Provocatorio l’intervento di oggi di Aurelio Porfiri. Com’è possibile far dono di una rinuncia, di una disciplina, se non si prova la relativa tentazione?
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Fra i tanti atteggiamenti verso i quali provo fastidio ci sono il moralismo e il falso pudore per alcune manifestazioni umane belle e naturali, che vanno certamente controllate e disciplinate, ma non demonizzate.
Moralismo e falso pudore li vediamo a volte all’opera anche nella Chiesa. Tipica è la benevolenza, da parte di certo clero, verso ragazzi e uomini che non sono sposati o fidanzati e che non hanno relazioni con l’altro sesso, come se questo fosse un comportamento buono in sé stesso.
Giovanni Paolo II disse che la castità è un dono che va fatto al Signore. Ovvero, l’attrazione verso l’altro sesso, per poterla donare, va vissuta. L’uomo che non la prova non può farne dono, perché non ce l’ha.
Nella mia lunga frequentazione di ambienti ecclesiastici ho incontrato tanti giovani, presentati come esempi di vocazione cristiana perché non provavano attrazione verso l’altro sesso. Preoccupante. Era evidente che sotto la devozione, vera o finta, nascondevano qualcosa di irrisolto.
Gilbert Keith Chesterton scrisse: “Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti”. Una provocazione, ma anche una profonda verità. Per poter vincere la tentazione, essa va provata. Se non è presente, c’è qualcosa che non funziona.
La moderazione nel mangiare è una virtù, ma solo se chi la pratica prova l’attitudine contraria, la smoderatezza. Se uno è inappetente, non c’è virtù. E se qualcuno mi dice che non prova piacere nel mangiare, perché nessun cibo gli dà piacere, come non pensare che in quella persona ci siano seri problemi? Così per il bere, e così per il sesso.
Ho in sospetto tutti coloro che fanno mostra di virtù disprezzando la bellezza dell’altro sesso o il buon cibo. Apprezzo molto di più quelli che magari cadono ma cercano sempre di rialzarsi, e non nascondono la propria fatica.
Uno dei libri più importanti della Bibbia è il Cantico dei Cantici, esaltazione del corpo e dell’amore umano. Mi sento personalmente estremamente lontano da un certo cattolicesimo tutto spirito e niente carne, nel quale i piaceri della vita sono diluiti in modo malsano.
Noi cattolici non possiamo che esaltare tutto ciò che fa parte dell’ordine naturale. I grandi artisti, quando dovevano dipingere figure sacre, sceglievano a modello la bellezza, maschile e femminile. La bellezza, in una donna o in un uomo, è un dono di Dio. Non solo non va disprezzata, ma va riconosciuta come dono speciale ed è normale sentirsene attratti. Se un uomo entra in una stanza e fra le altre persone c’è una bella donna, la cosa più naturale e che lui se ne senta attratto. Poi, il modo in cui agirà nei confronti di quella donna dipenderà dalla sua formazione morale. Ma se dicesse che quella bella donna non lo attira per niente, ci sarebbe un problema: non per la donna, ma sicuramente per l’uomo.
Aurelio Porfiri
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Cari amici di Duc in altum, vi ricordo i miei ultimi libri
Aldo Maria Valli, Ai tempi di Gesù non c’era il registratore. Uomini giusti ai posti giusti (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli, Non avrai altro Dio. Riflettendo sulla dichiarazione di Abu Dhabi, con contributi di Nicola Bux e Alfredo Maria Morselli (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli, Gli strani casi. Storie sorprendenti e inaspettate di fede vissuta (Fede & Cultura, 2020)
Aldo Maria Valli, Le due Chiese. Il sinodo sull’Amazzonia e i cattolici in conflitto (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli (a cura di), Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sulla nuova traduzione del “Padre nostro”, con contributi di Nicola Bux, Silvio Brachetta, Giulio Meiattini, Alberto Strumia (Chorabooks, 2020)
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