Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli
Oggi la riflessione proposta da Aurelio Porfiri prende spunto da una pagina dell’Imitazione di Cristo: la saggezza cristiana come guida sicura nella sfera emozionale.
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La fede cristiana è una fede esigente. Non si osserva facilmente. Richiede una grande applicazione, sacrifici, la capacità di superare sé stessi. Non è una fede all’acqua di rose.
Una delle cose meno facili da gestire è l’universo emozionale, il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, le nostre affezioni disordinate. Io non sono meglio degli altri, anzi nella gestione del mio mondo emozionale probabilmente potrei prendere lezione da tutti voi. Ma, proprio perché mi rendo conto di questa mia grande mancanza e delle sofferenze che derivano dai miei attaccamenti disordinati alle persone, penso di poter capire il lavoro che c’è da fare e come un grande aiuto arrivi dalla spiritualità del cattolicesimo, una tradizione stupenda che dovremmo sempre più riscoprire e meditare per favorire l’avanzamento della nostra vita interiore.
Abbiamo già parlato del libro L’imitazione di Cristo, trattato medioevale che ha formato generazioni di cristiani. Vi troviamo quanto segue: “Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli, evitando ogni curiosità riguardo agli uomini. Mentre si deve avere amore per tutti, la familiarità non è affatto necessaria. Capita talvolta che una persona che non conosciamo brilli per fama eccellente; e che poi, quando essa ci sta dinanzi, ci dia noia solo al vederla. D’altra parte, talvolta speriamo di piacere a qualcuno, stando con lui, e invece cominciamo allora a non piacergli, perché egli vede in noi alcunché di riprovevole”.
Non dobbiamo avere illusioni sugli altri come non dovremmo averle su noi stessi. Come credo di aver già detto in precedenza, la patente del cristiano è quella di riconoscere di essere un peccatore, quindi un essere emozionalmente fragile, uno che è sempre pronto a cadere. Ciò non significa non avere sogni, aspirazioni, speranze. Significa che dobbiamo aver sempre presenti, in sottofondo, la nostra indegnità e debolezza.
Il passo dell’Imitazione di Cristo citato poc’anzi non è un invito a non amare gli altri, è soltanto un invito a mettere tutto e tutti nella giusta prospettiva. Pensate quanto sarebbe importante riflettere su questo nella vita di coppia, quando la gran parte dei problemi deriva proprio dal fatto che ci si costruisce un’immagine dell’altra persona piuttosto che guardare alla sua realtà. Nei primi tempi vogliamo vedere qualcosa perché siamo spinti dall’attrazione, poi, quando il tempo fa il suo corso, ci accorgiamo della realtà. Ma tutto ciò è inevitabile, perché nessuno è perfetto, non esiste il marito perfetto o la moglie perfetta. A volte le imperfezioni sono gestibili e si riesce a convivere più o meno felicemente. Ma a volte i problemi sono talmente grandi, le differenze talmente profonde, che la convivenza diviene praticamente impossibile. Il problema è che a molti matrimoni, semplicemente, non si dovrebbe arrivare, e invece ci si arriva per immaturità emozionale.
A volte la gente si sposa perché “ci si deve sposare in chiesa”. Ma non si deve svilire il sacramento riducendolo a usanza culturale, perché poi i frutti diventano amari sia per i due sposi sia per gli eventuali figli. Quanti matrimoni falliscono perché le persone non sono preparate a quel tipo di vita! Questo mio realismo, che può disturbare qualcuno, nasce dal fatto che ho un’alta opinione del sacramento del matrimonio e mi fa soffrire vedere come esso spesso sia frainteso. Qui non è questione di cultura o di istruzione. Ci sono tante coppie formate da persone semplici e senza un alto livello culturale che hanno saputo però trovare il modo di vivere insieme superando le difficoltà che a tutti si presentano, probabilmente senza farsi grandi illusioni sull’altra persona e accettandola per quello che è e cercando comunque di amarla. Non è facile, perché tendiamo a vedere le persone per come noi vorremmo che fossero, non per come sono veramente.
“Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli, evitando ogni curiosità riguardo agli uomini”. Noi siamo nel mondo e abbiamo bisogno di sviluppare rapporti affettivi ed emotivi con le altre persone, però dovremmo evitare, pena una delusione perpetua, di cambiare l’ordine delle affezioni, dando all’uomo il posto che spetta a Dio. Se cambiamo l’ordine, ci condanniamo all’angoscia, alla delusione e alla depressione in eterno.
Aurelio Porfiri
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