Dopo il coronavirus: la strada della vera libertà
Cari amici di Duc in altum, ho il piacere di proporvi – nella versione italiana, inglese e spagnola – un intervento dell’arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi che, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, dà una lettura della nuova situazione determinata dall’epidemia e mette in rilievo in particolare rischi e opportunità per la libertà della persona. Il testo viene pubblicato oggi nel sito dell’Osservatorio cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa
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Dopo il coronavirus: la strada della vera libertà
Qualche settimana fa, in piena emergenza coronavirus, ho avuto modo di rendere note alcune mie riflessioni, condotte sia come vescovo sia come convinto promotore della Dottrina sociale della Chiesa, sulla nuova situazione sociale creata dall’epidemia. Come ricordavo in quella occasione, questa esperienza richiede di essere valutata prima di tutto in chiave spirituale e nella visione di una teologia della storia umana segnata dalla caduta e dalla redenzione. Scriveva infatti Leone XIII nella Rerum novarum che «le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita» (n. 17). Così la Chiesa aiuta gli uomini ad affrontare anche la presente crisi: «La crisi ci obbliga a riprogettare il proprio cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno» (Caritas in veritate, n. 21). Tenendo conto di questa prospettiva, vorrei ora continuare quelle osservazioni interrogandomi più direttamente su alcune direttive di azione, che assieme ai principi di riflessione e ai criteri di giudizio, fanno parte della proposta della Dottrina sociale della Chiesa.
La vera libertà
Il prossimo futuro dovrà essere una fase della vera libertà, ricordando che «la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall’accettazione della verità» (Centesimus annus, n. 46). Durante l’emergenza abbiamo vissuto alcune legittime limitazioni della libertà insieme ad altre meno legittime. I dati scientifici non sempre sono stati utilizzati secondo verità, le restrizioni e le sanzioni talvolta non sono state applicate con buon senso, sono emerse anche nuove forme di autoritarismo politico. Il prossimo futuro dovrà essere di vera libertà, non per rivendicare una libertà assoluta, ma per riappropriarsi della libertà da viversi nelle varie realtà naturali, dalla famiglia all’impresa, dal quartiere alla scuola. C’è una grande occasione per superare una libertà artificiale e costruire una libertà reale e naturale, espressione della vera essenza della persona umana e dei fini autentici della comunità politica.
Il ritorno dello statalismo
Per dare concretezza storica ad una vera libertà, bisognerà porre attenzione ad evitare un nuovo statalismo. Certamente lo Stato deve fare la propria parte per garantire la sicurezza nel settore dell’economia e per sorvegliare sulla giustizia. Bisogna però ricordare che un nuovo statalismo potrebbe forse distribuire risorse di tipo assistenzialistico ma difficilmente sarà in grado di promuovere una giusta ripresa economica e sociale (cfr. Centesimus annus, n. 48). Lo Stato dovrà intervenire sui grandi nodi infrastrutturali, ma le risorse dovranno essere messe a disposizione per investimenti e produttività, per la creazione di lavoro vero e non di lavoro assistito. Anche questo fa parte della verità della libertà, in questo caso della libertà economica. Da questo punto di vista ipotesi come il reddito di emergenza, la regolarizzazione in blocco degli immigrati irregolari, le massicce assunzioni nel pubblico impiego condotte senza reali motivi funzionali dovrebbero essere evitate.
Un sistema sanitario sussidiario
Da molte voci si chiede una riappropriazione del sistema sanitario da parte dello Stato centrale. La Dottrina sociale della Chiesa propone a questo riguardo il principio di sussidiarietà: «Una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre» (Centesimus annus, n. 48). Credo quindi che la sanità dovrebbe essere ripensata non con il criterio del ri-accentramento ma in chiave sussidiaria, fondandola sul principio di responsabilità sia delle amministrazioni locali sia dei corpi intermedi. L’accentramento in quanto tale, infatti, può deresponsabilizzare. Serve una sussidiarietà responsabile e coordinata, con la partecipazione anche del privato, delle fondazioni, delle istituzioni religiose aventi una vocazione sanitaria e delle comunità locali.
La libertà di educare
Gli aspetti ora visti sono espressione di vera libertà, la libertà organica e non individualistica indicata da sempre dalla Dottrina sociale della Chiesa. Dello stesso tipo è la libertà della scuola, fortemente penalizzata durante la pandemia. Ancora una volta si è seguito l’uso di astratte disposizioni dall’alto incapaci di tenere conto delle diversità sociali e territoriali e dei protagonismi da valorizzare nel Paese. Le scuole paritarie sono state messe in seria difficoltà e questo nuovo statalismo laicista ha suscitato una positiva voglia di scuola parentale veramente libera dallo Stato, che produrrà nel prossimo futuro i suoi frutti. In Italia ci vuole una vera libertà di educazione a tutti i livelli, condizione necessaria per la stessa ripresa economica e civile. Anche in questo caso l’accentramento va superato, mentre occorre dare spazio alle famiglie naturali e alle famiglie spirituali della società civile.
Demolire la macchina del Leviatano
Nel nostro Paese il centralismo statalista si concretizza in un sistema burocratico molto rigido. Durante la pandemia si è fatta notare la differenza tra i lavoratori del settore privato, in apprensione per il loro futuro, e i lavoratori del settore pubblico. Nella macchina pubblica, così garantita, ancora una volta si sono dovuti registrare errori e lentezze. Infermieri e medici hanno dato il massimo di sé, ma ciò è avvenuto nonostante i difetti del sistema, anzi a loro compensazione. Da decenni la riforma della burocrazia è all’ordine del giorno e mai risolta. Per farlo serve una nuova visione sussidiaria e incentrata sul bene comune. La realtà non è fatta di singoli cittadini, di anonimi uffici pubblici e dallo Stato, come Grande Individuo. Nella società organica di oggi ci sono soggetti dotati di un grande know-how che non trovano spazio per agire, sia in campo economico che educativo che produttivo. La riduzione della burocrazia richiede una grande riforma capace di ripensare il servizio pubblico, distinguendo tra loro i concetti di pubblico e di statale.
La vera libertà fiscale
La vera libertà per cui bisogna combattere in questa fase di ripresa è anche quella fiscale. Non solo una patrimoniale è da evitare, ma anche il mantenimento di una fiscalità di Stato esosa e oppressiva. Il sistema fiscale va commisurato alle imprese e alle famiglie, non agli individui. Il fisco deve ritrovare i suoi criteri di moralità: deve essere usato per il bene comune e deve essere proporzionato. Già la Rerum novarum auspicava: «la proprietà privata non venga oppressa da imposte eccessive» (n. 35). Durante la pandemia le tasse sono state solo rinviate, bisogna che vengano radicalmente diminuite in concomitanza con la ristrutturazione dell’apparato burocratico e i suoi costi. Per aiutare le famiglie e le imprese non bisogna dare sussidi a pioggia, bisogna abbassare le tasse, riscoprendo il significato fiscale e sociale del diritto naturale della proprietà privata.
Meglio un prestito nazionale
È stato ormai deciso che la ripresa avverrà con un forte aiuto finanziario dall’Europa. Non si tratta di un aiuto gratuito e a fondo perduto, né finanziariamente né politicamente. Dal punto di vista del bene della nazione e del principio di sussidiarietà sarebbe stato da preferire l’idea caldeggiata da diversi economisti di un prestito nazionale. Ciò non sarebbe stato in contrasto con la critica all’accentramento statalista vista sopra, perché avrebbe riguardato il reperimento delle risorse e non il loro utilizzo. Sussidiariamente parlando, la prima scelta da attuare è di fare da sé e da questo punto di vista l’Italia avrebbe potuto fare da sé, stante la cospicua entità del risparmio privato. Se consideriamo l’ordine naturale delle cose, la famiglia e la nazione vengono prima dello Stato e delle istituzioni sovra-statali. Bisognerà evitare che dietro ai finanziamenti per il dopo-coronavirus si faccia valere nuovamente un europeismo ideologico che schiacci la nazione condizionandone la vita e la libertà.
Nuovi poteri all’orizzonte
Un altro pericolo per la nostra vera libertà e al quale porre molta attenzione nel prossimo futuro è la possibile emergenza di nuovi poteri sovranazionali motivati dalla necessità di fronteggiare le emergenze. Il coronavirus è stato un esperimento mondiale. È possibile che, sulla scorta di questa esperienza, si producano in futuro nuove emergenze, magari di tipo ecologico e ambientalistico, per motivare una stretta delle libertà e per instaurare forme di pianificazione centralizzata e di controllo uniformato. Le forze che spingono per un nuovo globalismo fondato su un “nuovo umanesimo” e anche durante la pandemia ne abbiamo avuto prova.
La libertà o è vera o non è libera
Infine, sarà impossibile percorrere la strada della vera libertà senza la libertà di nascere una volta concepiti, di essere procreati e in modo umano, di nascere sotto il cuore di una mamma e di un papà, di non essere costretti a morire per volontà altrui facendoci credere di morire per volontà nostra, senza la libertà vera di poter educare i nostri figli. L’uscita dalla crisi della pandemia ci faccia riscoprire che «oggi il fattore decisivo è sempre l’uomo stesso» (Centesimus annus, n. 32) e non le strutture, e che «lontano da Dio l’uomo è inquieto e malato» (Caritas in veritate, n. 76).
Giampaolo Crepaldi
Fonte: Osservatorio cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa www.vanthuanobservatory.org.
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After the coronavirus: the road of true freedom
A few weeks ago, right in the midst of the coronavirus emergency, I had an opportunity, as both a bishop and a resolute advocate of the Social Doctrine of the Church, to convey some personal thoughts about the new social situation created by this pandemic. As I recalled on that occasion, this experience has to be assessed first of all from a spiritual viewpoint, as well as in the vision of a theology of human history marked by fall and redemption. In fact, in Rerum novarum Leo XIII wrote that “it is not possible to correctly understand current events and evaluate them unless the soul elevates itself to another life” (n°17). Thus does the Church come to the assistance of men and women in facing and dealing with today’s crisis: “The current crisis obliges us to re-plan our journey, to set ourselves new rules and to discover new forms of commitment. . .” (Caritas in veritate, n. 21). In light of this perspective, I would now like to develop my line of thought by more directly pondering a series of action guidelines which, together with the principles of reflection and judgment criteria, are part of the proposal of the Social Doctrine of the Church.
True freedom
The future awaiting us will have to be a phase of true freedom, always recalling that “freedom attains its full development only by accepting the truth” (Centesimus annus, n. 46). During this emergency and crisis situation we have lived through some legitimate restrictions, along with less legitimate ones. Scientific data were not always used according to truth, restrictions and sanctions were not applied with common sense at times, and new forms of political authoritarianism came to the surface. Our upcoming future will have to be a future of true freedom, not in order to pretend and claim absolute freedom, but rather to resume ownership of the freedom to be lived in the various natural realities of daily life; from the family to the factory floor, from our neighborhood to our schools. Before us we have a great opportunity to surmount an artificial liberty and construct a real and natural freedom, the expression of the true essence of both man and the authentic ends of the political community.
The return of statism
In order to endow true freedom with historical concreteness, it will be necessary pay close attention to avoid anything akin to a new form of statism. Yes, the State or central government has to do its job to guarantee conditions of safety and security in economic affairs at large, as well as monitor respect for and the application of both law and order and the judiciary system. It must be recalled, however, that a new statism could perhaps distribute resources as a sort of social assistance state, while it will be difficult for such a regime to be able to foster any sort of just economic and social recovery (cf. Centesimus annus, n. 48). The State will have to take action in the area of major public works like infrastructures, but resources will have to be made available for investments, productivity gains, and the creation of real employment, not subsidized employment. This as well is part and parcel of the truth of freedom, and in this case economic freedom. From this point of view, avoided should be hypothetical measures such as forms of emergency income, the blanket extension of residence permits to immigrants without papers, and the massive hiring of civil servants in the public administration without any real reason for doing so.
A subsidiary health care system
Many are those calling for a renewed centralization of the health care system in the hands of the national government. As far as this matter is concerned, the Social Doctrine of the State proposes the principle of subsidiarity: “A community of a higher order should not interfere in the internal life of a community of a lower order, depriving the latter of its functions, but rather should support it in case of need and help to coordinate its activity with the activities of the rest of society.” (Centesimus annus, n. 48). I therefore believe the health care system should be revisited not according to the criterion of centralized appropriation, but in terms of subsidiarity, basing that on the principle of the responsibility of both local administrations and intermediary bodies. In fact, centralization as such can well lead to losing any sense of responsibility. What is needed is responsible and coordinated subsidiarity with the participation of private stakeholders, foundations, religious institutions with a health care vocation, and local communities.
Freedom to educate
The aspects we have considered so far are expressions of true freedom, expressions of the organic freedom ever argued by the Social Doctrine of the Church, and not individualistic freedom. Much of the same nature is freedom regarding education and schools, a form of freedom so heavily penalized during the pandemic. Once again, central government authorities continued using abstract measures handed down from on high and unable to take into consideration the social, local and stakeholder diversities to be enhanced in the country. Private schools have been projected into the throes of serious difficulty, and this new laicist statism has triggered a positive propensity for home schooling really free from the State, and which will produce its fruits in the near future. Needed in Italy is true freedom of education at all levels as a necessary condition for economic and civic recovery as such. Centralization has to be overcome, while the natural and spiritual families of civil society have to be given the space they need.
Demolish the Leviathan machine
Statist centralism in our country assumes concrete form in a very rigid bureaucratic system. Noted during the pandemic has been the difference between workers in the private sector of the economy, quite concerned about their future, and workers employed by the public administration. Thus guaranteed in the public machine, there have been quite obvious errors and far less than hasty responsiveness. Nurses and physicians have given their utmost, and this despite the system’s defects and to compensate for them. The reform of the bureaucracy has been on the agenda for decades, but has never really been tackled. Needed in order to do so is a new subsidiary outlook concentrating on the common good. Reality is not made up of individual citizens, faceless public offices, and the State present as a sort of Big Brother. In today’s organic society there are persons and entities gifted with tremendous know-how, but with no real space for playing their role in the areas of the economy, education, and production. The streamlining of bureaucracy calls for a sweeping reform of public service as such, with a clear distinction between the concepts of public and state-controlled.
True fiscal freedom
The true freedom required in order engage in the battle during this recovery phase also includes fiscal freedom. Two are the things to be avoided: any form of property tax, and the ongoing existence of a rapacious and oppressive taxation system. The taxation system has to be proportionate to business concerns and families, not individuals. The Italian tax authorities must recover the criteria of morality: taxes must be used for the common good and be proportionate. As already augured so many years ago by Rerum novarum: “private property is not to be oppressed by excessive taxation” (n. 35). The payment of taxes has only been postponed during the pandemic. What is necessary is for taxes to be radically decreased in conjunction with the restructuring of the bureaucratic machine and its costs. The help families and businesses need is not a literal deluge of subsidies and grants, but a decrease of taxes, discovering anew the fiscal and social meaning of the natural right of private property.
Better would be a national loan
It has been decided by now that the recovery will take place with substantial financial assistance from Europe. This is not a grant in aid free from repayment obligations in either financial or political terms. From the viewpoint of the nation and the principle of solidarity, preferable would have been the idea of a national loan advocated by several economists. This would not have conflicted with the criterion of statist centralization mentioned above, because it would have had to do with the actual raising of the resources and not their actual use. Speaking in terms of subsidiarity, the first choice to be implemented is “do it yourself”, and Italy could have “done it itself” in light of the substantial amount of private savings. If we consider the natural order of things, the family and the nation come before the State and supra-state institutions. It will be necessary to make sure that concealed behind the funds made available for the post coronavirus phase there not be the possible affirmation of an ideological Europeanism that would literally crush the nation, conditioning both its life and its freedom; such a scenario has to be avoided at all costs.
New powers on the horizon
A further danger for our true freedom, and which deserves utmost attention in the near future, is the possible emergence of new supra-national powers motivated by the need to tackle and deal with emergencies. The coronavirus pandemic has been a worldwide emergency. In the wake thereof, it is possible that the future may hold new emergencies in store, such as ecological and environmental ones, used as grounds to motivate a clampdown on freedoms and inaugurate forms of centralized planning and standard controls. These are the forces pushing for a new globalism based on a “new humanism”, and we have had ample proof of their doings during the pandemic.
Freedom is either true or it isn’t free
Lastly, it will be impossible to travel the road of true freedom without the freedom to be born once conceived, to be conceived in a human manner and born under the heart of a mommy and a daddy, not to be forced to die because others so wish, making us believe we are dying of our own volition, and, lastly, to educate our children. May exit from the pandemic crisis help us realize anew that today, “the decisive factor is increasingly man himself (Centesimus annus, n. 32), not any structures we may have, and that “when he is far away from God, man is unsettled and ill at ease” (Caritas in veritate, n. 76).
Giampaolo Crepaldi
Source: www.vanthuanobservatory.org
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Después del coronavirus: el camino de la verdadera libertad
Hace unas semanas, en plena emergencia del coronavirus, tuve ocasión de hacer públicas algunas de mis reflexiones acerca de la nueva situación social creada por la epidemia, y que había escrito como obispo y, también, como defensor convencido de la Doctrina social de la Iglesia. Como recordaba en esa ocasión, es necesario valorar esta experiencia, ante todo, en clave espiritual y según la visión de una teología de la historia humana marcada por la caída y la redención. De hecho, León XIII escribía en la Rerum novarum que «no podemos, indudablemente, comprender y estimar en su valor las cosas caducas si no es fijando el alma sus ojos en la vida inmortal» (n. 16). Así, la Iglesia ayuda a los hombres a afrontar también la crisis actual: «La crisis nos obliga a revisar nuestro camino, a darnos nuevas reglas y a encontrar nuevas formas de compromiso» (Caritas in veritate, n. 21). Teniendo en cuenta esta perspectiva, me gustaría continuar esas observaciones preguntándome más directamente sobre algunas directrices de acción que, junto a los principios de reflexión y a los criterios de juicio, forman parte de la propuesta de la Doctrina social de la Iglesia.
La verdadera libertad
El futuro próximo deberá ser una fase de la verdadera libertad, recordando que «la libertad […] es valorizada en pleno solamente por la aceptación de la verdad» (Centesimus annus, n. 46). Durante la emergencia hemos vivido algunas limitaciones legítimas de la libertad junto a otras no tan legítimas. Los datos científicos no siempre han sido utilizados según la verdad, las restricciones y las sanciones a veces no se han aplicado con sentido común y han surgido nuevas formas de autoritarismo político. El próximo futuro deberá ser de libertad verdadera, no para reivindicar una libertad absoluta, sino para adueñarse de nuevo de la libertad que hay que vivir según las distintas realidades naturales, desde la familia a la empresa, desde el barrio a la escuela. Es una gran ocasión para superar una libertad artificial y construir una libertad real y natural, expresión de la verdadera esencia de la persona humana y de los fines auténticos de la comunidad política.
La vuelta del estatismo
Para dar concreción histórica a una verdadera libertad, será necesario prestar atención con el fin de evitar un nuevo estatismo. Ciertamente, el Estado deberá hacer lo que le corresponde para garantizar la seguridad en el sector de la economía y para vigilar sobre la justicia. Sin embargo, es necesario recordar que un nuevo estatismo podría tal vez distribuir recursos de tipo asistencial, pero difícilmente será capaz de promover una recuperación económica y social justa (cf. Centesimus annus, n. 48). El Estado deberá intervenir sobre los grandes nudos infraestructurales, pero los recursos deberán estar disponibles para inversiones y productividad, para la creación de trabajo verdadero y no de trabajo asistido. También esto forma parte de la verdad de la libertad, en este caso de la libertad económica. Desde este punto de vista deberían evitarse hipótesis como el ingreso mínimo vital, la regularización en bloque de los inmigrantes ilegales y los contratos masivos de empleo público llevados a cabo sin motivos funcionales reales.
Un sistema sanitario subsidiario
Muchas voces exigen que el Estado central vuelva a apropiarse del sistema sanitario. La Doctrina social de la Iglesia propone, a este respecto, el principio de subsidiaridad: «Una estructura social de orden superior no debe interferir en la vida interna de un grupo social de orden inferior, privándola de sus competencias, sino que más bien debe sostenerla en caso de necesidad y ayudarla a coordinar su acción con la de los demás componentes sociales» (Centesimus annus, n. 48). Creo, por tanto, que habría que replantear el sistema sanitario, no según el criterio de recentralización, sino en clave subsidiaria, basándose en el principio de responsabilidad tanto de las administraciones locales como de los cuerpos intermedios. De hecho, la centralización en cuanto tal puede eximir de responsabilidad. Es necesaria una subsidiaridad responsable y coordenada que cuente también con la participación de la sanidad privada, de las instituciones religiosas que tengan una vocación sanitaria y de las comunidades locales.
La libertad de educar
Los aspectos vistos ahora son expresiones de verdadera libertad, la libertad orgánica y no individualista indicada desde siempre por la Doctrina social de la Iglesia. La libertad de la escuela, fuertemente penalizada durante la pandemia, es del mismo tipo. De nuevo se han seguido utilizando, desde arriba, medidas abstractas que no tienen en cuenta las diversidades sociales y territoriales, como tampoco de los protagonistas que hay que valorizar en el país. Se ha puesto en gran dificultad a las escuelas concertadas y este nuevo estatismo laicista ha suscitado un deseo positivo de escuela parental verdaderamente libre del Estado, que producirá en el próximo futuro sus resultados. En Italia es necesaria una verdadera libertad de educación a todos los niveles, condición necesaria para la recuperación económica y civil. También en este caso hay que superar la centralización, a la par que es necesario dar espacio a las familias naturales y a las familias espirituales de la sociedad civil.
Demolir la maquinaria del Leviatán
En nuestro país, el centralismo estatista se concretiza en un sistema burocrático muy rígido. Durante la pandemia se ha podido observar la diferencia entre los trabajadores del sector privado, preocupados por su futuro, y los trabajadores del sector público. En la maquinaria pública, tan garantizada, de nuevo se han registrado errores y lentitud. El personal sanitario y los médicos han dado el máximo de sí mismos, pero esto ha ocurrido a pesar de los defectos del sistema; es más, a su compensación. Sigue pendiente desde hace decenios la reforma de la burocracia, que nunca ha sido resuelta. Para llevarla a cabo es necesaria una nueva visión subsidiaria centrada en el bien común. La realidad no está hecha de ciudadanos individualmente, de oficinas públicas anónimas y del Estado, como Gran Individuo. En la sociedad orgánica actual hay sujetos dotados de un gran conocimiento que no encuentran espacio para actuar, ya sea en campo económico como educativo o productivo. Reducir la burocracia exige una gran reforma capaz de replantear el servicio público, diferenciando los conceptos de público y estatal.
La verdadera libertad fiscal
La verdadera libertad por la que hay que combatir también en esta fase de recuperación es la fiscal. No sólo hay que evitar un impuesto patrimonial, sino también el mantenimiento de una fiscalidad estatal mezquina y opresiva. El sistema fiscal debe ser proporcional a las empresas y las familias, no a los individuos. Hacienda debe recuperar sus criterios de moralidad: se debe usar el bien común y debe ser proporcional. Ya la Rerum novarum auguraba que «la propiedad privada no se vea absorbida por la dureza de los tributos e impuestos» (n. 33). Durante la pandemia se ha aplazado el pago de los impuestos, pero es necesario que se reduzcan radicalmente en concomitancia con la reestructuración del aparato burocrático y sus costes. Para ayudar a las familias y las empresas no hay que dar una miríada de subsidios, sino que hay que bajar los impuestos, redescubriendo el significado fiscal y social del derecho natural de la propiedad privada.
Mejor un préstamo nacional
Ya se ha tomado la decisión de que la recuperación tendrá lugar con una gran ayuda económica de Europa. No se trata de una ayuda gratuita y a fondo perdido, ni financiera ni políticamente. Desde el punto de vista del bien de la nación y del principio de subsidiaridad habría sido preferibile la idea avanzada por algunos economistas de un préstamo nacional. Ello no estaría en oposición con la crítica a la centralización estatista mencionada antes, porque hubiera estado relacionado con el hallazgo de los recursos y no su utilización. Hablando desde un punto de vista subsidiario, la primera decisión que hay que poner en marcha es hacerlo solos y, desde este punto de vista, Italia habría podido hacerlo sola dada la notable entidad del ahorro privado. Si consideramos el orden natural de las cosas, la familia y la nación vienen antes del Estado y de las instituciones supraestatales. Es necesario evitar que las financiaciones para el después del coronavirus conlleven la imposición, nuevamente, de un europeismo ideológico que aplaste la nación condicionando su vida y su libertad.
Nuevos poderes en el horizonte
Otro peligro para nuestra verdadera libertad, al que hay que prestar mucha atención en el próximo futuro, es la posible emergencia de nuevos poderes supranacionales motivados por la necesidad de hacer frente a las emergencias. El coronavirus ha sido un experimento mundial. Es posible que, sobre la base de esta experiencia, se produzcan en el futuro nuevas emergencias, tal vez de tipo ecológico y ambientalista, para motivar la restricción de las libertades y para instaurar formas de planificación centralizada y de control uniformado. Ya hemos tenido demostración durante la pandemia de las fuerzas que empujan hacia un nuevo globalismo basado en un “nuevo humanismo”.
La libertad, o es verdadera, o no es libre
Por último, será imposible recorrer el camino de la verdadera libertad sin la libertad de nacer una vez concebidos, de ser procreados y de modo humano, de nacer bajo el corazón de una madre y un padre, de no estar obligados a morir por voluntad de otros que nos hacen creer que morimos por voluntad nuestra, y sin la libertad verdadera de poder educar a nuestros hijos. Que la salida de la crisis de la pandemia nos haga descubrir que «hoy día el factor decisivo es cada vez más el hombre mismo» (Centesimus annus, n. 32) y no las estructuras, y que «lejos de Dios, el hombre está inquieto y se hace frágil» (Caritas in veritate, n. 76).
Giampaolo Crepaldi
Fuente: www.vanthuanobservatory.org