Cina due anni dopo. La realtà dei fatti
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Il prossimo 21 settembre scade l’Accordo provvisorio che il Vaticano e la Repubblica popolare cinese hanno firmato due anni fa. L’Accordo, lo ricordiamo, tratta delle nuove nomine dei vescovi cinesi, tema che dovrebbe essere di pertinenza della sola Chiesa cattolica, senza ingerenze da parte dello Stato. Tuttavia, la libertà religiosa alla cinese è molto diversa dalla libertas Ecclesiae così com’è concepita in Occidente e il Partito comunista non esita a pretendere di avere il controllo totale sulla vita della Chiesa.
A due anni dalla firma dell’accordo, qual è la situazione reale in Cina?
Risposte preziose arrivano attraverso l’agenzia di stampa AsiaNews, che ne fornisce una sintesi.
Partiamo dalla testimonianza di Maria, che vive nella Cina del Nord. Dice: “Qualche anno fa, quando sono state rimosse le croci nello Zhejiang, avevo già percepito che si stava avvicinando una crisi e che prima o poi questo pezzo di terra sarebbe stato travolto. A partire dal 2018, le parrocchie della provincia dell’Henan hanno cominciato a vivere nell’ansia. Con le buone o con le cattive, l’obiettivo dei governanti è quello di renderci obbedienti alle loro parole… I muri esterni della parrocchia sono tappezzati dalle numerose norme riguardanti la cultura cinese e l’amministrazione della Chiesa; la bandiera sventola sul campanile, accanto alla croce, come se volesse sostituirsi alla luce della croce”.
Riaperte dopo la pandemia, le chiese sono visitate continuamente da rappresentanti governativi che pongono molte limitazioni. I minori, ricorda Maria, non possono entrare in parrocchia e le autorità, con la scusa delle misure anti-Covid, tengono le chiese sotto la costante minaccia di chiusura.
Padre Francesco (Cina del nord-est) fa notare che il divieto, introdotto per i minori di diciotto anni, di partecipare alla messa e al catechismo è contrario alla stessa costituzione cinese, eppure è costantemente applicato. “La campagna di soffocamento – dice – porta le autorità a bloccare e chiudere perfino gli edifici sacri che hanno già ricevuto il permesso di costruzione”. Dopo la firma dell’Accordo del 2018, controlli e repressione hanno raggiunto i massimi livelli: “Le autorità radunano spesso i sacerdoti per corsi di formazione, spingono i sacerdoti sotterranei a iscriversi all’Associazione patriottica, li arrestano portandoli in luoghi segreti per cambiare la loro mentalità… Prima dell’Accordo alcune parrocchie potevano ancora celebrare la messa nelle case dei fedeli; con l’Accordo, invece, i luoghi di preghiera temporanei sono stati chiusi; i fedeli che ospitano le messe vengono minacciati, arrestati e multati, e li si costringe a firmare un documento in cui promettono che non ospiteranno più i sacerdoti. Con l’Accordo, i vescovi della diocesi sotterranee vengono comunque arrestati illegalmente”
“Il parroco – aggiunge Teresa, fedele laica (Cina del sud-est) – viene spesso convocato dal personale del governo. Durante le messe quotidiane o domenicali c’è sempre del personale governativo in borghese, per non dare nell’occhio”.
“Le restrizioni – fa notare padre Giovanni (Cina del nord-est) – non riguardano soltanto la Chiesa cattolica, ma tutte le religioni. Ad esempio, nella nostra diocesi ci sono quaranta moschee nelle quali sono state rimosse la mezzaluna e la cupola. Tutte le croci delle chiese protestanti di una contea sono state rimosse, così come la croce di una chiesa cattolica appena costruita. Secondo le autorità amministrative, non si tratta di rimozione, bensì di un cambio di collocazione, per mettere le croci sulla parete frontale della chiesa”.
“Chiedo al Santo Padre di non rinnovare l’Accordo con la Cina”, dice Benedetto, laico (Cina del Nord). “Negli anni passati abbiamo avuto una nostra sede relativamente stabile; le messe domenicali, le messe solenni e tutte le attività di preghiera procedevano in modo piuttosto regolare. Tutto questo è terminato con la firma dell’Accordo provvisorio sino-vaticano del 22 settembre 2018… Ora non abbiamo più un luogo per le attività di preghiera, né per la messa né per altri sacramenti, senza parlare delle messe domenicali e solenni. Solo di rado riusciamo a vedere il sacerdote, che viene a celebrare la messa ogni due settimane. Durante il periodo di pandemia, i controlli del governo sono diventati ancora più fitti, così riusciamo ad avere una messa ogni due o tre mesi. Roma conosce davvero le nostre sofferenze, i nostri sforzi, le nostre grida e lacrime? Tutto questo Roma lo vede? Lo sente?”.
Secondo padre Giovanni “il papa ha forse sottovalutato la brama di potere di alcuni, la loro volontà di avere il controllo totale della Chiesa”. L’Accordo “ha dato un’identità quasi legittima nel perseguire questo obiettivo. Se non ci fosse stato il papa che ha giustificato inconsciamente questa identità, essi avrebbero comunque continuato a farlo senza nessuna riserva, con l’unica differenza che sarebbe mancato loro un paravento”.
Con le registrazioni minuziose dei fedeli cattolici, una sorta di schedatura, “il Partito e il governo si sono accorti che il numero delle persone che credono nel cattolicesimo e nel cristianesimo protestante ha di gran lunga superato il numero dei membri del Partito. Questo fatto ha suscitato grandi preoccupazioni, come Erode che temeva Gesù bambino nato a Betlemme”.
Le ingiustizie sono moltissime. “I membri del Partito sono tenuti a firmare un documento in cui promettono che non professeranno alcuna religione; i credenti che hanno ricevuto il battesimo nell’infanzia e sono stati poi iscritti al Partito devono impegnarsi a non professare più il cattolicesimo, né a partecipare alle attività religiose”.
“Agli impiegati degli organi statali e delle istituzioni pubbliche, che non sono membri del Partito, è richiesto di firmare un documento in cui promettono che non professeranno nessuna religione. Molti fedeli che lavorano negli organi statali e nelle istituzioni pubbliche, per paura di perdere il posto di lavoro, tradiscono la propria religione e abbandonano la propria fede”.
Ai membri della Lega giovanile comunista cinese è richiesto di abbandonare la propria fede o di uscire dalla Lega. Ai cittadini credenti non è permesso arruolarsi nell’esercito e la Chiesa non può organizzare nessuna attività educativa.
Molte chiese sono state demolite e i segni religiosi – come croci e icone – vengono rimossi. Per poter controllare meglio le attività religiose, il governo fa installare nelle chiese telecamere, collegandole con la rete del sistema di pubblica sicurezza.
E le chiese, anche se registrate, vengono spesso chiuse con il pretesto che il “numero dei fedeli è troppo esiguo”.
Si tratta di testimonianze eloquenti. Papa Francesco dice spesso che il popolo va ascoltato. Ebbene, se c’è un popolo cattolico che oggi va ascoltato è quello cinese.
Aldo Maria Valli
Fonte: AsiaNews
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