante il pontificato di Achille Ratti, ndr] gli fa spendere troppi soldi?”. E il papa, guardando a me che lo fissavo sbigottito, continuò sorridendo: “Sì, avremmo risparmiato la spesa per la nuova Specola di Castelgandolfo, perché ora… vediamo le stelle anche senza specola!”».
Dal diario emerge quanto Pio XI fu duro con il governo italiano e Benito Mussolini quando si tentò di introdurre una legge per impedire il matrimonio fra ariani e non ariani: «È presente insieme a me all’udienza il padre Tacchi Venturi. Questi ripete al Santo Padre che il governo intende stabilire pene contro coloro che, contro le leggi, celebrassero il matrimonio. Io faccio notare che il Ministero della Cultura Popolare ha proibito di pubblicare articoli contro il razzismo, di riprodurli dall’Osservatore Romano, anche se fossero soltanto contro il razzismo tedesco. Sua Santità esclama: “Ma tutto questo è enorme! Sono veramente amareggiato, come papa e come italiano!”. Il Santo Padre incarica padre Tacchi Venturi di parlare con Mussolini». Sì, erano veramente tempi molto difficili.
Il cardinale Tardini ci dona anche un ritratto, a tratti crudo, degli ultimi giorni di Pio XI, pontefice amato ma che incuteva molta soggezione, tanto da impedire alle persone che lo assistevano di dirgli chiaramente quali fossero le sue reali condizioni di salute. Ecco in proposito un passaggio molto diretto e tagliente: «Quel che ogni parroco di campagna raccomanda e inculca ai suoi parrocchiani, cioè di ricevere presto gli ultimi sacramenti, non fu fatto per il capo di tutti i fedeli! L’orario parla purtroppo eloquentemente. Alle 4 del 10 si amministra al Santo Padre l’estrema unzione; alle 5,31 il papa muore. Tutto considerato, io son costretto a preferire mille volte la morte di una delle mie vecchie zie alla morte del papa. Quelle sapevano di morire, offrivano a Dio la loro vita, non facevano che chiedere perdono al Signore, presentare a lui le loro sofferenze, implorare misericordia e supplicare per essere ammesse in paradiso. Il papa nulla di tutto questo; ma piuttosto una ostinazione a voler vivere, una certezza di vincere il male, una persuasione di continuare il suo lavoro. Il terrore che egli stesso aveva largamente sparso intorno a sé chiuse la bocca a tutti quelli che gli erano vicini. Non sarebbe stato meglio se si fosse un po’ più fidato degli intimi, almeno di qualcuno? Credette forse di conservare così più indipendente il suo giudizio, più libera la sua azione, più alto il suo decoro? Ma pure, con un po’ più di tranquillità e di mitezza nel trattare i suoi, avrebbe forse guadagnato una morte più consapevole e perciò più preziosa agli occhi di Dio e agli occhi degli uomini. E il guadagno sarebbe stato immenso, forse non solo nella gloria umana, ma altresì nella divina gloria del cielo».
Di Pio XII, con cui collaborò quando il cardinale Eugenio Pacelli era segretario di Stato, Tardini ha un’opinione altissima, ed è interessante un passaggio in cui osserva la trasformazione inesorabile del segretario di Stato in sommo pontefice: «A pochi è toccata in vita la sorte di essere accompagnati fino alla soglia dal Santo Padre. Eppure, io e Montini – nonostante le nostre proteste e gentili ripulse – abbiamo goduto questo privilegio per parecchi giorni, fino, cioè, all’11 marzo, vigilia dell’incoronazione di Sua Santità. Il 13 cominciò a ricevere il cardinale Segretario di Stato e iniziò le udienze al secondo piano, nella grande biblioteca. Prima di quel giorno ci riceveva al primo piano, nell’appartamento e nello studio da Segretario di Stato. Sicché per noi tutto era lo stesso: la sala, la scrivania, la disposizione delle carte, il nostro interlocutore, i suoi gesti, i suoi atteggiamenti, la sua parola. Ancora non si sentiva il Noi: era sempre e inalterabilmente l’io di una volta. Ed è questa una delle più grandi impressioni. Assistere al lento distacco di un uomo da quello che è stato finora. I primi giorni di un papa sono i più interessanti. Si direbbe che non ha ancora preso consapevolezza dell’altissima dignità che riveste. È confuso, umile, remissivo, indulgente… Poi, col tempo, il papa diventa anche nel tratto esteriore… papa».
Questo libro, di piacevole lettura, è un’importante testimonianza sulla Chiesa cattolica in un tempo complesso e tormentato.
Aurelio Porfiri
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Sergio Pagano (a cura di), Domenico Tardini. Diario di un cardinale (1936 – 1944). La Chiesa negli anni delle ideologie nazifascista e comunista, Edizioni San Paolo 2020, pagine 246, euro 20.