Da Aurelio Porfiri un consiglio di lettura che propone un “manuale di consolazione” per reagire al declino e far nascere la fiducia dalla disperazione.
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Ci sono momenti in cui ci troviamo a fare i conti con i nostri fallimenti. A volte questi bilanci sono fonte di grande tensione e ansia, proprio perché ci troviamo in difficoltà nel riconoscere che quello che abbiamo è meno di quello che avremmo voluto avere. Umanamente è comprensibile, ma dal punto di vista cristiano è inappropriato.
C’è un libro uscito da poco che si intitola Dispera bene. Manuale di consolazione e resistenza al declino. Lo ha scritto Marcello Veneziani, filosofo e scrittore importante per la mia formazione intellettuale. Ebbene, in questo libro Veneziani scrive: “Non chiederti del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto; quel che conta non è il livello, ma il contenuto versato”.
Non conta aver scritto cento libri se si è riusciti a scrivere magari un solo libro nel quale abbiamo condensato tutto quello che volevamo e potevamo dire. Un messaggio sul quale bisognerebbe riflettere anche in senso cristiano. In Luca 21 leggiamo: “Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli e disse: ‘In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere’.” Ognuno si realizza in quello che può.
Veneziani, all’inizio del libro, sfugge alla tentazione di un approccio irrealistico: “I limiti della nostra condizione sono noti in partenza: morire, invecchiare, ammalarsi, perdere, in ogni senso. Li chiamano ‘imprevisti’ ma, al contrario, sono previsti da sempre”. Certamente, noi sempre sappiamo che dobbiamo fare i conti con certe cose, incluse la malattia e la morte. È inutile cercare di sfuggire questa idea, anche perché poi l’idea stessa ci troverà comunque, a volte impreparati; quindi è vero che non dovremmo chiamarli imprevisti, perché sono veramente previsti fin dall’inizio. La risposta al disagio della vita per molti di noi viene dalla fede, ma Marcello Veneziani non nasconde alcuni rilievi critici sulla situazione attuale: “Già, la religione, ti chiedi, come affronta la disperazione? Invocando un ‘nuovo umanesimo’ incentrato sui migranti e sull’ambiente. Una religione ridotta a soccorso umanitario ed ecologico mette tra parentesi Dio e i credenti per occuparsi dell’uomo in generale e dei migranti in modo speciale. Il nuovo umanesimo di Bergoglio evoca ‘la religione dell’umanità’ di Auguste Comte, il filosofo positivista che abbinò il culto dell’umanità – sorto sulle spoglie della religione tradizionale e sulla scomparsa di Dio – al culto della Terra, che venerava come il Gran Feticcio. Su queste basi umanitarie fondò la Chiesa positivista, di cui vi è ancora traccia in Brasile. Il nuovo umanesimo di Bergoglio ricorda pure il Nuovo Cristianesimo di Saint-Simon, anch’egli positivista e fondatore del socialismo, che prospettò nel 1825 un Cristianesimo senza Dio, risolto nell’amore del prossimo”.
Una visione critica, certamente, con la quale comunque ci fa bene confrontarci. Un libro utile per una riflessione schietta e intensa.
Ritornando alla questione iniziale, quella dei bilanci, possiamo certamente riflettere sulla soluzione proposta da Veneziani circa il bicchiere. Cerchiamo di mettere, in tutto ciò che facciamo, grande intensità e il massimo della competenza. Poi l’ultimo giudizio spetterà a Dio, che tutto sa e tutto vede.
Aurelio Porfiri
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