L’aborto fai da te del ministro Speranza. Più aborti e meno spese sanitarie
È una calda estate questa estate 2020, un’estate appesantita dalla mascherina che scalda l’alito e accorcia il fiato. Un’estate incupita dalla crisi economica, dall’incertezza per il domani, un domani che riguarda tutti, i genitori e i figli, gli anziani e i giovani. Eppure in questo clima assolato, incerto e gravido di timori per il futuro delle aziende e delle famiglie, un ministro della Repubblica trova il modo per occuparsi di morte invece che di vita, annunciando “le nuove linee guida, basate sull’evidenza scientifica, (che) prevedono l’interruzione volontaria della gravidanza con metodo farmacologico in day hospital e fino alla nona settimana. È un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà”.
Il tono perentorio e declamatorio usato con un tweet ha il sapore dei grandi annunci, delle grandi vittorie ideologiche. Sicuramente la sinistra italiana e le sue dependance non avevano digerito la vittoria leghista in Umbria e il successivo atto del presidente Donatella Tesei, che ha vietato l’uso della RU486 in day hospital, obbligando al ricovero per tre giorni.
Il limite per l’accesso all’aborto chimico è ampliato nel tempo, passa da sette a nove settimane. Alla nona settimana il feto è quasi completamente formato e persino gli occhi hanno una loro pigmentazione. Scientificamente a quell’età si passa dalla definizione di embrione a quella di feto, il nascituro mostra, anche sul piano estetico, tutte le caratteristiche proprie della specie: un piccolo uomo di 2,5 centimetri è custodito nel grembo di sua madre. Un grembo che, grazie alle menti brillanti dei giallorossi, diventa più facilmente tomba della vita umana.
Il contesto culturale è quello del diritto sacro, inviolabile, dogmatico della donna di disporre del suo corpo, come se dal momento del concepimento non vi fosse già qualcun altro. Facilitare la “liberazione” del grembo materno dal bambino, fa guadagnare tempo e denaro, meno ricoveri, risparmio sanitario, privatizzazione dell’aborto. Peccato però che l’assunzione della pillola non sia una semplificazione, nell’aborto non c’è nulla di semplice, sicuro e indolore come sostiene il ministro: “L’aborto farmacologico è sicuro. Va fatto in day hospital, nelle strutture pubbliche e private convenzionate, e le donne possono tornare a casa mezz’ora dopo avere assunto il medicinale”; insomma, una pillola, un po’ d’acqua, e via!
Il ginecologo e presidente dei medici cattolici italiani Filippo Boscia spiega bene gli effetti della RU486: “Il mifepristone si inserisce nel fine equilibrio ormonale della fisiologia femminile scombinandolo perché soprattutto nelle più giovani non sappiamo quanto sia sproporzionata la potenza del farmaco rispetto ai recettori presenti”. Il mifrepristone è un antiprogestinico, quindi inibisce l’azione del progesterone, l’ormone che garantisce la gravidanza agendo sulle strutture uterine, blocca l’azione progestinica sui recettori inibendo lo sviluppo embrionale e causando il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina, con un processo simile a ciò che accade durante le mestruazioni. Ma non finisce qui. Per completare l’azione della RU486 è necessaria l’assunzione di un altro farmaco a base di prostaglandine, che favorisce le contrazioni e l’eliminazione della mucosa e dell’embrione in poche ore. Le contrazioni possono essere più dolorose di quelle del parto e l’emorragia può durare anche settimane. Peraltro “nel 56% dei casi è visibile alla donna l’espulsione del sacco amniotico con l’embrione, in base a uno studio del British Medical Journal”. A questo è legato il fatto che il 43% delle donne che hanno sperimentato un aborto farmacologico chiedano, nel caso di dover nuovamente abortire, una procedura chirurgica. Il dottor Giuseppe Noia afferma: “Stiamo tornando alla banalizzazione di un fatto grave consumato in una solitudine che sa di nuova clandestinità”.
La RU486, sarebbe una “conquista civile” avvenuta mentre il sole d’agosto distrae ancora di più gli italiani. L’aborto fai da te del ministro Speranza facilita la pratica abortiva, la deospedalizza, la privatizza e fa pure risparmiare. Il Consiglio superiore di sanità avrebbe fatto notare, malthusianamente, che grazie alla RU486 si risparmierebbero soldi per le sale operatorie e le anestesie, insomma meno bambini e più risorse finanziarie. Questo fa pensare che l’aborto chimico non sia così sicuro come si dice ma, sicuramente è molto economico. Intanto continua la marcia trionfale della denatalità (indice 1,2 bambini per coppia) e si rafforza la galoppante diminuzione della popolazione, con riverberi economici e sociali catastrofici, perché non è vero che meno siamo meglio stiamo.
L’ottimismo del ministro, via tweet, coincide con vite cancellate per sempre, senza però che sia cancellata la condizione in cui rimane la donna: un figlio perso e un grembo martoriato. Il sollievo, se così si ha il coraggio di definirlo, di aver eliminato il proprio figlio dura ben poco, forse non c’è mai. Sotto il sole cocente di agosto è stato semplificato “l’aborto, una morte doppia, di una mamma e di un bambino”, una morte fai da te, vissuta individualmente, in solitudine.
Il prossimo passo? L’aggressione nei confronti degli obiettori di coscienza. Sarà certamente un’altra conquista sociale, ma non è detto! Dopo l’estate arriva l’autunno, che Kierkegaard amava perché “in autunno si guarda il cielo”, e il Cielo porta consiglio se gli uomini si faranno consigliare.
Martina Eunoia
Fonte: Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa