Così Erdoğan batte un altro colpo: anche San Salvatore in Chora diventa moschea
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Dopo Santa Sofia, il presidente turco Erdoğan ha deciso di trasformare in moschea anche lo splendido museo Kariye Cami, già monastero di Cristo Salvatore a Chora. La decisione è stata pubblicata il 21 agosto sulla Gazzetta ufficiale della Turchia.
Il decreto presidenziale si basa sulla decisione presa dal Consiglio di Stato nel novembre 2019, secondo cui l’uso dell’edificio come museo era “contrario alla legge”.
Nel maggio scorso, com’è noto, lo stesso Consiglio aveva dato il nulla osta a Erdoğan per trasformare in moschea Santa Sofia.
Il museo Kariye Cami si trova nel quartiere di Fatih, il più popoloso di Istanbul. Con questa decisione, il museo passa alle competenze della potentissima Direzione degli affari religiosi, che provvederà ai lavori per la sua trasformazione in moschea.
Il monastero fu costruito nel 534, durante il periodo bizantino. Le mura interne, i pilastri e le cupole sono interamente coperte da mosaici e affreschi risalenti all’undicesimo secolo.
In modo simile a quanto avvenuto per Santa Sofia, dopo la conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453, il monastero fu trasformato in moschea nel 1511. Nel 1945 però il Consiglio dei ministri della Repubblica di Turchia convertì la moschea in un museo.
Il monastero di Chora costituisce uno dei più rari esempi dell’arte bizantina in fatto di mosaici e affreschi, un punto di riferimento per il patrimonio culturale mondiale.
Parte dei suoi splendidi affreschi e mosaici – che al momento della trasformazione in moschea nel sedicesimo secolo furono coperti da intonaco – vennero riportati alla luce nel 1958, dopo un lavoro di recupero condotto da archeologi americani con il contributo di studiosi turchi.
La decisione di Erdoğan rientra nella politica del presidente turco, deciso a utilizzare sempre di più la religione a fini di potere.
Una strategia, commenta AsiaNews, che “trova purtroppo larga tolleranza da parte dei politici dei cosiddetti Paesi civili occidentali, dediti a curare più i loro interessi economici e finanziari che la dignità della persona umana”.
Da segnalare il continuo rafforzamento, voluto da Erdoğan, della Direzione degli affari religiosi, struttura di controllo dell’Islam turco, specie attraverso la formazione e la nomina degli imam nonché di tutto quanto si svolge nelle moschee. Con un budget di tre miliardi di euro e centomila dipendenti, la Direzione è presente ovunque, anche nelle scuole religiose, e gestisce, sia pure non in modo diretto, centinaia di moschee in Europa, soprattutto in Germania.
Di recente Al-Arabiyya per definire il progetto di Erdoğan ha parlato di nazionalismo turco di matrice islamica con l’obiettivo di porsi a guida di un movimento politico-religioso pan-islamico antitetico all’Occidente.
A.M.V.
Nella foto: Anastasis (Risurrezione), San Salvatore in Chora, cappella Parekklesion
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