Secondo un gruppo di scienziati australiani ci sarebbero prove che il coronavirus denominato Covid-19 è stato ottimizzato per penetrare nelle cellule umane anziché in quelle animali. Non si sarebbe, dunque, evoluto “casualmente” in un soggetto animale, ma sarebbe stato progettato in laboratorio.
Lo studio, che non è stato ancora sottoposto a peer review (esame da parte di altri specialisti del settore per valutarne l’idoneità alla pubblicazione), sembra fornire prove, non ancora conclusive, a favore della teoria secondo cui il nuovo coronavirus avrebbe avuto origine non in un mercato alimentare, come è stato affermato, ma piuttosto in un laboratorio, presumibilmente gestito dall’Istituto di virologia di Wuhan, la città cinese in cui si ebbe il primo focolaio di Covid-19 nel dicembre 2019.
Il ricercatore capo del gruppo afferma che i risultati concorrono a rendere molto plausibile l’intervento umano nella creazione del virus.
Gli autori dello studio, guidati dal professor Nikolai Petrovsky della Flinders University, hanno usato una versione del nuovo coronavirus raccolto nei primi giorni dell’epidemia e hanno applicato modelli computerizzati per testare la sua capacità di legarsi a determinati enzimi del recettore cellulare, chiamati “ACE2″, che consentono al virus di infettare le cellule umane e animali con vari livelli di efficacia.
Gli autori scrivono che “questa scoperta è particolarmente sorprendente poiché, in genere, ci si aspetterebbe che un virus abbia la più alta affinità per il recettore nella sua specie ospite originale, ad esempio il pipistrello, e un’affinità di legame iniziale inferiore per il recettore di qualsiasi nuovo ospite, ad esempio gli esseri umani. Tuttavia, in questo caso, l’affinità di Sars-CoV-2 è più elevata per l’uomo che per le presunte specie ospiti originarie, pipistrelli o qualsiasi potenziale specie ospite intermedia. ”
Di conseguenza, aggiungono, una “possibilità che non può ancora essere esclusa è che Sars-CoV-2 sia stato creato da un evento di ricombinazione che si è verificato inavvertitamente o consapevolmente in un laboratorio di trattamento dei coronavirus, e il nuovo virus sia stato poi rilasciato accidentalmente nella popolazione umana locale”.
In una dichiarazione pubblica, il professor Petrovsky osserva che è “del tutto plausibile che il virus sia stato creato nella struttura di biosicurezza di Wuhan”, laboratorio “noto per coltivare coronavirus di pipistrelli esotici”.
“Il virus in coltura può essere sfuggito alla struttura oppure può aver infettato accidentalmente un membro del personale che ha poi visitato il mercato del pesce a diversi isolati di distanza e lì ha infettato altri. Oppure può esserci stato uno smaltimento inappropriato dei rifiuti del laboratorio, che hanno infettato direttamente gli esseri umani all’esterno della struttura. O magari il vettore è stato un gatto randagio che ha poi frequentato il mercato e infettato gli umani”.
I ricercatori riconoscono che esistono altre possibilità, ma le considerano improbabili. In forma preliminare, lo studio è stato pubblicato su un sito gestito dalla Cornell University, che ricorda che gli studi pubblicati prima della revisione non costituiscono “informazioni consolidate”.
Oltre al professor Petrovsky, il gruppo di ricerca che ha prodotto lo studio comprende il prof. Sakshi Piplani, dell’Università di Flinders, Puneet Kumar Singh, che lavora con Petrovsky e Piplani presso la Vaxine Pty Ltd., e il prof. David A. Winkler, che insegna presso l’Università di Nottingham nel Regno Unito e la Monash University in Australia.
Lo studio contraddice gli scienziati che affermano che non c’è alcuna prova che il virus abbia avuto origine in laboratorio e parlano di “teorie della cospirazione”.
Richard Ebright, biologo molecolare della Rutgers University, ha detto a LifeSiteNews che i risultati di Petrovsky “sono plausibili”.
A.M.V.
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Fonte: LifeSiteNews